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Che cosa succederà ai prodotti italiani con il Nutriscore?

Nutriscore, il sistema di etichettatura che dà il voto ai prodotti alimentari confezionati, sarebbe dovuto entrare in vigore il 31 dicembre ma i tempi si stanno allungando e l’Italia tira (per ora) un sospiro di sollievo. Fatti, pareri e alternative

Per i suoi sostenitori è un sistema scientifico basato su un algoritmo in grado di generare verità e benessere, per i più critici è un sistema diabolico che penalizza alcuni dei prodotti simbolo dell’Italia come il parmigiano, il prosciutto crudo o l’olio d’oliva.

È il Nutriscore, l’etichetta nata in Francia nel 2017 per distinguere i cibi ‘buoni’ da quelli ‘cattivi’ e che ora sta tornando alla ribalta perché il 31 dicembre di quest’anno la Commissione europea avrebbe dovuto presentare la proposta di regolamento, slittata invece al secondo trimestre del 2023 facendo guadagnare all’Italia i tempi supplementari.

Il Nutriscore, sviluppato da un gruppo di ricercatori universitari francesi denominato EREN (Equipe de Recherche en Epidémiologie Nutritionnelle) e guidato dal nutrizionista Serge Hercberg, è un sistema di etichettatura alimentare che dovrebbe aiutare il consumatore a scegliere consapevolmente i prodotti che sta acquistando, in quanto i valori nutrizionali sono già presenti sulle confezioni ma non sono di facile lettura.

IL SISTEMA A SEMAFORO

Per indirizzare il consumatore su una scelta piuttosto che un’altra, il Nutriscore prevede una scala di 5 colori che vanno dal verde, metafora del cibo ‘buono’, al rosso, che invece segnala un cibo ‘cattivo’ passando per il verde più chiaro, il giallo e l’arancione. A ogni colore è anche abbinata una lettera. Al verde ovviamente la A, per arrivare fino alla E del rosso.

Il team EREN si è ispirato al sistema ‘traffic lights’ (semaforo, appunto) della Food Standards Agency del Regno Unito.

COME FUNZIONA IL NUTRISCORE

Come si legge sul sito della sanità pubblica francese, a ogni prodotto il logo viene assegnato sulla base di un punteggio che tiene conto, per 100g o 100ml, del contenuto di nutrienti e alimenti da privilegiare (fibre, proteine, frutta, verdura, legumi, frutta a guscio, olio di colza, noci e d’oliva), e di quelli da limitare (valori energetici, acidi grassi saturi, zuccheri, sale).

Il punteggio si ottiene attraverso un algoritmo che stabilisce il colore e la lettera da attribuire.

QUALI PAESI HANNO ADOTTATO IL NUTRISCORE

Dopo aver fatto da apripista, la Francia è stata seguita nell’adozione del Nutriscore da Belgio, Germania, Olanda, Lussemburgo, Svizzera e Spagna.

CHI SI OPPONE

Contrari al sistema francese sono invece Italia, Repubblica Ceca, Svezia, Grecia, Cipro, Ungheria, Lettonia e Romania.

PERCHÉ L’ITALIA È CONTRARIA

L’Italia si è fin da subito opposta al Nutriscore perché, come ha dichiarato Coldiretti, “è un sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali, eccellenze della dieta mediterranea come l’olio extravergine d’oliva o il Parmigiano Reggiano”.

Per alcuni esperti, infatti, il Nutriscore non è troppo attendibile perché, per esempio, in certe bibite gli zuccheri sono sostituiti da dolcificanti artificiali ma con questo sistema risulterebbero meno nocivi (lettera B) dell’olio extravergine d’oliva (lettera C), che ha un contenuto di grassi più alto. Vero è che non ha molto senso paragonare prodotti di categorie diverse. Infatti, l’olio extravergine d’oliva se confrontato con altri condimenti (burro e altri oli vegetali ricchi di grassi saturi come l’olio di palma) è il migliore.

L’etichetta a semaforo inoltre penalizzerebbe moltissimi prodotti italiani con notevoli ricadute sull’industria e l’economia del nostro Paese. Oltre infatti a influenzare il consumatore italiano, il prodotto etichettato verrebbe anche esportato mettendoci in cattiva luce pure all’estero, dove magari si conoscono meno approfonditamente caratteristiche nutrizionali a noi note, come nel caso del parmigiano.

“Il Nutri-score così com’è non poteva passare, perché non si può bocciare un alimento solo in base al contenuto di sale o grassi. Piuttosto bisogna educare il consumatore fornendo informazioni nutrizionali che lo aiutano ad usare ciascun cibo in modo equilibrato. Di per sé nessun alimento fa male, ma diventa nocivo quando se ne abusa”, è stato il commento di Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare.

EDUCARE IL CONSUMATORE

Come spiegava qualche giorno fa su Start la nutrizionista Mirella Magrelli intervistata da Ruggero Po, prima di preoccuparci di come etichettare un prodotto è fondamentale educare il consumatore senza terrorizzarlo o facendo passare un messaggio confuso.

E la questione non può essere rimandata perché l’Italia è quarta in Europa per sovrappeso e obesità infantile e se si considera solo l’obesità, il nostro Paese è addirittura al secondo posto, stando ai dati del rapporto Childhood Obesity Surveillance Initiative (Cosi) dell’Ufficio Europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

L’ALTERNATIVA PROPOSTA DALL’ITALIA

L’Italia, in alternativa, al Nutriscore ha proposto il NutrInform Battery elaborato dai ministeri dello Sviluppo economico (Mise); della Salute; delle Politiche agricole, alimentari e forestali; e dalla filiera agroalimentare.

Si tratta di un sistema che attraverso il simbolo della batteria indica al consumatore l’apporto nutrizionale dell’alimento in rapporto al suo fabbisogno giornaliero e al corretto stile alimentare. Sulla ‘batteria’ viene scritta la percentuale di calorie, grassi, zuccheri e sale per ogni singola porzione rispetto alla quantità raccomandata dall’Unione europea.

Ma NutrInform è anche una app, lanciata dal Mise, che attraverso la fotografia del codice a barre di un prodotto confezionato, fornisce tutte le informazioni nutrizionali su alimenti e bevande.

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