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ClioMakeUp e le lacrime per gli haters: «Mi hanno augurato fallimenti e malattie, ora non li sopporto più»

ClioMakeUp, ovvero Clio Zammatteo, è nata a Belluno 40 anni fa. Ha otto milioni di follower sui social e un fatturato da dieci milioni l’anno. Ma in un’intervista al Corriere della Sera oggi dice di aver pianto in più occasioni per gli attacchi dei suoi haters. E dopo l’ultima, si è chiesta se ha fatto bene o male: «Mi sono risposta che ho fatto bene, perché sono umana e ho momenti di fragilità. E perché, oggi, il web sta invece diffondendo la “sindrome della ragazza felice”. Quella che “tutto è perfetto, tutto va bene, il mio sedere è il più alto di tutti”. E questo perché qualsiasi rappresentazione di umanità e imperfezione desta risposta svalutative. Se mostri una crepa, una ruga, una debolezza, vieni deriso e offeso». La causa scatenante dello sfogo, racconta lei stessa a Candida Morvillo, «è stata l’uscita di «un mio nuovo tonico. I commenti dei follower affezionati erano positivi, ma essendo i social sempre più esposti a chi passa per caso, c’erano commenti molto aggressivi, lamentele sul prezzo. I miei collaboratori mi hanno sollecitato un video di spiegazioni. Ma io vendo prodotti solo se so che li ho fatti bene e chi mi segue lo sa, perciò ero contraria: il prodotto deve parlare da solo».

La valanga d’odio

Da qui la valanga d’odio. Con commenti «in cui mi augurano fallimenti e malattie. Non riesco proprio a capire questo genere di cattiveria, che è peggiorata tanto, dopo la pandemia. Poi, c’erano i soliti “trovati un lavoro serio”. Io, ogni volta, vorrei prendere queste persone e far loro vedere la mia azienda: con l’e-commerce, le spedizioni, i prodotti, cento dipendenti». ClioMakeUp dice che con il tempo pensava di averci fatto il callo: «Ma quando passi dall’essere persona a essere brand ti prendi non solo le antipatie personali, ma anche tutte le reazioni contro il marchio. Tutto ricade sulle mie spalle. E io sono sensibile, trattengo tutto come una spugna. Eppure, ho sempre ascoltato le critiche costruttive, le ho sempre usate per fare meglio, ma questo sistema, ora, mi fa paura». E aggiunge che un fatturato da 10 milioni di euro non rappresenta un buon prezzo da pagare: «A me non frega niente di fare più soldi, a me interessa la credibilità. Rifiuto il 90 per cento delle sponsorizzazioni che mi propongono. E, prima di accettare, devo provare i prodotti: un antirughe lo pubblicizzo solo dopo averlo provato per un mese. E, se non mi convince, non lo promuovo. Poi, alle 17, stacco per andare dalle mie due bambine».

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