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Farinel/ I miei auguri di Natale a chi oggi non può festeggiare il Natale

C’è chi lo attende con ardore e chi spera non arrivi mai. Chi inizia a sentirne lo spirito già da settembre e chi rimane indifferente e anzi mal sopporta la frenesia dei regali e dei preparativi, chi lo vive cristianamente e chi proprio pensando allo spirito cristiano cerca di tenere le distanze.

Il Natale è così: o si odia o si ama. Io, oggi, mi colloco tra i secondi perché per me il Natale rappresenta un momento di calore in cui ritrovarsi con parenti e amici, durante il quale dimenticare i problemi quotidiani. Un’occasione per fermarsi, rallentare e riflettere. Non è, però, sempre stato così, non era così dieci anni fa.

Questo è il motivo per cui vorrei dedicare il Farinel di oggi, domenica 25 dicembre, a tutte quelle persone che non riescono a sentire questo spirito, non a quelle che non vogliono, ma a quelle che non possono, a quelle che non ci riescono. A tutte quelle persone che il Natale lo subiscono.

Vorrei rivolgermi a queste persone perché il Natale è un amplificatore, nel bene e purtroppo anche nel male.

Chi in questo periodo sta soffrendo a Natale soffrirà di più, chi si sente solo, oggi sentirà la solitudine come non mai, chi prova dolore oggi sentirà conficcarsi spine nel cuore.

A tutte queste persone voglio fare i miei auguri di Natale, a chi è in un letto d’ospedale, a chi assiste un caro, a chi è stato lasciato, a chi si sente solo, a chi sente di non avere un posto nel Mondo, a chi non capisce il senso di tutto questo correre, a chi invidia un augurio, un sorriso, un bacio, una stretta di mano, a chi ne serba il ricordo pensando che possa non tornare più.

Vorrei dire a tutte queste persone una cosa molto semplice e cioè che non sono sole. Se penso al mio Natale 2012, il Natale di dieci anni fa. Beh, quel Natale lo passai da solo, ero appena uscito da una storia durata cinque anni e finita nel modo peggiore: con un tradimento. Pesavo 50 kg più di quanto io non pesi oggi, fumavo due pacchetti di sigarette al giorno. Ero assunto con contratto stagionale, sei mesi l’anno, con una mansione che non mi piaceva e un ruolo che non mi portava alcuna soddisfazione. Non mi piacevo e, cosa ancor peggiore, pensavo che non sarei mai potuto piacere ad alcuno.

Il mio Natale 2012 fu veramente triste.

Da quel giorno partii a ricostruire, mattoncino dopo mattoncino, le fondamenta furono le poche certezze: i miei genitori e quei due o tre amici che ci son sempre stati e che ci saranno sempre, pochi, ma buonissimi. Mattoncino dopo mattoncino, giorno dopo giorno ho costruito il Natale di oggi, un giorno che oggi aspetto senza paura, con la voglia di viverlo pienamente fino all’ultimo istante.

Il consiglio che posso dare è di pensare che tra dieci anni tutto potrà essere cambiato in meglio, che tutto non debba andare per forza male, anche se oggi pensate sia inevitabile.

Purtroppo, tutti avremo delle sedie vuote nel nostro Natale, alcune faranno più male di altre e il giorno di Natale sembreranno più vuote rispetto agli altri giorni, ma il Natale è e rimane una festa di vita in cui accorgersi delle sedie piene e in cui accorgersi se chi ci sta vicino possa sentirsi come mi sentivo io dieci anni fa.

Il mio “Buon Natale” a tutti voi che sentite dentro quella solitudine che sentivo io nel 2012, ripartite a costruire da voi stessi pensando che non siete soli, che c’è sempre un’occasione di riscatto, basta crederci e ripartire dalle fondamenta, dallo spirito vero del Natale, quello che spesso dimentichiamo.

Come scriveva il grande poeta piemontese Gianni Rodari: “In cuore abbiamo tutti un Cavaliere pieno di coraggio, pronto a rimettersi sempre in viaggio”. Buon Natale.

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