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Figli di Anastasiades | I tre principali candidati alle elezioni di Cipro sono in continuità con il presidente uscente – Linkiesta.it

Le elezioni presidenziali a Cipro, il cui primo turno si svolgerà il 5 febbraio, sono un appuntamento importante per questa nazione. Cipro è una repubblica presidenziale e il Capo di Stato ricopre anche la carica di primo ministro e gode di ampi poteri esecutivi. Il candidato favorito, secondo i sondaggi, è l’ex ministro degli Esteri Nikos Christodoulides, appoggiato dal partito centrista Diko e dal movimento socialista Edek.

Christodoulides è accreditato tra il trentacinque e il quaranta per cento dei voti, mentre la lotta per la seconda posizione è tra Averof Neophytou, membro del partito conservatore Disy e Andreas Mavroyiannis, un indipendente appoggiato dal partito marxista Akel. Entrambi sono accreditati del 23-26 per cento dei voti e lotteranno per arrivare al ballottaggio. Al secondo turno, invece, Christoulides è ampiamente favorito (più venticinque per cento in media) contro entrambi gli sfidanti.

Il portale del quotidiano greco Kathimerini ha ricordato che la campagna elettorale è stata priva di forti emozioni perché i tre candidati principali sono considerati vicini al presidente uscente Nicos Anastasiades, ma hanno cercato di convincere gli elettori in merito alla propria originalità. Il conservatore Anastasiades, che ha respinto ogni accusa in merito, è stato accusato di aver favorito la corruzione durante i dieci anni al potere.

Neophytou ha evidenziato la lunga esperienza politica, la capacità di risolvere i problemi e quella di guidare l’economia in tempi difficili. Mavroyiannis, un diplomatico in carriera, si è presentato come un agente del cambiamento «che non ha avuto nulla a che fare con il decennio che ha affossato il Paese». Christodoulides come un leader moderno ed in grado di entrare in confidenza con i capi di Stato europei grazie all’esperienza come ministro degli Esteri.

La riunificazione assente
I temi più importanti affrontati durante la campagna elettorale sono stati l’alto costo della vita, l’immigrazione e il populismo, ma non la questione della riunificazione di Cipro. Si tratta di un dato sorprendente perché l’isola è divisa, da decenni, tra greco e turco-ciprioti.

La Turchia ha occupato unilateralmente la parte settentrionale dell’isola nel 1974, in reazione a un colpo di Stato che aveva tentato di instaurare un governo favorevole alla riunificazione con la Grecia. Le tensioni tra greco-ciprioti e turco-ciprioti, scaturite dalla difficoltà di condividere il potere esecutivo, erano già presenti da anni e i secondi si erano ritirati dal governo nel 1967 formando un’amministrazione autonoma.

Nel 1975 è stata annunciata a nascita di uno Stato federato turco, con la propria Costituzione, che nel 1983 ha proclamato la sua indipendenza, non riconosciuta da nessuno se non da Ankara. Da allora si sono succeduti una serie di tentativi di mediazione da parte delle Nazioni Unite, tutti naufragati senza ottenere alcun risultato concreto e nel 2004 solamente la parte greco-cipriota è entrata a fare parte dell’Unione europea.

Un’isola divisa
Nessuno dei candidati favoriti è andato oltre una frase di circostanza sulla necessità di trovare una soluzione equa, nei limiti delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ciò è accaduto perché molti greco-ciproti sono scettici dopo il collasso degli ultimi colloqui nel 2017. Christoulides è considerato un fautore della linea dura perché appoggiato dal Diko, schierato su posizioni intransigenti e molti ritengono che non si spenderà. La vittoria dei nazionalisti, favorevoli alla creazione di due Stati, alle elezioni turco-cipriote del 2020 ha inoltre allontanato una soluzione.

Le violenze etniche scoppiate subito dopo l’indipendenza hanno provocato migliaia di morti e la distruzione di insediamenti turco-ciprioti lasciando un segno indelebile sull’isola. A complicare la situazione sono anche la presenza di quarantamila soldati turchi di stanza a Cipro e la crescita esponenziale, durante la presidenza Erdogan, dell’influenza esercitata da Ankara su Cipro Nord, che dipende dalla Turchia in tutto e per tutto.

Gas e confini marittimi
La parte Nord dell’isola è molto povera dopo cinquant’anni di divisione. Grecia, Turchia e Regno Unito (in quanto ex potenza coloniale) sono considerati i garanti della situazione politica sull’isola che, però, è stata complicata anche da sviluppi di tipo economico, come la scoperta di un enorme giacimento di gas naturale e petrolio nelle acque tra Cipro ed Israele.

Le rivendicazioni sui confini marittimi, le zone economiche esclusive e la presenza di vaste risorse energetiche nel Mediterraneo hanno messo Cipro, Grecia e Turchia, come spiegato dallo European Council on Foreign Relations, in competizione tra loro.

La proposta di dare vita ad un gasdotto tra Cipro, Egitto, Grecia e Israele escludendo Ankara ha suscitato reazioni iraconde da parte della Turchia che, nel recente passato, ha perseguito una politica estera aggressiva volta all’esplorazione del gas al largo delle proprie coste e di quelle di Cipro. Le tensioni sono poi diminuite con l’adozione, tra il 2021 ed il 2022, di una linea più moderata da parte di Ankara ma il problema di fondo è rimasto inalterato.

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