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Il New York Times e la tragedia dei palestinesi | Piccole Note

L'ingresso principale della città di Nablus ostruito dall'esercito israeliano Tempo di lettura: 4 minuti

Verso la fine del ’22 il New York Times ha pubblicato un articolo di Yara M. Asi. docente presso la School of Global Health Management and Informatics dell’Università della Florida, dal titolo: “Come ricercatore studio la salute dei palestinesi. È tempo di fare attenzione”. Ne proponiamo ampi stralci perché è raro che un giornale mainstream come il Nyt pubblichi simili testimonianze.

Nablus, una prigione nella prigione

“Quest’anno, in occasione delle elezioni israeliane, sono tornata nella mia città natale, Nablus, nella Cisgiordania occupata, per lavorare a un progetto di ricerca e stare con la mia famiglia. Avevo ricevuto un finanziamento per studiare l’impatto sulla salute dei palestinesi delle restrizioni imposte dagli israeliani al movimento dei palestinesi – posti di blocco, permessi di viaggio (compresi quelli richiesti per le necessità mediche), il muro di divisione che attraversa la Cisgiordania e la chiusura delle strade”.

“Il mio lavoro precedente e la ricerca già esistente sulla salute e il benessere dei palestinesi mi avevano dato un’idea di quanto avrei trovato: molti impedimenti per accedere all’assistenza sanitaria e tassi prevedibilmente alti di depressione, stress, ansia e insicurezza”.

“Mi aspettavo di ascoltare storie di lotte, lutti e traumi. E ne ho sentite decine, soprattutto tra i giovani, provati dalle disperazione più acuta”.

“Ciò che non mi aspettavo era che il mio viaggio coincidesse con il mese più mortale dell’anno più mortale per i palestinesi della Cisgiordania dal 2006: almeno 150 persone sono state uccise finora nel 2022, tra cui più di due dozzine di bambini, morti provocate quasi tutte dalla violenza dei militari israeliani. Né mi aspettavo quanto direttamente avrei sperimentato la violenza quotidiana che affligge la vita dei palestinesi”.

[…] Poche settimane dopo il mio viaggio, Nablus, una città di circa 160.000 abitanti, è stata bloccata dall’esercito israeliano nel tentativo di reprimere la Fossa dei Leoni, un gruppo locale di resistenza armata palestinese di recente formazione. La città è stata tagliata fuori dal resto della Cisgiordania – un territorio occupato già tagliato fuori dal mondo in diversi modi – dall’esercito israeliano, una chiusura che non è stata revocata che tre settimane dopo”.

“Ciò significava che tutti i veicoli in uscita e in entrata dalla città erano soggetti ad attese e perquisizioni di ore […] oppure era semplicemente negato loro il transito per entrare o uscire dalla città. Ciò ha avuto effetti devastanti sull’economia e ha bloccato l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e la socializzazione, per non parlare dell’alto livello di stress e di incertezza che si è diffuso tra i cittadini”.

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