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“Il nuovo PD si batta anche per il diritto alla giustizia giusta”, intervista a Enza Bruno Bossio – Il Riformista

Il partito della neosegretaria

Umberto De Giovannangeli — 14 Marzo 2023

“Il nuovo PD si batta anche per il diritto alla giustizia giusta”, intervista a Enza Bruno Bossio

Il nuovo Pd “targato” Elly Schlein. Le sfide, gli ostacoli. Il Riformista ne discute con Enza Bruno Bossio, già parlamentare Dem, neoeletta nella Direzione nazionale del Partito democratico.

Ribaltando alle primarie il risultato tra gli iscritti, Elly Schlein ha conquistato la segreteria del Pd. Qual è a suo avviso il segno politico di questa scalata?
Per la prima volta nella storia del Partito democratico non è stato confermato l’esito congressuale della votazione degli iscritti. Nella giornata delle primarie aperte, il 26 febbraio, abbiamo visto ai gazebo molti di quelli che in questi anni hanno dichiarato di non votare PD. La sfida che ha lanciato la segretaria con l’assemblea di domenica scorsa è quella di non interpretare questa partecipazione come una rivalsa verso il corpo del partito, ma come un processo di integrazione e “contaminazione” tra i militanti e una parte di quel popolo che vuole considerare il Pd la sua nuova casa. Da qui, bisogna convincersi, che diventa ancora più attuale il tema della riforma del partito, così come nel congresso abbiamo proposto con la mozione De Micheli.

Esclude il rischio di uscite dal Pd? Rifondare il Pd non sembra comunque essere una strada in discesa per la neo segretaria.
L’assemblea di domenica scorsa oltre che proclamare Elly Schlein segretaria, ha eletto presidente del partito Stefano Bonaccini ed ha riconosciuto il diritto di rappresentanza politica in Direzione nazionale alle mozioni dei candidati che non hanno partecipato alle primarie aperte, Cuperlo e De Micheli. È stata una manifestazione di forte volontà unitaria che si è espressa non attraverso la mediazione tra le correnti ma è maturata nel vivo di un confronto tra le posizioni ed i profili politici e culturali diversi che si sono misurati nel congresso. Un fatto che fa ben sperare nella capacità del Pd di saper lavorare per l’affermazione di un riformismo capace di tradurre l’antagonismo sociale in proposta politica di cambiamento.

“Non vogliamo più vedere irregolarità sui tesseramenti, abbiamo dei mali da estirpare, non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi vari. Su questo dovremo lavorare tanto insieme, ne va della credibilità del Pd, su cui non sono disposta a cedere di un millimetro”. È la “rivoluzione interna” promessa dalla neo segretaria.
Una “rivoluzione interna” che nessuno può mettere in discussione. Il tema è come si realizza, e non soltanto si proclama, questo obiettivo. L’unica via è quella di avere non “correnti” ma aree di pensiero politico-culturale, sottoposte anch’esse a regole trasparenti e rigorose e non più strumenti per competere nella conta interna. Solo così si possono depotenziare i vari “cacicchi” ed i pacchetti di tessere e solo così il pluralismo potrà essere declinato senza che alcuno possa mai più riproporre espressioni quali “i miei e i tuoi” riferiti alla fidelizzazione correntizia.

Il nuovo Pd e la capacità di fare opposizione ad una destra marcatamente identitaria su temi cruciali come quello della sicurezza. La Calabria, terra che lei conosce molto bene, ha vissuto una tragedia devastante come quella di Cutro. Questo giornale ha titolato: una strage di Stato.
Sono stata contraria alla linea che il Partito Democratico ha espresso dal 2017 sui temi dell’immigrazione. E l’ho fatto con atti politici ufficiali, non votando, in parlamento, a favore del decreto “Minniti” e votando sempre contro il rifinanziamento della guardia costiera libica. Queste mie scelte, rivendicate pubblicamente, non nascono da posizionamenti ideologici o da contrapposizioni pregiudiziali. Ne sono convinta da sempre e ahimè la strage di Cutro lo ha fatto esplodere nelle coscienze di tutti. Il comportamento “anti istituzionale” e privo di ogni senso di umanità del governo Meloni ripropone in termini tragicamente attuali il ruolo della sinistra che Elly Schlein ha delineato nel suo discorso all’assemblea nazionale del PD. Considero pertanto un atto importante e interruttivo, della linea politica del PD della fase precedente, la sottoscrizione, da parte della nostra segretaria nazionale, della proposta di legge di iniziativa popolare “Ero Straniero”, per l’abolizione della Bossi-Fini.

C’è chi ha letto, tra gli analisti politici più accorti, la vittoria di Schlein come una risposta al bisogno di identità. Identità è sinonimo di testimonianza? Di una purezza che non fa i conti con il governo della complessità?
L’identità non è un fattore statico o ideologico, e ancor meno un ritorno al passato. È invece la capacità di essere una forza politica che vive il proprio tempo, e lo ama. Lo ama perché ne conosce i limiti (crisi climatica, distruzione delle risorse) ma anche le potenzialità (economia della conoscenza, dati, reti e connettività). E per affrontare la complessità costruisce nuove categorie capaci di interpretare un mondo che non è più quello del novecento, dove solo il lavoro indica la dignità delle persone, che invece hanno diritto ad una esistenza dignitosa, anche attraverso il diritto al reddito e alla valorizzazione delle competenze. Per questo credo che sia giusto intanto come propone la mozione De Micheli, passare dallo Statuto dei lavoratori allo Statuto dei lavori. Salario minimo e reddito universale: sono questi gli snodi per contrastare le nuove diseguaglianze sociali. Non si è ultimi per condanna divina ma perché il nostro mondo è ancora interpretato secondo una normalità che vede dominante (persino negli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale) il modello maschio, bianco, produttivo. Oggi Elly Schlein parla di un partito femminista, non solo e non tanto come tutela di quote, ma come chiave interpretativa del mondo. È stata proprio la lotta femminista degli anni 70 ad insegnarci che non c’è contrapposizione tra diritti sociali e diritti individuali e che per affermare la propria esistenza nella diversità, bisogna puntare sulla liberazione piuttosto che sull’emancipazione.

La segretaria è stata molto netta contro l’autonomia differenziata e la proposta di legge Calderoli…
Condivido pienamente. L’idea del governo, sempre più di destra e sempre meno di centro, non va solamente nella direzione di accentuare la divisione del Paese tra Nord e Sud, tra aree forti e aree deboli, ma di cancellare l’universalità di diritti primari fondamentali. Bisogna invece eliminare i divari superando la suddivisione in base alla spesa storica, garantendo e finanziando i Livelli Essenziali di Prestazioni (LEP). Non si tratta di affermare nuove autonomie ma piuttosto bisognerebbe tornare indietro affidando, ad esempio, esclusivamente allo Stato e non più alle Regioni la programmazione e la gestione del Servizio Sanitario.

Nella sua esperienza parlamentare, lei ha avuto molto a cuore i temi legati ad una giustizia giusta. Come dovrebbe declinarla il nuovo Pd?
Il nuovo Pd profilato dalla Schlein nell’assemblea Nazionale mette insieme diritti civili e diritti sociali. Ma se si vuole declinare in maniera coerente questa linea non si può non assumere il tema della giustizia giusta come uno dei diritti fondamentali del cittadino. Prima di tutto affermare il principio del pieno riconoscimento del diritto di ciascuno alla presunzione d’innocenza fino a sentenza passata in giudicato e tutelare la dignità della persona dalla gogna mediatica; riaffermare lo stato di diritto attraverso il rispetto di un effettivo equilibrio tra i poteri dello Stato; garantire la piena e coerente applicazione dei principi costituzionali, anche nella parte dell’art.27 sui trattamenti umanitari e sulla rieducazione della pena.

Nel dibattito politico italiano il tema, drammatico, della guerra che da oltre un anno sconvolge l’Ucraina, sembra entrare solo in termini di polemica interna. La grande assente è l’Europa. E il prossimo anno si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo. Tutti si dichiarano europeisti, ma come il “nuovo Pd” dovrebbe sostanziare questa “etichetta” in tempi di guerra?
Credo sia giusto che insieme alla esigenza degli aiuti militari all’Ucraina per ripristinare la sovranità territoriale di Kiev, ci sia un nuovo protagonismo dell’Unione Europea. Il “nuovo PD” dovrà essere capace di interpretare la propria funzione in un mondo che oggi si presenta attraverso uno schema sempre più multipolare, non più diviso in blocchi militari contrapposti. Stare dalla parte dell’Ucraina e al contempo costruire un percorso di pace e di fine della guerra. Le prossime elezioni europee saranno il banco di prova al fine di contrastare la strategia delle forze conservatrici e sovraniste e costruire nuovi equilibri in una Europa che, con una più forte identità unitaria, possa diventare protagonista attiva nell’alleanza atlantica.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.

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