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La ritorsione di Mosca | L’economia russa soffre e Putin blocca le vendite di petrolio a chi adotta il price cap – Linkiesta.it

Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato il decreto che da febbraio 2023 vieta la vendita di petrolio ai Paesi e alle società che nei contratti fanno riferimento al “price cap” entrato in vigore dal 5 dicembre. Il provvedimento include però una clausola che consente a Putin di annullare il divieto in casi speciali

La risposta di Mosca al tetto al prezzo del greggio è introdotta, recita il decreto, «in relazione alle azioni ostili e contrarie al diritto internazionale degli Stati Uniti, degli Stati stranieri e delle organizzazioni internazionali che vi hanno aderito». Il divieto di approvvigionamento di petrolio sarà effettivo dal primo febbraio 2023, ma include una clausola che consente a Putin di annullarlo in casi speciali.

I paesi del G7, l’Unione europea e l’Australia hanno concordato questo mese un prezzo massimo di 60 dollari al barile per il greggio russo trasportato via mare, misura volta a impoverire le casse statali russe e nel tentativo di fermare gli sforzi militari russi in Ucraina.

E i risultati delle mosse sul petrolio potrebbero vedersi a breve, visto che proprio il ministro delle finanze russo Anton Siluanov ha dichiarato che l’embargo europeo potrebbe costare il prossimo anno alla Russia un deficit superiore al 2%, riducendo i guadagni previsti dal Mosca nel 2023.

L’economia russa si avvia a chiudere l’anno con un calo del Pil stimato intorno al 3%, una recessione contenuta rispetto agli scenari che le pressioni sul rublo e l’imposizione di sanzioni più severe del previsto lasciavano immaginare nel momento dell’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio. Il tutto grazie all’inflazione e l’aumento dei prezzi globali dell’energia, innescati dalla guerra stessa.

Difficile al momento dire quale sarà la ricaduta effettiva dell’embargo. Ma il rublo ha già accusato il colpo. Dopo mesi di cambio stabile, a inizio dicembre ha iniziato a perdere terreno sul dollaro, euro e yuan, seguendo a ruota il calo del prezzo del petrolio Urals, sceso sotto la quota di 60 dollari al barile.

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