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La visita di Zelensky negli Usa e il niet di Biden | Piccole Note

Kamala Harris, Nancy Pelosi con Zelensky al congresso USA Tempo di lettura: 4 minuti

Il discorso di Zelensky al Congresso Usa non ha aggiunto nulla di nuovo alla crisi ucraina. Il suo scopo, come scritto nella nota di ieri, era ad uso interno degli Stati Uniti, cioè evitare che i finanziamenti all’Ucraina subissero un freno a motivo della nuova Camera, ora a maggioranza repubblicana, e rilanciare presso l’opinione pubblica americana la causa di Kiev, dopo i recenti sondaggi che segnalavano un calo di consensi riguardo la guerra.

Nessun accenno alla pace, anzi, nel corso di una conferenza stampa, interpellato sul punto, Zelensky ha risposto: “Voglio ricordare quanti genitori hanno perso i propri figli o figlie in prima linea. Cos’è solo la pace per loro? Il denaro non è niente e nessun compenso o riparazione ha conseguenze. Vivono di vendetta”.

A riferire l’agghiacciante risposta, che strumentalizza dolore e rabbia pur comprensibili per alimentare la spirale di violenza che porterà altri genitori a piangere i propri figli, è Connor Echols su Responsible Statecraft, che però riporta anche due notizie in controtendenza.

Anzitutto che in una conferenza stampa tenuta il giorno prima della visita, “Biden ha mostrato scarso interesse sulle richieste dell’Ucraina per ottenere missili a lungo raggio e altre armi offensive”.

Così, infatti, Biden: “L’idea che avremmo dato all’Ucraina materiale molto diverso da quello che stiamo già inviando andrebbe nella prospettiva di uno smantellamento della NATO e della disgregazione dell’Unione Europea e del resto del mondo”. Parole che, secondo Echols, suggeriscono che “anche gli alleati europei nutrono riserve sulla fornitura di armi a lungo raggio all’Ucraina”.

Peraltro, la conferenza stampa ha visto l’ennesimo svarione di Biden, che ha chiamato l’ospite Valensky o forse Polensky, come suggeriscono i sottotitoli del filmato. Uno scivolone notato nel web. Senilità, forse, o forse malizia senile, resta che il presidente ucraino non è in cima ai pensieri del suo interlocutore d’oltreoceano.

Biden ha parlato di negoziati con Zelensky?

Echols riporta anche un intervento di “Ben Rhodes, un ex funzionario dell’amministrazione Obama e voce autorevole nell’ambito della politica estera di stampo progressista”, secondo il quale Biden avrebbe approfittato della visita per pressare Zelensky sull’apertura di negoziati.

“Tali dialoghi non verranno rese pubblici”, ha affermato Rhodes, osservando che la pressione europea per aprire negoziati sta aumentando. “Ma penso che in privato, il presidente Biden esplorerà come poter muovere i canali diplomatici”.

Sempre Echols notava che “prima del viaggio, la CNN ha affermato che l’amministrazione Biden aveva in programma di parlare di un potenziale percorso per porre fine al conflitto”.

Ad oggi l’ex comico che guida l’Ucraina appare poco recettivo, supportato in questo dai falchi e dall’apparato militar industriale Usa, ma la distanza con Biden è ormai palese, come denota anche l’insoddisfazione con cui Zelensky ha accolto i nuovi aiuti, non sufficienti per vincere la guerra, come ha dichiarato anche a margine del viaggio negli States.

La ritrosia di Biden partecipa di una insofferenza più ampia, come quella esplicitata dal probabile futuro speaker della Camera, il repubblicano Kevin McCarthy, che, pur apprezzando il discorso di Zelensky, ha ribadito che gli Usa non firmeranno nessun “assegno in bianco” in favore dell’Ucraina (Washington Examiner).

Tale insofferenza si riflette anche sui media. Lo denota il fatto che, in concomitanza con la visita, i giornali mainstream hanno pubblicato alcuni articoli in controtendenza rispetto alla narrativa ufficiale. Di ieri l’articolo del Washington Post che spiegava come non sia stata rinvenuta nessuna prova che siano stati i russi a sabotare il North Stream 2 (è evidente, ma pubblicarlo su un media mainstream è altra cosa).

Lo stallo

Ancora più significativo un articolo del New York Times che spiega come ormai la situazione sul campo di battaglia si sia attestata sullo “stallo” e che i russi stanno intensificando le proprie difese e aggiustando il tiro negli attacchi, “rendendo più difficile per l’Ucraina riconquistare le enormi aree di territorio che ha perso quest’anno, secondo una valutazione del governo degli Stati Uniti”.

“Penso che sia molto più facile per l’Ucraina difendere il territorio piuttosto che passare all’offensiva per riconquistarlo”, ha detto Evelyn Farkas, ex alto funzionario del Pentagono ed esperta di Russia, riporta il Nyt.

Quindi, dopo aver accennato alle asserite “vittorie” ucraine, che hanno riportato  sotto il controllo di Kiev parte del territorio perduto, il Nyt aggiunge che tali “vittorie hanno avuto un costo pesante: migliaia di soldati ucraini uccisi e un dispendio di immense quantità di munizioni, in particolare di colpi di artiglieria. In questo scorcio di anno, infatti, l’Ucraina sparava ogni settimana molti più colpi di artiglieria di quanti ne potessero produrre gli Stati Uniti in un mese”.

La retorica obbliga i cronisti a sostenere la necessità di proseguire la guerra, ma l’evidenza dello stallo non può non porre domande sull’inutilità di tale prosecuzione.

Peraltro, in concomitanza con il viaggio di Zelensky, la Russia ha annunciato un potenziamento del suo esercito, che passerà da un milione di effettivi a un milione e mezzo, ampliando anche il numero dei contractors. La speranza che, col tempo, l’Ucraina potesse erodere le forze russe sembra così mal riposta.

Resta sospesa la domanda su una possibile controffensiva russa in questo inverno. L’America sembra non prendere nemmeno in considerazione l’eventualità. Troppo esigue le forze russe per tentarla. Forse hanno ragione, forse no. Vedremo.

Ps. Riportiamo un titolo di Haaretz: “Mentre Zelensky visita gli Stati Uniti, Putin telefona per congratularsi con Netanyahu”: Ieri il premier israeliano ha annunciato la nascita del suo governo, che la prossima settimana dovrà trovare la fiducia alla Knesset.

Lo zar russo spera che Israele conservi l’ambigua neutralità finora riservata al conflitto ucraino. A margine della telefonata, interessante un cenno di un articolo di Timesofisrael: “Alcuni si aspettano che Netanyahu si faccia mediatore tra Kiev e Mosca, un ruolo che l’ex primo ministro Naftali Bennett ha perseguito senza successo”. Netanyahu ha un altro spessore rispetto al predecessore. Se davvero si impegnasse, avrebbe certamente maggiori chance.

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