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L'ex capo del Mossad: Israele dovrebbe ripensare il conflitto con l'Iran | Piccole Note

Amanpour interview Efraim Halevy Tempo di lettura: 4 minuti

L’ex capo del Mossad Efraim Halevy ha dichiarato che non dovremmo nutrire “pregiudizi” sull’accordo tra Iran e Arabia Saudita mediato dalla Cina. E anzi si è domandato “se sia giunto il momento per Israele di cercare una politica diversa nei confronti dell’Iran e, magari in modo intelligente e riservato, cercare di valutare se c’è la possibilità di trovare un riavvicinamento tra Israele e Iran”.

Halevy: lo scontro Iran-Israele non ha fondamento

Parole sorprendenti, data l’autorevolezza della fonte, e in controtendenza rispetto alle reazioni adirate o diffidenti che si sono registrate in Israele e negli Stati Uniti. Tanto che la sua intervistatrice, Christiane Amanpour, il volto più noto della Cnn, ha reagito così: “Accidenti, signor Halevy, mi sembra di avere le allucinazioni. Questa è un’eresia, in contrasto con tutta la politica israeliana, sia di destra che di sinistra, fin dai tempi della rivoluzione iraniana. C’è davvero una possibilità, secondo te?”

“Non so se c’è una possibilità. Ma dico che, dato quanto è successo, potrebbe essere un possibile sviluppo. Dal momento che la Cina, tra tutti i paesi e le potenze del mondo, l’unico Paese che è stato capace di arrivare a un simile accordo, allora dobbiamo esaminarlo più a fondo e scoprire quali sono le motivazioni di tutte le parti coinvolte. E forse potremmo cercare un approccio diverso al conflitto iraniano-israeliano, cosa che Israele non ha fatto quando è iniziato”.

“Abbiamo avuto ottimi rapporti con l’Iran sotto la precedente guida dello Scià. Non c’è un vero conflitto di interessi tra Israele e Iran. Non abbiamo [a che fare con l’idea di] una conquista territoriale… [c’è un] confronto. Non abbiamo un confine comune. E non c’è una vera ragione per cui dovrebbe esserci un’inimicizia e uno stato di guerra tra Israele e Iran“.

Parole meditate quelle dell’ex capo del Mossad, dal momento che due giorni prima aveva scritto qualcosa di analogo su Haaretz. Per ribadirle in una sede così autorevole vuol dire non solo che ne è convinto, ma che non è isolato; sembra cioè che abbia voluto dare voce a una corrente di pensiero che deve aver iniziato a circolare all’interno dell’establishment israeliano, che in genere parla attraverso gli ex, non vincolati da ragioni di servizio, quindi più liberi.

E che in Israele non ci sia solo un rigetto dell’accordo, che ha mandato in frantumi il sogno di creare un’alleanza israelo-sunnita contro Teheran, lo indicano anche altri interventi.

Ad esempio quello di Daniel Shapiro, il quale ha scritto su Haaretz che “l’accordo, e il ruolo della Cina in esso, è una grande novità e pone alcune sfide agli interessi statunitensi e israeliani. Ma non è qualcosa per cui dobbiamo buttarci giù da un ponte”, dal momento che presenta aspetti positivi, come ad esempio la possibilità di porre fine alla guerra in Yemen e di ridurre le tensioni in Iraq, dove di tanto in tanto le milizie sciite portano attacchi (solo simbolici) contro le truppe Usa. Peraltro, aggiunge Shapiro, gli Usa avevano supportato la de-escaltion Iran – Arabia Saudita “nei precedenti round negoziali in Iraq e Oman”. Opinione autorevole, quella di Shapiro perché è un falco anti-iraniano, come dimostra ampiamente nel prosieguo dell’articolo.

I potenziali benefici dell’accordo Teheran-Riad

Decisamente favorevole all’accordo è invece Odeh Bisharat, il quale, in un altro articolo di Haaretz, si chiede “perché il riavvicinamento tra due abitanti di questo sanguinante quartiere dovrebbe essere accolto con rabbia e angoscia?”

E prosegue aggiungendo come, mentre il suo Paese è sull’orlo di una guerra civile a causa del conflitto tra governo e opposizioni (che stanno dando vita a proteste senza precedenti contro la riforma giudiziaria di Netanyahu), “l’unica cosa su cui tutti in Israele sembrano concordare è che l’accordo Iran-Arabia Saudita è qualcosa di pessimo. Il dibattito non riguarda chi è favorevole all’accordo e chi no, ma di chi è la colpa della riconciliazione tra i due paesi. C’è follia più grande di questa?”

“Perché l’accordo tra questi due vicini viene percepito come una minaccia, anche esistenziale, dal paese più potente della regione?” E pone un’ulteriore, interessante, domanda: “Perché gli interessi israeliani vanno contro gli interessi dei popoli della regione e si allineano con quelli delle potenze straniere? Perché Israele è percepito e si percepisce come uno straniero in Medio Oriente? Manhattan è più vicina di Amman, Parigi più del Cairo ed entrambe sono più vicine del campo profughi di Balata”.

Cina, Iran e Arabia saudita, nonostante siano dittature, continua Bisharat, “sono giunti alla conclusione che dovevano premere il pulsante del reset. Invece della guerra, cercano la pace e, di conseguenza, il mondo sarà un posto più sicuro e promettente”.

Tale sviluppo, continua Bisharat, invece di far immaginare un nuovo percorso per Israele, è solo motivo di recriminazione. “Non c’è nessuna critica – scrive – per la nostra politica nei confronti dell’Iran, fondata su omicidi e umiliazioni. L’Arabia Saudita, che ha smembrato il corpo di un oppositore politico, e l’Iran, con il suo oscuro regime, stanno adottando un pensiero più fresco di un paese che pur si vanta del suo liberalismo”.

Quindi, ricorda un altro articolo di Haaretz nel quale si spiegava che, grazie alla legittimità che gli procura l’intesa con Riad, l’Iran potrebbe stabilire “ulteriori accordi con altri stati arabi come l’Egitto, aprire la strada alla fine della guerra nello Yemen, offrire un soluzione praticabile alla crisi in Libano e portare a una ripresa dei negoziati per salvare l’accordo sul nucleare”.

“Se l’accordo non avesse altro esito che quello di porre fine ai sanguinosi combattimenti in Yemen – conclude Bisharat – e alle sofferenze umane [causate dal conflitto], sarebbe sufficiente [a giudicarlo positivamente]; se solo mettesse fine all’anarchia in Libano, sarebbe sufficiente; e se dovesse portare a un nuovo accordo sul nucleare, sarebbe sufficiente”.

A margine si può notare che l’accordo è stato foriero di sviluppi. Il ministro delle Finanze dell’Arabia Saudita, Mohammed Al-Jadaan, ha dichiarato che il suo Paese potrebbe investire molto presto in Iran (Cnbc). Il segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell’Iran, Ali Shamkhani, si è recato negli Emirati arabi uniti stabilendo rapporti più stretti tra i due Paesi (Reuters), tanto che Teheran ha deciso di inviare un nuovo ambasciatore ad Abu Dhabi dopo anni di rapporti diplomatici minimali (Irna); infine, le Nazioni Unite hanno dichiarato che l’accordo ha dato un “nuovo slancio” alla riconciliazione del martoriato Yemen (Reuters).

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