Tre miliardi di euro, circa lo 0,2% del Pil nazionale. E’ il peso di Ferrero nel sistema produttivo del Bel Paese tra risorse distribuite in maniera diretta sotto forma di salari ai suoi oltre 7mila collaboratori (452 milioni di euro), pagamenti a imprese fornitrici di beni e servizi (2,3 miliardi) e fondi destinati allo Stato (238 milioni) tra imposte dirette (81 milioni), Iva (8,4 milioni) e contributi sociali a carico del datore di lavoro (135 milioni, che portano la spesa media per dipendente tra salario e contribuzione a circa 74mila euro).
Sono i dati contenuti nella ricerca con la quale l’Università Luiss di Roma ha analizzato le attività italiane della multinazionale dolciaria con base ad Alba, che nei giorni scorsi ha peraltro approvato un bilancio al 31 agosto 2022 che evidenzia una crescita del 6,6% con un fatturato della sua controllata Ferrero Commerciale Italia attestato sopra gli 1,6 miliardi (
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Nel report si passano in rassegna una serie di indicatori riguardanti il valore aggiunto, la produttività rispetto alla media nazionale, gli investimenti in impianti, l’impegno in ricerca e in formazione del personale e la spesa in pubblicità.
Scorrendo le 52 pagine del rapporto si scopre così che il valore aggiunto – ovvero la differenza tra ricavi ottenuti dalla vendita dei prodotti e i costi sostenuti per realizzare quella produzione – creato dalla capogruppo Ferrero Spa e dalle sue quattro controllate italiane (attive coi quattro stabilimenti di Alba, Pozzuolo Martesana, Balvano e Sant’Angelo dei Lombardi e con società dedicate alla ricerca di prodotto come l’albese Soremartec) è stabilmente attestata a una quota pari allo 0,05% del prodotto interno lordo italiano.
In assoluto, a fronte di un fatturato Italia da 1,5 miliardi di euro (1,6 miliardi quello certificato nel rendiconto di Ferrero Commerciale Italia al 31 agosto scorso), si parla di un valore aggiunto pari a 900 milioni di euro, realizzato occupando direttamente un totale di 7.847 addetti, che rappresentano l’1,2% degli occupati dell’industria alimentare, lo 0,1% del commercio e lo 0,1% dei servizi.
Tale percentuale sale ovviamente in maniera significativa se si stringe la base di comparazione al settore in cui il gruppo della Nutella opera. Sempre in termini di valore aggiunto parliamo quindi del 2,6% di tutta l’industria alimentare italiana (e dell’1,2% per numero di occupati), quota che sale al 35% se si guarda alle sole aziende la cui attività (codice Ateco) riguardi la “produzione di cacao, cioccolato caramelle e confetteria“; di quasi il 40% di quelle impegnate nel “commercio all’ingrosso di zucchero, cioccolato, dolciumi e prodotti da forno” e di oltre il 10% dei “servizi integrati di supporto per funzioni di ufficio“.
Si parla poi di “effetto moltiplicatore” calcolando come ogni euro di valore aggiunto creato dai prodotti Ferrero in Italia generi risorse distribuite nel sistema economico del Paese per 3,5 euro: 2,60 euro verso le imprese fornitrici, 0,55 euro verso le famiglie (salari) e 0,35 verso lo Stato (tasse e imposte).
Sotto il profilo dell’impatto commerciale si parla di una “crescita record” del +24,3% nel periodo 2014-2020, seconda azienda del settore “largo consumo confezionato” (Lcc).
Sul fronte della produttività del lavoro (cioè il valore aggiunto suddiviso pro quota per ogni dipendente), e sempre guardando all’anno 2019, Ferrero ha registrato un valore di ben 108.677 euro per dipendente, quasi il doppio della produttività del lavoro media nazionale, pari a circa 62.285 euro.
Un risultato certamente collegabile all’impegno dell’azienda dolciaria nei campi degli investimenti non soltanto sugli impianti produttivi (un miliardo di euro negli ultimi dieci anni), ma anche in ricerca & sviluppo e in formazione.
Si spiega quindi che al primo fronte – quello dell’innovazione – viene destinato ogni anno il 4% dei ricavi totali, pari a 1.868 euro per addetto. Una somma che rappresenta lo 0,8% di quanto speso da tutte le imprese italiane innovative e lo 0,07% di tutta la spesa nazionale per ricerca e sviluppo.
Pari a 253 euro all’anno è invece la spesa in formazione per ognuno dei suoi oltre 7mila addetti, per 170mila ore dedicate alla formazione ogni anno, con un investimento che nel periodo 2017-2019 era stato pari a 5,9 milioni di euro. Tale investimento avrebbe consentito alla multinazionale albese di accrescere la produttività sul lavoro del 74% rispetto alla media nazionale.
Un’ultima curiosità riguarda gli investimenti di Ferrero Italia in pubblicità. L’azienda di Alba risulta il “top spender” tra tutte le grandi imprese multinazionali presenti sul territorio italiano, unica in crescita nel settore Fmcg (l’acronimo di “fast moving consumer goods” riconosce i prodotti di largo consumo) con più di 100 milioni all’anno investiti (127,24 milioni di euro nel 2019) a beneficio delle marche, dei clienti trade e dei consumatori. Tra le stesse multinazionali Ferrero si posiziona davanti a Volkswagen, Procter & Gamble, Vodafone, Barilla e Fiat.