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Mixer arrivò a Capodanno

Mixer arrivò a Capodanno.

I coniugi B* lo sentirono grattare alla porta mentre stavano per andare a dormire, più o meno nella prima mezz’ora dell’anno nuovo.

–Non senti un rumore? – disse la signora Milva.

–No – rispose il marito, che si chiamava Ugo.

–Eppure …

Fu lei ad aprire la porta che dal salotto dava sul retro della casa, dove avevano un piccolo giardino e una veranda zeppa di fiori e piante al riparo dal freddo invernale.

Mixer entrò a forma di proiettile, inseguito dai botti dei petardi che avevano trasformato il paese in una specie di Dresda bombardata dagli Alleati.

Saltò il tavolo, sfiorando i bicchieri e il panettone con i quali i miei due amici avevano festeggiato la mezzanotte, schivò per un pelo l’albero di Natale, che evidentemente lo inorridì ancor di più, con tutte le sue lucine lampeggianti, e infilò deciso la direzione della cucina.

–Cosa caspita era? – si domandarono entrambi.

Un capriolo? Un tasso? Un cinghiale? Non avevano avuto il tempo di capire.

–Ho visto solo che aveva una coda che roteava! – specificò la Milva – va a vedere. È andato di là.

–Perché non ci vai tu? – ribattè il marito.

Poi prese coraggio.

Per combinazione avevano una ramazza a portata di mano.

Ugo la imbracciò come aveva visto fare nei film polizieschi durante le irruzioni, accese la luce della cucina, si preparò al combattimento.

Ma dell’intruso non c’era traccia.

–Cos’è? – domandò la signora Milva prudentemente assisa sul divano.

–Forse abbiamo sognato. Non c’è nessuno qui – rispose perplesso il marito.

Poi sentì una specie di ticchettio provenire dal vano sotto il lavello, rimasto aperto dopo che avevano avuto bisogno di un asciugamano.

Ugo si avvicinò. Il ritmico TUC TUC era prodotto da una coda nera e pelosa che roteava a velocità vorticosa; il resto della bestia non si distingueva, avendo muso e metà del corpo conficcati fra strofinacci e detersivi, una parte dei quali si era sparpagliata sul pavimento.

–Dev’essere un cane! – esclamò il signor Ugo – un cane nero … a occhio direi un labrador. Ha la coda che gira come un mixer!

Era Mixer.

Riuscirono a cavarlo fuori solo quando i botti si estinsero quasi del tutto. Più o meno alle tre.

–Santo cielo! È davvero impaurito! La coda non ha smesso mai di roteare – disse la signora Milva sbadigliando.

In effetti Mixer aveva una coda potentissima e rapida, che per tutta la vita lo contraddistinse, e non cessò mai di indicare il suo stato d’animo: se ondeggiava aveva fame, se barellava sincrona al sedere era contento, se roteava come le pale di un mixer aveva fifa.

Valutata l’aggressività davvero modesta del soggetto, il signor Ugo cercò di convincerlo a uscire dall’armadio. Gli propose un pezzetto di pecorino, poi una succulenta fetta di prosciutto, cercando di raggiungere il grosso naso a tartufo, evitando nel contempo il mulinare della coda.

Non ci fu verso.

Mixer uscì guardingo, all’esaurirsi dell’ultimo petardo, su una lontana collina.

Osservò Milva e Ugo, reclinando il testone, e decise in quel momento che sarebbero stati loro i suoi nuovi alleati, che loro non avevano nulla a che fare con tutti quei botti e quei lampi: lui era un cucciolone di labrador nero come la pece, con la coda roteante e l’anima delle creature miti.

Quella notte lo aveva sconvolto.

Non apparteneva alla Natura come i temporali, era pazzia umana, un insostenibile flagello che gli faceva roteare la coda alla velocità turbo di un mixer.

Il signor Ugo e la signora Milva rintracciarono i proprietari di Mixer senza difficoltà.

Vivevano in una villa recintata, su un poggio con le viti a ritocchino e qualche cipresso a segnare i tratturi.

Quando il labrador vide quel cortile si innervosì: fu l’unica volta in cui i coniugi Bono gli videro la coda alta e diritta, ferma come il fucile di un corazziere.

Allora alla signora Milva venne in mente una storia di Giovannino Guareschi, in cui Don Camillo trovò un cane da caccia eccezionale e lo chiamò Fulmine “detto Ful”. Quel cane, capitato in canonica per caso, si era affezionato subito a Don Camillo, e quando si trattò di ritornare col vecchio padrone, che lo maltrattava, non ci fu verso.

Così capitò a Mixer.

Il signor Ugo vide che in quel grande cortile c’erano ancora i segni dei fuochi d’artificio, i rimasugli dei fischioni e le cannule bruciacchiate dei petardi e capì che Mixer era fuggito da lì in preda al panico e che per nulla al mondo voleva ritornare in quel luogo.

Chi ama gli animali non festeggia San Silvestro sparando.

E così, Fulmine “detto Ful”, dolce labrador nero, cambiò vita, trovò una nuova casa.

Senza bombardamenti a Capodanno.

Niente coda a roteare di paura.

Ancor oggi i miei amici lo chiamano Mixer.

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