Una stangata da 450 milioni. Se non è il carbone nella calza della Befana, sono i suoi “simili” a far piangere astigiani e piemontesi: con lo stop allo sconto sulle accise, non confermato dal nuovo governo Meloni, fare il pieno significa di nuovo mettere mano al portafoglio.
Il livello per benzina e diesel, infatti, è tornato a toccare i due euro al litro. E a incidere è la decisione del governo di reintrodurre la quota piena delle accise: 30 centesimi “secchi” in più per un litro di carburante rispetto allo scorso marzo (quando ci fu il primo taglio delle accise) e di 18 centesimi rispetto a dicembre. Secondo i calcoli di Confesercenti, “un’altra stangata da quasi mezzo miliardo di euro per le famiglie piemontesi“.
Confesercenti stima 300 euro di maggiori costi per famiglia
Secondo le stime dell’ufficio studi dell’associazione di categoria, ogni famiglia pagherà 300 euro in più nell’arco dell’anno rispetto a marzo 2022 e ogni pieno costerà 15 euro in più rispetto a 10 mesi fa. C’è poi da considerare l’effetto traino che gli aumenti provocheranno sul costo di tutti i beni di consumo e sull’inflazione, che è già a livelli preoccupanti: il ripristino delle accise piene nel 2023 avrà un impatto inflattivo dello 0,4% e costerà ai piemontesi 450 milioni di euro.
L’allarme dei benzinai: “Ma non si dovevano abbassare le tasse?”
Una situazione che non può non spaventare gli stessi addetti ai lavori, che tutti i giorni hanno a che fare con gli automobilisti in cerca di rifornimento. “Considerato che siamo ancora in piena crisi energetica – dice Enzo Nettis, presidente di Faib-Confesercenti, l’associazione dei gestori delle pompe di benzina – e che la guerra continua, c’è il rischio concreto di nuove impennate delle quotazioni sui mercati internazionali, con ulteriori aggravi per famiglie e imprese. Ma questo non doveva essere il governo della riduzione della pressione fiscale? Per ora sembra il solito giochetto di dare – forse – con una mano, ma – sicuramente – di togliere con l’altra. Invano abbiamo sperato che la riduzione delle accise, pur decisa sull’onda dell’emergenza, potesse diventare permanente e strutturale”.
Il peso (anche) sulle imprese
Le conseguenze, come accennato, non saranno poi limitate al singolo rifornimento, ma finiranno per distribuirsi a cascata su tutta la società. Comprese le attività produttive che dovranno sostenere costi maggiori per la logistica e i trasporti. “I gestori – continua Nettis – non determinano il prezzo e a loro, a prescindere dal prezzo alla pompa, vanno sempre e soltanto 3,5 centesimi lordi al litro. Insomma, con gli aumenti ci perdono tutti: i consumatori e le imprese, ma anche benzinai perché più cresce il prezzo meno prodotto si vende; già in questo inizio d’anno la riduzione dell’erogato si avvicina al 5%. Senza contare che l’aumento dal valore del transato farà schizzare anche il costo delle commissioni di bancomat e carte di credito, con cui nelle stazioni di servizio si fanno ormai 8 pagamenti su 10. A ciò si aggiunga che negli ultimi nove mesi abbiamo sostenuto l’anticipo del taglio delle accise, senza che a oggi ci sia stata riconosciuta alcuna compensazione, come abbiamo più volte chiesto”.
L’appello al governo e al ministro “piemontese”
“Ci aspettiamo – conclude Nettis – un’urgente convocazione da parte del governo, come promesso dal ministro Gilberto Pichetto Fratin: in ballo c’è il futuro della mobilità del Paese, della logistica e delle persone, oltre quello di 250 mila addetti nelle stazioni di servizio, nella raffinazione e nell’indotto del settore”.