Vista l’aria che tira appare difficile immaginare che vi saranno modifiche sostanziali allo Statuto della Regione Piemonte e, di conseguenza, alla legge elettorale, argomento che da settimane tiene impegnato il Consiglio regionale.
La maggioranza di centrodestra non appare compatta e la minoranza Pd e Movimento 5 Stelle ha annunciato che proporrà centinaia di emendamenti, attuando così una sorta di ostruzionismo.
Il mese di giugno rappresenta il termine ultimo entro il quale le modifiche devono essere approvate per poter diventare operative nella consultazione elettorale della prossima primavera.
Trattandosi di variazioni statutarie è necessaria la doppia votazione in Consiglio e una maggioranza qualificata.
Mancano i numeri per consentire l’introduzione delle figure del cosiddetto “sottosegretario” e del “consigliere supplente”, ipotesi perorata dal centrodestra come cassa di compensazione per gli esclusi, tema su cui non c’è però unità di intenti tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia e sul quale Partito Democratico e pentastellati fanno le barricate.
Le opposizioni denunciano che la giunta Cirio, con l’implementazione delle poltrone, sta alzando a dismisura i già alti costi di funzionamento della macchina regionale in un momento in cui sarebbe invece necessario stringere la cinghia.
Si parla, ad una stima approssimativa, di circa 10 milioni di euro che andrebbero a gravare sul bilancio regionale.
L’avvicinarsi della scadenza elettorale concorre a surriscaldare gli animi e le posizioni in merito ad una questione che dovrebbe coinvolgere la stragrande maggioranza dell’assise restano non solo distanti ma appaiono inconciliabili.
È verosimile ritenere che dopo qualche settimane di alterchi si arrivi alla determinazione che l’unica novità possibile è la preferenza di genere, tema su cui tutti sembrano essere d’accordo.