Il pressing e le critiche
Claudia Fusani — 4 Dicembre 2022
Contrordine compagni e compagne: l’Italia sta benino, anzi bene e anche nel 2023, se il quadro internazionale dovesse restare stabile, ancora di più se la maledetta guerra dovesse finire, farà buone perfomance. Sul Pnrr, poi, siamo in linea con gli impegni presi e stiamo facendo “un ottimo lavoro”. Parola del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e del commissario al Bilancio Paolo Gentiloni. Che sottolinea: “Diamo atto al passato governo di aver fatto bene. E diamo atto anche a questo governo di fare bene”.
È come se fossero due mondi separati, quello delle occasioni ufficiali, come quella di ieri all’auditorium della caserma della guardia di finanza per “L’evento annuale sul Pnrr in Italia” alla presenza dei tecnici-controllori arrivati da Bruxelles. E quella delle dichiarazioni a margine, magari estrapolate, sensibili alla vertigine del microfono o della telecamera. In quest’ultima si nota la tendenza ad alzare sempre i toni e le bandiere. Nella prima toni e contenuti sembrano più attinenti ai fatti. Ieri, ad esempio. Il ministro economico Giancarlo Giorgetti, che dice sempre il necessario e quasi mai fuori luogo, è stato impegnato tutto il giorno in impegni ufficiali, istituzionali, quelli dove ogni parola andrebbe pesata.
La mattina alla presenza dei tecnici della Commissione venuti da Bruxelles due giorni fa e ieri riuniti nel Salone d’onore della caserma Sante Laria della Guardia di finanza. In sala anche sindaci, presidenti di Regione e i ministri coinvolti (mezzo governo). Alle 14 in sala del Mappamondo alla Camera dove le commissioni Bilancio di Camera e Senato hanno iniziato le audizioni per la Manovra 2023.
Sul Piano nazionale di resistenza e resilienza il ministro è stato più che rassicurante mentre nelle stesse ore altri ministri – Urso, Salvini e Pichetto Fratin – mandavano altolà sui tempi di realizzazione e sulla spesa. “Centreremo certamente tutti gli obiettivi di questo semestre” ha sottolineato Giorgetti con evidente soddisfazione guardando la delegazione Ue guidata da Declan Costello. Il “nostro” Pnrr è fatto di soldi da investire, progetti da realizzare ma soprattutto riforme strutturali da realizzare. Giorgetti non sfugge neppure a questa sfida. Siamo indietro su Giustizia, Concorrenza e anche Pubblica amministrazione. Non sembra immaginabile concluderle, soprattutto le prime due così divisive anche all’interno del centrodestra, entro il 31 gennaio. Eppure Giorgetti promette, confida, rassicura. Nessuno lo ricorda così positivo.
È vero, c’è un problema di prezzi. Il ministro Pichetto Fratin ha detto che “solo per il suo ministero è già fuori di 5 miliardi di caroprezzi. ecco perché è necessario un adeguamento“. Il governo ha messo nella legge di bilancio 12 miliardi nel triennio su questa specifica voce. Su questo punto anche la Commissione è disposta a ragionare. A Bruxelles stanno arrivando più richieste e le negoziazioni sono in corso. Una decina di paesi, tra cui Spagna, Portogallo, Lussemburgo e l’Italia, hanno chiesto aggiornamenti, revisioni, integrazioni. La negoziazione è in corso. “La Commissione Ue è pronta a guardare con attenzione ad adeguamenti dei costi se necessari, su specifici progetti. Ma stiamo parlando di soltanto di investimenti. Non si può tornare indietro e ridurre l’ambizione delle riforme” ha precisato Costello. La replica di Giorgetti è stata chiara: “Dobbiamo accelerare l’attuazione del Pnrr pur in presenza di ostacoli quali il rialzo dei prezzi dei materiali con le sue inevitabili conseguenze sui costi finali delle opere pubbliche. Ma la messa a terra del Pnrr darà un forte impulso alla crescita dell’economia italiana e migliorerà la sostenibilità del debito pubblico”.
Per Giorgetti è il caso di parlare più di positivismo che di ottimismo. Il ministro, anche in audizione davanti alle Commissioni Bilancio, ha analizzato i numeri. Ecco perché non condivide “il pessimismo oggi prevalente sulle prospettive per l’economia internazionale e, in particolare, per quella italiana”. La stoccata qui era per il Fondo Monetario che vede l’Italia del 2023 con una crescita col segno meno. Giorgetti mette in fila i numeri: se anche quest’ultimo trimestre dell’anno dovesse dare zero, nel 2022 siamo cresciuti del 3,9, l’occupazione non è mai stata così alta negli ultimi tredici anni (60,6 per cento), l’indice di fiducia è in crescita, la corsa dell’inflazione ha rallentato. “Pur nelle nostre mille difficoltà – ha spiegato il ministro alle Commissioni – le disuguaglianze che sono aumentate così come i poveri, l’andamento di fondo della nostra economia continua a sorprendere in quanto a resilienza”.
Ecco perché nel 2023 è stata ridotta la crescita del Pil dallo 0,6 allo 0,3%. “Ma – assicura il ministro – se non si verificheranno nuovi shock, grazie alle misure di sostegno a imprese e famiglie e grazie anche al Pnrr, nel 2024 potremo arrivare a crescere del 2%”. Le critiche alla legge di bilancio sono note. E gli sono state tutte messe sotto il naso. Giorgetti ha fatto Giorgetti. A dimostrazione che quello che dice è più o meno genuino. Sul pos, ad esempio, la norma – sub iudice da Bruxelles perché non in linea con uno degli obiettivi del Pnrr, cioè ridurre l’evasione fisale – che consente di pagare in contanti fino a 60 euro. È rimasta nel testo della legge di bilancio. È chiaro che il ministro non fa il tifo per questa modifica. Quindi ha consigliato di “cambiare ristorante se il titolare si ostina a non usare la moneta elettronica”. Fantastico.
Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent’anni a Repubblica, nove a L’Unità.
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