È bufera sull’emendamento alla manovra, presentato da Federico Mollicone (Fdi), Rossano Sasso (Lega) e Rita Dalla Chiesa (FI) che, di fatto, chiede di cancellare il bonus cultura per i 18enni e di utilizzare i 230 milioni stanziati altre iniziative del comparto cultura.
Dopo le polemiche, la maggioranza ha fatto una parziale marcia indietro. “Non aboliamo la App 18, è una fake news“, ha detto il presidente della Commissione cultura alla Camera, Federico Mollicone, ospite di Sabato 24 su Rai News. Pur sottolineando che “verrà fatta una nuova Carta” con “criteri più trasparenti ed equi” e che la nuova tessera “potrebbe essere legata all’Isee”, il deputato della maggioranza ha però confermato che, almeno per il momento, i fondi saranno destinati ad altro, comunque inerente “alla filiera”. “L’emendamento che ho presentato – ha spiegato ancora Mollicone – è un emendamento strutturale e riguarda tutte le categorie che di fatto oggi sono beneficiarie dell’App 18: la filiera editoriale, musicale, dei concerti e dello spettacolo dal vivo. Quei soldi, circa 230 milioni di euro, verrebbero spostati sul nuovo Fus, che non si chiamerà più così, ma Fondo Nazionale per lo spettacolo”. Ci saranno quindi, dice Mollicone, “più fondi per il Tax Credit del cinema, per le sale cinematografiche e anche per la filiera del libro con l’istituzione del Fondo del libro, che, tra l’altro, era una proposta anche della precedente maggioranza, con anche fondi per i piccoli editori e le librerie di prossimità. Verrebbero poi rafforzati anche i fondi nazionali per la rievocazione storica, che sono bandi pubblici a cui partecipano le città e non sono mai sufficienti”. Insomma i soldi oggi pensati per i giovani, aiuteranno, per esempio, “i carnevali storici che insieme alle rievocazioni portano rilancio dei borghi e delle città d’arte” anche se “il fondo più importante ed oneroso sarebbe il Fondo di discontinuità, che noi dall’opposizione abbiamo comunque sostenuto, a favore di tutta la filiera artistica e di tutti i lvoratori dello spettacolo”.
Il motivo del cambio di rotta, secondo Mollicone, è la poca “trasparenza” della carta: “Oggi ci si comprano i libri di testo e questo non può avvenire perché la carta è erogata dal Ministero della cultura e i libri di testo non sono ammessi. Ma, di fatto, così è diventata un ammortizzatore sociale – ha detto a Rainews – Lo abbiamo scoperto andando a vedere nei cassetti dei dirigenti, ci sono arrivate segnalazioni dalla Corte dei conti su possibili danni erariali, della Guardia di Finanza e delle Procure che stanno indagando sull’uso fraudolento della Carta. Sarebbero già accertati 9 milioni di euro di frodi al Mic. Manca un report di vigilanza su questo, anche storico. Vuol dire che qualcuno in passato non ha vigilato, ma è una fake news che noi vogliamo cancellare la Carta”.
Le parole di Mollicone hanno sollevato l’opposizione, già sul piede di guerra dopo la notizia dell’emendamento. “Se il presidente Mollicone non vuole abolire 18 APP è una buona notizia. Se vuole capire come migliorarla noi siamo disponibili. Ma allora si cancelli l’abrogazione dal maxi emendamento e si sostituisca con un tavolo di lavoro per capire come sviluppare la nuova carta cultura”, ha scritto su Twitter Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione cultura alla Camera. Più dura Simona Malpezzi, presidente dei senatori Pd: “L’emendamento di maggioranza abroga la 18App. Capisco la difficoltà di Mollicone di difendere una scelta gravissima che punisce i ragazzi, ma negare l’evidenza è un’offesa ai giovani e al Paese. Ritirino l’emendamento altrimenti il ministro Sangiuliano dia parere contrario”.
Critico anche l’ex ministro della cultura, Dario Franceschini, che in un’intervista a La Stampa, ricordando come il bonus fosse ormai “un modello” anche all’estero ha sottolineato: “L’annuncio di una nuova carta cultura per evitare abusi? Una bugia colossale. Se il problema della maggioranza fosse stato l’applicazione del bonus, sarebbe bastato modificare le norme di attuazione o anche il nome. Invece hanno speso i fondi per altro e ora non hanno nulla per finanziare la nuova carta”. “Su 18app il governo prova a mischiare le carte ma la toppa è peggiore del buco: in realtà hanno scaricato i giovani e la cultura”, ha commentato ancora Marco Grimaldi di Alleanza Verdi-Sinistra.
Ma non solo il mondo della politica, anche il mondo del libro, dagli autori ai bibliotecari, ha chiesto alla maggioranza di ritirare l’emendamento. La richiesta è arrivata da tutte le associazioni del settore: Aie – Associazione Italiana Editori, Adei – Associazione degli Editori indipendenti, Ali – Associazione Librai Italiani, SIL – Sindacato Italiano Librai, Federcartolai Confcommercio, Aib – Associazione Italiana Biblioteche, Siae – Società Italiana degli Autori ed Editori, Slc-Cgil Sezione Nazionale Scrittori. “Da quando è stata approvata nel 2016 la 18App ha consentito a migliaia di giovani di esplorare e avvicinarsi al mondo del libro, scegliendo in piena libertà cosa leggere. Questa misura non solo ha sostenuto il mondo del libro economicamente, ma ha consentito a un Paese che tradizionalmente legge poco di fare enormi passi in avanti” hanno sottolineato Aie, Adei, Ali, Sil, Aib, Siae e Slc-Cgil dalla Fiera Più libri più liberi. “Lo certifica l’Istat: nei primi tre anni il bonus ha permesso una crescita della lettura nella fascia d’età 18-21 anni dal 46,8% al 54%. Dopo la sua approvazione in Italia, misure simili sono state adottate in molti altri Paesi europei. Sarebbe un paradosso che proprio l’Italia cancellasse adesso una misura virtuosa che in molti ci hanno copiato”, hanno concluso.
Intanto il ministro Gennaro Sangiuliano si è sfilato dalla polemica: “L’emendamento è del Parlamento – ha detto interpellato dall’AdnKronos – Ma reputo si debba fare una riflessione sulla cosiddetta App18 che così com’è mostra criticità”. Secondo il ministro la carta va “ridefinita e rinominata” affinché “questo strumento diventi realmente una modalità di consumi culturali per i giovani orientandoli alla lettura di libri, alla visita di mostre, ai corsi di lingua e alla musica”. “Penso che vada introdotta una soglia ISEE che escluda persone appartenenti a famiglie con redditi elevati – ha aggiunto – Inoltre occorre mettere a punto un vero meccanismo anti truffe, e bisogna riperimetrare gli ambiti di utilizzo a consumi davvero culturali evitando aspetti grotteschi”.
Ma cosa dice l’emendamento? La 18app, il bonus cultura che permetteva ai ragazzi di spendere 500 euro in acquisti culturali al compimento dei 18 anni viene abrogata. È previsto un incremento di fondi per il welfare dei lavoratori dello spettacolo con l’aumento dell’indennità di discontinuità che passa da “40 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022” a “40 milioni di euro per l’anno 2022 e 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023”. Previsto inoltre un “fondo per il libro”, con una dotazione di 15 milioni di euro annui, mentre 30 milioni vanno alle biblioteche dal 20124 e 2 milioni all’anno al Fondo rievocazioni storiche (dal 2019 al 2022) che diventano 5 milioni dal 2023. Il ‘Fondo unico per lo spettacolo’, il Fus diventa ‘Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo’ ed è ”incrementato di euro 40 milioni a decorrere dall’anno 2023”. Il Fondo cinema viene incrementato di 10 milioni e da 250 passa a 260 milioni. Cinque milioni l’anno vanno inoltre ai carnevali storici. E ancora, è incrementata “di 13,3 milioni di euro nel 2023 e di 11,5 milioni annui a decorrere dall’anno 2024”, la spesa per il funzionamento dei Musei statali e viene istituita la “fondazione di diritto privato denominata ‘Fondazione Vittoriano’, con compiti di gestione e valorizzazione del Complesso del Vittoriano”. Infine con l’obiettivo di “celebrare la vita, le scoperte e l’opera di Guglielmo Marconi nella ricorrenza dei centocinquanta anni dalla sua nascita, nonché di promuovere lo sviluppo di studi scientifici e di sperimentazioni nei settori delle telecomunicazioni, dell’innovazione e della creatività, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2023 e di 2 milioni di euro per l’anno 2024”.
Intanto per “salvare” la misura introdotta da Matteo Renzi e resa strutturale lo scorso anno, Italia Viva ha lanciato una petizione che ha raggiunto le 20mila firme.
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