- 18 Dicembre 2022 10:57
Ecco come la politica americana nei confronti del continente africano sta passando da un approccio che enfatizzava la collaborazione antiterrorismo (che comunque rimane) ad uno fondato sull’economia. Un estratto dell’articolo di Luca Mainoldi per Agenzia Fides
Il segretario USA al Tesoro Janet Yellen si recherà in Senegal, Zambia e Sudafrica dal 17 al 28 gennaio, afferma un comunicato reso noto il 16 dicembre, subito dopo la conclusione del Summit USA-Africa tenutosi a Washington dal 13 al 15 dicembre.
All’ U.S.-Africa Leaders Summit hanno partecipato ben 49 Capi di Stato e di governo africani, ai quali il Presidente statunitense Joe Biden ha promesso che l’Unione Africana avrà presto una propria rappresentanza ai vertici dei G20 perché – ha affermato – l’Africa “deve poter far sentire la propria voce in tutti gli ambienti che contano”. In precedenza Biden non aveva escluso un possibile seggio africano in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
L’ultimo Summit tra USA e Paesi africani risale al 2014 ai tempi dell’Amministrazione Obama che aveva lanciato alcune iniziative come il Power Africa, per potenziare le reti di produzione e distribuzione di energia elettrica in diversi Stati africani, o la Young African Leaders Initiative, volta a incoraggiare la formazione di una nuova generazione di leader africani, legati ai “valori occidentali” (un’iniziativa ripresa ora dalla Obama Foundation Leaders Africa).
La formazione di legami personali tra giovani potenziali leader di Paesi stranieri e gli Stati Uniti è una delle strategia di “soft power” di più lunga durata adottata da Washington fin dagli albori della guerra fredda. Integrata successivamente da azioni volte a sostenere attori della società civile anche con sessioni di formazione su forme di lotta non violenta.
Nel riconfermare queste progetti estendendo inoltre al 2025 l’African Growth Opportunities Act (lanciato nel 2000 che mira a facilitare le esportazioni africane negli Stati Uniti), il vertice ha visto la conclusione di accordi di cooperazione pubblica per 55 miliardi di dollari, in tre anni, e 15 miliardi di investimenti privati in vari settori che vanno dallo spazio alla sanità, dall’agricoltura ai trasporti, dalle nuove tecnologie alla sicurezza alimentare. A margine del Summit tra l’altro due Paesi africani, Ruanda e Nigeria, hanno aderito agli Artemis Accords, volti all’esplorazione e allo sfruttamento delle risorse lunari e di altri corpi celesti.
La rinnovata attenzione di Washington verso l’Africa va di pari passo con quella delle altre potenze nei confronti del continente in piena crescita demografica e ricco di risorse minerarie, come ad esempio il cobalto, indispensabili alla transizione energetica. Il voto degli oltre 50 Stati africani inoltre è importante nel seno degli organismi ONU. Vertici simili sono organizzati con una certa frequenza da Cina (il primo partner commerciale del continente), Russia, Francia, Unione Europea, Giappone, Turchia e Corea del Sud.
(Estratto dall’articolo pubblicato su Agenzia Fides, qui la versione integrale)
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