Domenica 15 gennaio si aprirà il denso programma della commemorazione dell’80° anniversario del sacrificio degli Alpini della Divisione Cuneense a Nowo Postojalowka, sul fronte del Don, nel gennaio del 1943.
Mondovì sarà al centro di una serie di eventi e cerimonie organizzati dalla Sezione dell’Associazione Nazionale Alpini che si svolgeranno in città dal 19 al 22, con un prologo fuori programma domenica 15 alle 20.30, presso la Chiesa del Cuore Immacolato di Maria: l’omaggio in musica e parole della Fanfara della Brigata Alpina Taurinense diretta dal luogotenente Marco Calandri, che insieme all’attore Luca Occelli darà vita a una serata dedicata alla memoria della Cuneense, che nel gennaio del 1943 combatté una furiosa e sanguinosa battaglia, perdendo oltre 15mila alpini e meritandosi l’appellativo di divisione “martire”.
I brani della Fanfara si intrecceranno con testi tratti dalle opere di Nuto Revelli, Mario Rigoni Stern, Giulio Bedeschi ed Egisto Corradi, reduci e protagonisti del drammatico ripiegamento del Corpo d’Armata Alpino, avvenuto in uno degli inverni più rigidi della storia.
La serata è a ingresso libero ed è stata organizzata dal Comune di Mondovì insieme all’Associazione Nazionale Alpini, con un risvolto benefico: saranno raccolte offerte libere che verranno destinate a un’iniziativa solidale del Comune.
La Brigata Alpina Taurinense, comandata dal generale Nicola Piasente ed erede delle tradizioni e della storia della Cuneense, sarà inoltre presente alla cerimonia solenne di domenica 22 in piazza della Repubblica con la Fanfara e una rappresentanza in armi, e soprattutto con le Bandiere di Guerra del 2° Reggimento Alpini e del 1° Reparto Comando e Supporti Tattici Alpini, entrambe decorate di Medaglia d’Oro al Valor Militare per il comportamento eroico tenuto in quelle giornate del 1943, al pari del 4° Artiglieria Alpina.
DAI BRANI DELLA SERATA
Gli alpini della Cuneense giungono a Nowo Postojalowka il 19 e il 20 gennaio del 1943, dopo giorni di marce nella tormenta e aspri combattimenti con l’Armata Rossa. Nowo Postojalowka, un piccolo villaggio di poche isbe, è il teatro di una “sanguinosa, disperata battaglia che durò, pressoché ininterrotta, per più di trenta ore ed in cui rifulse il sovrumano e sfortunato valore dei battaglioni e dei gruppi della Julia e della Cuneense, che ne uscirono poco meno che distrutti (…), la più dura, lunga e cruenta fra le molte sostenute dagli alpini, sia in linea sia nel corso del ripiegamento.”, come avrebbe scritto Emilio Faldella, nella sua monumentale Storia delle Truppe Alpine. La battaglia inizia verso mezzogiorno del 19 gennaio, quando la colonna dell’8º Reggimento alpini della Julia si trova la marcia sbarrata da ingenti truppe russe, asserragliate a Nowo Postojalowka, località situata sulla pista che le divisioni alpine in ritirata dovevano percorrere. I battaglioni della Julia partono all’attacco, ma vengono sempre respinti dai sovietici, che poi contrattaccano con i carri armati. Nella notte arriva la colonna del 1º alpini della Cuneense e prima dell’alba il Battaglione Ceva affronta coraggiosamente il fuoco delle artiglierie e il contrattacco dei carri armati nemici. Successivamente arrivano i resti del 2° alpini e del 4° artiglieria alpina della Cuneense. I comandanti delle due divisioni, i generali Emilio Battisti per la Cuneense e Umberto Ricagno della Julia, entrambi rimasti insieme ai loro alpini, decidono di procedere all’attacco della postazione avversaria con tutte le forze disponibili. Le offensive degli alpini per spezzare l’assedio continuano disperatamente per tutta la giornata, ma sono respinte dai cannoni e dalle mitragliatrici russe posizionate fra le case del villaggio, senza contare le incursioni dei carri. Durante i combattimenti cadono eroicamente migliaia di alpini. Tra loro il colonnello Luigi Manfredi, comandante del 1° Alpini, e con lui il maggiore Mario Trovato e il tenente colonnello Giuseppe Avenanti, comandanti dei battaglioni Ceva e Mondovì, tutti alla testa dei loro soldati. I pochi sopravvissuti vengono catturati dai russi. Il generale Battisti e il generale Ricagno faranno ritorno a casa solo nel 1950. Centinaia e centinaia di alpini moriranno di stenti nei campi di prigionia.
C. S.