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Nel dolore della croce la radice della nostra speranza

PENSIERO PER DOMENICA – LE PALME-PASSIONE DEL SIGNORE – 2 APRILE

La domenica delle Palme celebra il trionfo umano di Gesù e la sua umiliazione in croce. Il primo momento, di solito celebrato fuori della chiesa, ricorda l’ingresso in Gerusalemme, insieme ai suoi discepoli, con l’accoglienza trionfale, non da parte di tutta la città, ma di un gruppo di pellegrini della Galilea. Poi, entrati in chiesa, deposti i rami di ulivo, si entra nel clima della passione.

Il racconto della passione è l’inizio del Vangelo. Non c’è bisogno di fantasia per immaginare cos’è successo. Dopo la sepoltura di Gesù le donne e i discepoli che avevano avuto il “coraggio di metterci la faccia” per questo rito pietoso si ritrovano in una casa a Gerusalemme, forse là dove avevano celebrato l’ultima Cena. La loro è una scelta forzata: di sabato non potevano mettersi in viaggio per tornare alle loro case, troppo distanti. Trascorrono l’intero giorno – quello che per noi è il Sabato santo – ricordando, o meglio ricostruendo gli ultimi avvenimenti, come si fa quando muore una persona cara. Il ricordo è fresco e le ferite dell’anima sono aperte. Ecco perché il racconto della passione (Mt 26,14-27,66) è il più dettagliato, il più ricco di particolari e il più coinvolgente.

Nel dolore della croce la radice della nostra speranza
Processo a Gesù e crocifissione, miniatura dell’XI secolo, Monaco Bayerische Staatsbibliothek.

Per un intero giorno i discepoli si sono confrontati con il mistero del dolore e della morte, senza il conforto consolatorio della risurrezione. Hanno condiviso il dramma di Gesù, la sua umanissima ribellione di fronte al dolore. Hanno paura di finire come lui! Gesù non è stato un eroe stoico, non è andato incontro alla morte serenamente come Socrate. Gesù ha avuto paura, si è ribellato di fronte al fallimento della sua missione. L’immagine del dramma che stava vivendo è la preghiera “faccia a terra”: un gesto non abituale per l’ebreo che pregava in piedi, al cospetto di Dio. Per Gesù l’accettazione del dolore è stato il vertice dell’umanità. Per questo, dopo la sua morte, nel dolore umano rimane qualcosa di misterioso, di divino.

Il senso di questi eventi la comunità cristiana l’ha capito dopo, poco a poco. Una delle espressioni più alte è l’inno della lettera ai Filippesi (2,6-11) che la liturgia ci propone come seconda lettura. In pochi versetti è sintetizzata la fede di questa comunità, ispirata da Paolo. La vicenda di Gesù viene letta secondo lo schema ascensionale di umiliazione-esaltazione. Dopo che Gesù ha toccato il fondo del dolore, sperimentando il fallimento totale, grazie all’intervento di Dio, le sorti si rovesciano. Ecco la radice della nostra speranza. Ecco il primo annuncio della Pasqua che celebreremo la prossima settimana.

Lidia e Battista Galvagno

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