Anche a Bra si piange la morte del cardinale Severino Poletto, arcivescovo emerito di Torino, morto sabato 17 dicembre nella casa di Testona, a Moncalieri.
Avrebbe compiuto 90 anni il prossimo 18 marzo. Ha guidato l’arcidiocesi di Torino dal 1999 per 11 anni, quando gli è succeduto monsignor Cesare Nosiglia.
Il clero e le autorità civili di Bra, insieme ai fedeli, ricordano con ammirazione e gratitudine il lungo ministero episcopale del cardinale Poletto, avendo a memoria anche la sua viva partecipazione alle celebrazioni della Madonna dei Fiori e dell’Addolorata. Sempre vicino al suo popolo. Ha servito la Chiesa con dedizione e umiltà, con fede e spirito di dialogo. Lascia un segno indelebile in coloro che sono stati suoi collaboratori, così anche in tutta l’arcidiocesi che lo ha avuto come pastore.
Originario di Salgareda (Treviso), Severino Poletto aveva seguito la sua famiglia, emigrata in Piemonte nel 1952 in cerca di lavoro. Ultimo di 11 figli (di cui due morti in tenera età), dopo aver iniziato gli studi seminaristici a Treviso, era passato al Seminario Maggiore di Casale Monferrato.
Ricevuta l’Ordinazione presbiterale per la diocesi di Casale Monferrato dal vescovo, monsignor Giuseppe Angrisani, il 29 giugno 1957, fu inviato come viceparroco a Montemagno (Asti), prima di far ritorno a Casale come parroco a Oltreponte. Sempre molto attento ai problemi sociali e del mondo del lavoro, per qualche tempo si impiegò anche part time in una fabbrica.
La ‘stagione episcopale’ comincia nel 1980: a 47 anni monsignor Poletto è nominato da papa Giovanni Paolo II (3 aprile) Vescovo Coadiutore di monsignor Giovanni Dadone, vescovo di Fossano. Il 29 ottobre dello stesso anno, per coadiutoria, diventa vescovo di Fossano.
Per 10 anni monsignor Poletto è stato segretario della Conferenza episcopale piemontese. Il 16 marzo 1989 gli fu affidata la diocesi di Asti. Nel giugno del 1999 il trasferimento a Torino deciso dal Papa per succedere al cardinal Giovanni Saldarini.
A Torino molti lo ricordano per la sua vicinanza alla gente e per aver combattuto grandi sfide sociali come “prete operaio”. Fu lui a promuovere la nascita del Santo Volto, nata da una fabbrica trasformata in tempio con la ciminiera per campanile.
Monsignor Poletto sarà ricordato nel Rosario che avrà luogo mercoledì 21 dicembre, alle ore 17.30 nella Basilica della Beata Vergine della Consolata in Torino. La Liturgia esequiale sarà celebrata giovedì 22 dicembre, alle ore 15, nella Basilica Cattedrale metropolitana di San Giovanni Battista. La tumulazione, per sua volontà, avverrà nella Basilica della Beata Vergine della Consolata in Torino.
Così monsignor Roberto Repole: “Come accade con ogni persona cara che ci lascia, di fronte alla morte ci ritroviamo un po’ più soli. Ancora di più quando ad andarsene è un pastore: cioè una persona che ha speso la vita nel dedicarsi all’annuncio del Vangelo e alla edificazione della comunità dei credenti in Cristo. Salutiamo il cardinale Poletto con riconoscenza per il suo servizio alle Chiese del Piemonte e alla Chiesa universale; lo affidiamo nella preghiera al Signore con il rispetto che ha saputo guadagnarsi, nella sua Chiesa e nella società intera, mettendosi a servizio del bene comune, proprio nei momenti più difficili per la vita della nostra Torino.
Vogliamo conservare il suo ricordo con tutto il nostro affetto: l’affetto che abbiamo avuto per lui durante la sua vita, incontrandolo come pastore e padre, sempre disponibile a soccorrere ai bisogni dei suoi figli. E vogliamo soprattutto rimettere, ancora una volta, la nostra fiducia nel Signore risorto, nel quale egli ha fermamente creduto e sperato”.
La notizia della sua scomparsa ha colpito molto anche il mondo del giornalismo locale che ha nell’autorevole voce di Gian Mario Ricciardi, già direttore della TGR Rai del Piemonte, l’espressione più commossa.
“L’ho ancora sentito poche settimane fa: la voce flebile, il respiro lieve, lucidissimo. Come Ballestrero e Saldarini, il cardinal Severino Poletto ha vissuto ‘pericolosamente’ al microfono tra radio, tv e giornali, sempre chiaro, anche troppo. Lo ricordo il giorno dell’addio alla guida della diocesi, davanti all’altare principale della Consolata. Era provato, come chiunque lascia, ma con due anni in più regalati dal Papa. disse: “So contare, come si legge nel salmo, i giorni e i mesi”. Usciva così, con semplicità ed eleganza, dalle luci della ribalta della Chiesa di Torino che ha guidato con fermezza, rigore, errori forse, ma con una grande fede”.Arcivescovo di Torino dal 5 settembre 1999, l’episcopato di Poletto è stato segnato, fin dall’inizio, dalla grave crisi che colpì la Fiat e, di conseguenza, l’intero indotto automobilistico. Presiedette in Duomo le esequie del senatore Giovanni Agnelli (26 gennaio 2003), ricordandone l’impegno personale e l’attaccamento a Torino. Tutti capitoli che Ricciardi ha vissuto in prima linea: “Sulla grande crisi della Fiat disse: ‘Penso sia finita, verrà spezzettata’. Eravamo nel seminario dietro la Gran Madre. Si sbagliava. Arrivò Sergio Marchionne. La mattina della morte dell’Avvocato Giovanni Agnelli, nella hall dell’Albergo Santo Stefano, vicino alle porte Palatine: “Sì, l’Avvocato ha chiesto di confessarsi e l’ha fatto”. La famiglia non fu contenta della sua rivelazione”.L’arcivescovo Severino cardinal Poletto e la sua Torino è un quadro che Gian Mario Ricciardi ci restituisce pieno di umanità: “C’erano, soprattutto nelle strade della periferia, i primi cortei di protesta per gli immigrati. Quelli erano gli anni in cui i disperati dormivano sotto stracci di nylon al Valentino e sotto il Monte dei Cappuccini. La mano della Chiesa, tesa ai poveri, è cominciata allora con don Sergio Baravalle, Pierliuigi Dovis, don Fredo Olivero. La rete sociale ha mosso i primi passi allora. I grandi della politica li ha chiamati lui, per primo, in vescovado: industriali, banchieri, presidenti delle fondazioni CRT e della compagnia San Paolo per capire il futuro e convogliare le donazioni. Penso alla prima intervista, su una sedia nel corridoio dell’episcopio ad Asti, e alla sua Fossano”.Poletto venne creato cardinale da Giovanni Paolo II il 24 febbraio 2001, contemporaneamente all’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, oggi papa Francesco. Della sua attività pastorale si ricorda soprattutto il grande piano di ‘missioni’ che coinvolse tutta la diocesi in un percorso pluriennale, concluso dalla ‘Redditio Fidei’ a Roma, di fronte a papa Benedetto XVI.
Ma chi era e com’era veramente il cardinale Poletto? La risposta non è scontata, come si capisce dalle parole di Ricciardi: “Qualcuno, sbagliando, l’ha chiamato ‘principe’. Non era così. Era ieratico, fermo, a volte anche urticante, ma vero. I suoi sacerdoti non li ha mai lasciati soli. Alle accuse che venivano fatte loro di essere di destra o di sinistra mi rispose: ‘Facciano i preti’. Eccolo, radioso, in una parrocchia del centro città, il giorno prima dell’ultimo conclave. Era molto legato a papa Francesco che, mi confidò, gli telefonava spesso”.Il cardinale Poletto fu anche appassionato Custode della Sindone: guidò le due ostensioni del 2000 e del 2010, dove intervenne come pellegrino papa Benedetto XVI. Al cardinale si deve la decisione di realizzare lo straordinario lavoro di restauro del Telo, che ha permesso di ‘ripulire’ la Sindone da materiali accumulatisi negli ultimi secoli, dopo l’incendio di Chambèry del 1532 e che offre oggi un’immagine più chiara dell’icona.
Prosegue Ricciardi: “Lo ricordo in centinaia di interviste: per le ostensioni della Sindone, che ha voluto con i Papi, in alcuni momenti tristi della vita della Chiesa (‘Sono in Croce da settimane’, agosto 2007), per la difesa dei posti di lavoro, quando più volte ha convocato gli Agnelli per capire il futuro della Fiat e di Mirafiori, per le scuole cattoliche e le congregazioni religiose, per le fughe in avanti o indietro di alcuni sacerdoti”.Nel dicembre 2007 Poletto fu tra i primi ad accorrere presso i familiari degli operai morti e feriti nel tragico rogo della ThyssenKrupp, in corso Regina a Torino. “Nei giorni del calvario della Thyssen, è stato in tutti gli ospedali (‘Sai, purtroppo moriranno tutti’) e si è commosso. Sì, lui, apparentemente così roccioso, piangeva. Come ha fatto quando, improvvisamente, è morta una suora che lo ha sempre seguito, come un’altra volta a Cuneo ha salutato suor Rosa, missionaria, come quel giorno nell’ospedale di Fossano con mia madre morente, come nei troppi funerali di Stato degli anni bui di piombo. Ha seguito, passo dopo passo, la grande metamorfosi di una città difficile, Torino, laboratorio della politica e della società italiana”.La Lettera pastorale ‘Costruire insieme’ (2001) è la sintesi e il programma del lavoro di Poletto, che Ricciardi ha seguito e raccontato in tanti servizi per la Rai: “Non gradiva i giornalisti, ma li amava sempre di più del cardinal Ballestrero. Ha avuto su di sé la grande e provvidenziale eredità spirituale del cardinal Michele Pellegrino che ha cercato di ‘far proseguire’ subito tentando di passare dalla ‘Camminare insieme’ alla ‘Costruire insieme’. Era un grande predicatore. Prima dell’ultima ostensione, mi disse: ‘Vedi, ho scritto 12 omelie’. Non ne lesse una; parlò sempre a braccio con invidiabile lucidità”.Negli anni del suo ministero, il cardinale Poletto è stato un apostolo del dialogo. “Sì, sapeva ascoltare – conclude Gian Mario Ricciardi -. Lo faceva al telefono con tanti: preti, sociologi, politici, giornalisti, ma poi decideva lui. E, a volte, ha anche operato scelte non condivise da molti, ma lo ha fatto sempre con cuore sincero, come quando, dopo l’intervista, chiedeva: ‘Va bene? Altrimenti la rifacciamo’. Negli anni a Testona, nella casa della parrocchia, ha continuato ad accogliere tante persone, preti, laici, studiosi, affiancandosi, con discrezione e con lealtà, al suo successore, l’arcivescovo Cesare Nosiglia. Ricordo i colloqui, lunghi, precisi, sempre accompagnati dalla preghiera nella sua piccola cappella che aveva voluto, come a Fossano e ad Asti. È stato un vescovo con tutte le nostre debolezze, ma con la missione nel cuore ed una grande fede. Buon viaggio, eminenza!”.