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Il capitale della Fed è diventato negativo | Piccole Note

Targa della Federal Reserve Tempo di lettura: 4 minuti

“Il nuovo rapporto della Federal Reserve nel suo bilancio mostra che nei circa sei mesi terminati il ​​29 marzo ha accumulato 44 miliardi di dollari di perdite operative totali. Ciò supera il suo capitale di 42 miliardi di dollari, quindi il capitale del Federal Reserve System è diventato negativo per l’ammontare di 2 miliardi di dollari, giusto in tempo per il primo aprile”. Questo fantastico pesce di aprile, purtroppo tragicamente vero, è evidenziato da Alex J. Pollock in un articolo scritto per il Mises Institute.

“Questa situazione – prosegue Pollok – avrebbe certamente sorpreso generazioni di presidenti, governatori e, avremmo pensato, giornalisti che si occupano della Fed. Il capitale della Fed continuerà a diventare sempre più negativo ad aprile e per molto tempo a venire, almeno se i tassi di interesse rimarranno al livello attuale. La Fed nel primo trimestre del 2023 ha riportato perdite al ritmo di 8,7 miliardi di dollari al mese. Su base annua si tratterebbe di una perdita di oltre 100 miliardi di dollari”.

“[…] Per vedere il capitale negativo dal rapporto settimanale della Fed ‘H.4.1’, bisogna fare altro dalla semplice aritmetica del primo paragrafo. Il bilancio della Fed afferma che il suo capitale è di 42 miliardi di dollari, ma in violazione del principio contabile più ovvio (dal quale opportunamente si esclude), la Fed non sottrae le sue perdite operative dal suo capitale come utili non distribuiti negativi”.

“Invece, riporta le perdite come una passività negativa opaca, il cui saldo si trova nella Sezione 6 del rapporto dal titolo ‘Rimesse di utili dovute al Tesoro degli Stati Uniti’. Si tratta semplicemente di utili non distribuiti negativi: per avere la risposta giusta basta sottrarli al capitale dichiarato”.

Il pifferaio magico che ha portato il sistema sull’orlo del baratro

“Sebbene la Fed e i suoi difensori affermino che il suo capitale negativo e le sue perdite non hanno importanza per una banca centrale, ciò però significa che essa è diventata un freno fiscale per il Tesoro americano e un costo per i contribuenti invece di un organismo che contribuisce ai profitti degli stessi, come, tanto per la cronaca, è avvenuto per più di un secolo. La situazione è certamente sconveniente per quella che si suppone sia la più grande banca centrale del mondo”.

La parabola discendente della Fed, che ora la vede sottozero, secondo Pollok, ha inizio “nell’era post-1971 del denaro fiat nixoniano, nel quale il dollaro ha uno status indefinito e non è collegato all’oro o all’argento”. Ma questa è storia, quella attuale è cronaca e cronaca nera.

Segue una spiegazione articolata e tecnica di come, secondo Pollok, si è giunti a questa situazione, che rende la Fed a rischio in modalità analoga a quella “della Silicon Valley Bank”, da poco collassata. Ovviamente si tratta di situazioni diverse, data la rilevanza e la tutela riservata alla Fed, ma la comparazione non tranquillizza.

La Fed sapeva di correre rischi nell’intraprendere certe strade, ma “sembra che non si aspettava l’enorme entità delle perdite che ne sono derivate. Come mi disse molto tempo fa un vecchio banchiere, ‘Il rischio è il prezzo che non avresti mai pensato di dover pagare’”.

Questa la conclusione dell’articolo: con le sue iniziative a rischio sui tassi di interesse, la Fed ha svolto il ruolo del “pifferaio magico che ha portato il sistema bancario nel suo insieme in una posizione di rischio simile”.

“Un recente documento del National Bureau of Economic Research […] stima l’attuale perdita mark to market (1) del sistema bancario a 2 trilioni di dollari”.

“Tutte le banche messe assieme [banche Usa ndr] hanno un capitale di circa 1,8 trilioni di dollari. Quindi, utilizzando le articolate stime NBER, sembra che su base mark-to-market, dovremmo avere un sistema bancario con un capitale vicino allo zero, oltre a una banca centrale con capitale negativo. Cosa ha combinato la Fed?”.

La lettera della Jp Morgan Chase

Questa la situazione, non ottimale (eufemismo), dell’Istituto finanziario chiamato a tutelare un sistema finanziario sul quale si addensano “nuvole oscure”, come evidenzia la consueta lettera annuale indirizzata agli azionisti della JP Morgan Chase redatta dal Ceo della stessa, Jamie Dimon. Una lettera rilevante perché l’Istituto è una delle “Big Four” Usa, forse la più importante delle stesse.

“I fallimenti di SVB [Silicon Valley Bank ndr] e Credit Suisse – scrive Dimon – hanno modificato in modo significativo le aspettative del mercato, i prezzi delle obbligazioni si sono ripresi drasticamente, il mercato azionario è in ribasso e le probabilità di una recessione del mercato sono aumentate. E anche se ciò non è come il 2008 [anno dell’ultima crisi], non è chiaro quando finirà la crisi attuale”.

Non solo l’incertezza finanziaria. La guerra ucraina e i cambiamenti geopolitici in atto producono ulteriore incertezza e rischi connessi.

Tanto che un paragrafo della missiva titola: “Questo potrebbe essere un cambiamento epocale irripetibile, con effetti materiali”. Così inizia il paragrafo:
“Certo, c’è sempre incertezza. Sono spesso frustrato quando le persone parlano dell’incertezza di oggi come se fosse diversa da quella di ieri. Tuttavia, in questo caso, credo che sia davvero così”.

“Una geopolitica meno prevedibile, in generale, e un complesso aggiustamento delle relazioni con la Cina stanno probabilmente portando a maggiori spese militari e a un riallineamento delle alleanze economiche e militari globali”.

“L’aumento della spesa fiscale, l’aumento del debito rispetto al prodotto interno lordo (PIL), l’aumento della spesa per gli investimenti in generale (compresa la spesa per il clima), l’aumento dei costi energetici e l’effetto inflazionistico degli aggiustamenti commerciali mi portano a credere che potremmo essere passati da un eccesso di risparmio a una scarsità di capitale e potremmo essere diretti verso un’inflazione più elevata e tassi di interesse più elevati rispetto all’immediato passato”.

In sostanza, potremmo passare, come ho letto da qualche parte, da un circolo virtuoso a un circolo vizioso“.

(1) Dalla Treccani: “Espressione gergale inglese utilizzata per identificare la regola contabile che valuta attività e passività di un’impresa o di un intermediario finanziario al prezzo di mercato”.

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