È ancora tutto fresco, da rielaborare, come avviene nei cambiamenti radicali. Giuseppe Fasolis, primario di Urologia e direttore del Dipartimento di Chirurgia dell’Ospedale di Verduno, è andato in pensione. Un’avventura con il territorio che era iniziata nell’ospedale “San Lazzaro” di Alba, il 1° dicembre 1997.
Come si sente a dover iniziare la pensione?
“Non posso dire di essere totalmente felice, si chiude una pagina fondamentale della mia vita e se ne aprono delle altre dell’ultima fase. C’è un po’ di paura e mi mancheranno tante cose, la routine, il rapporto con i pazienti, una certa dose di adrenalina e l’idea di poter partecipare alla risoluzione della sofferenza dei malati, ma contemporaneamente si apre un nuovo libro tutto da scrivere, avrò modo di riorganizzare il mio tempo”.A cosa dedicherà la sua energia, ora?
“Sicuramente a me stesso, a 70 anni non si possono tenere più certi ritmi, e poi avevo superato da un po’ di tempo i 40 anni di servizio, ma l’emergenza Covid mi aveva permesso di continuare. Ora è tempo di dedicarsi alla famiglia, di fare il nonno e anche di coltivare le mie passioni sportive, come il tennis e lo sci”.Cosa si porta dietro da questi 26 anni?
“L’idea di aver costruito qualcosa grazie al gioco di squadra, all’aiuto di tutti. Il nostro Centro di urologia è diventato un’eccellenza da diversi punti di vista e in differenti specialità. Non per merito del singolo, ma di un corpo unico, di una vera e propria squadra. Le forze sono quelle della struttura che ti ospita e quindi delle valenze professionali delle varie direzioni che mi hanno accompagnato e guidato insieme alla professionalità del personale infermieristico e medico al quale devo un grazie sincero”. Non è facile mantenersi su certi standard.
“Bisogna poter contare sugli strumenti adeguati e sull’idea di progettualità. In quest’ambito devo ringraziare la Fondazione Ospedale Alba-Bra Onlus, che ci ha permesso di rimanere competitivi in un momento in cui la tecnologia sta diventando fondamentale e si rischia di essere tagliati fuori. Noi siamo sempre riusciti ad alzare l’asticella”.Durante l’inaugurazione del nuovo auditorium dell’Ospedale è stato premiato con una targa.
“Un momento molto emozionante, non me l’aspettavo proprio e ho dovuto improvvisare un piccolo discorso”.
[La premiazione da parte della Fondazione Ospedale Alba Bra]Se le chiedessi su due piedi un ricordo indelebile?
“Ce ne sono centinaia che si sommano, ma ho dentro di me tanti sorrisi, quelli dei pazienti che vengono dimessi dopo la malattia o quelli delle persone che abbiamo salvato con interventi urgenti. Ricordo un ragazzo di 22 anni, che era stato travolto da un muretto. Era arrivato in Pronto Soccorso in fin di vita, con danni al bacino, alla prostata e alla vescica. Lo abbiamo salvato con un intervento ricostruttivo di diverse ore: a distanza di anni sta bene e ha recuperato tutte le funzionalità”.Ai giovani medici cosa si sentirebbe di consigliare?
“Innanzitutto, di essere preparati scientificamente e tecnicamente. Teoria e pratica devono andare di pari passo. Devono imparare il gioco di squadra, la condivisione, e soprattutto a mettere al centro il malato e non la malattia”.