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In provincia di Cuneo non abbiamo ancora il turismo “promosso dalle persone”

Mia moglie ed io l’abbiamo sperimentato nel giro di poche ore: in provincia di Cuneo non abbiamo ancora il turismo “promosso dalle persone”.

Primo caso. Stiamo cercando la Chiesa di San Francesco a Santa Vittoria d’Alba, bellissimo oratorio/ confraternita del 1200. Salendo in paese incontriamo un signore di mezz’età, ha l’aria di essere del posto, sta entrando in un cortile.

Chiediamo indicazioni. Della chiesa di San Francesco non sa nulla, non ha la più pallida idea di dove sia, ci indica la parrocchiale. Ci suggerisce:Nella piazza, lassù, c’è l’ufficio dei vigili, chiedete lì”.

Troviamo ugualmente l’edificio, senza chiedere ai vigili, ma siamo stupiti. Santa Vittoria non è Parigi: possibile non sapesse dell’esistenza di un’antica chiesa piuttosto conosciuta?

A Mondovì Piazza ci imbattiamo in un gruppetto di giovani a cui chiedo dove si trovi palazzo Fauzone. Lo so benissimo, ma è una prova. Si guardano l’un l’altro smarriti. Specifico che è la sede del Museo della Ceramica. Una ragazza ha un’illuminazione: “Dev’essere nella piazza grande, lassù!”Piazza Maggiore?“, domando io. “Non so come si chiami, vada da lì, ci arriva”.

Ci arrivo, con un attimo di scoramento. 

Anche gli addetti ai lavori non aiutano 

Terzo caso. Siamo con amici, telefoniamo ad un ristorante della nostra zona per prenotare un tavolo per quattro persone a cena, la domenica.

“Stasera siamo chiusi, ci dispiace”. Alternative suggerite? Nessuna.

Possibile che fra ristoratori non può esserci un mutuo accordo, a rotazione, con la quale si può aiutare il cliente/turista con una risposta più efficiente come: “Siamo chiusi, ma può prenotare dai miei colleghi X oppure da Y”.

In tal modo la volta prossima, sapendo che la domenica quel ristorante è chiuso, prenoteremo il sabato, anche perché ci ricorderemo per sempre del fatto di averci dato una soluzione in quel frangente.

Possibile che piuttosto di indicare un’alternativa, prevalga la paura di perdere il cliente a vantaggio di un concorrente? Il risultato paradossale è di perderlo definitivamente.

Non sono episodi isolati.

In generale c’è poca consapevolezza che le attività di accoglienza turistica portano benefici a tutti, a cascata, quasi per osmosi, ma si deve funzionare in sinergia. 

Cercasi “Ciceroni” fra le persone 

Nessuno pretende che del luogo dove si abita, si conoscano la morfologia, la storia nei secoli, gli stili degli edifici artistici, l’ubicazione o indirizzo di tutti i posti dove si può dormire o mangiare.

Nessuno pretende che chiunque sia informato su cosa sono e cosa fanno le varie ATL, i Consorzi Turistici, la Agenzie, i parchi, i musei o gli innumerevoli canali che convogliano e attirano i turisti nella nostra provincia. Però, fino a quando chi vive in un paese, come in una cittadina, non è in grado di dare le informazioni di base al semplice passante, non avremo un territorio davvero pronto al turismo di qualità e magari anche inclusivo.

Perché il turismo qualitativo abbisogna di una rete, una catena in cui tutti gli anelli devono fare la loro parte.

In Langa, come nelle nostre splendide vallate, nel Roero, come nelle località turistiche più appetibili del cuneese, il visitatore deve aver la sensazione di trovare informazioni utili da qualsiasi passante, entrando in un supermercato o approcciando le persone ai tavolini di un bar.

I primi “ciceroni” in grado di raccontare le bellezze del proprio paese, sono gli abitanti stessi, che però devono impararle. Pensiamoci: quando la dritta sulla spiaggia più carina ce l’ha data un pescatore sul lungomare, che ha posato la canna e ci ha spiegato per filo e per segno dove passare, dove posteggiare, il fatto che quella cala un tempo era luogo infestato da pirati, eccetera eccetera … lo abbiamo dimenticato? No. 

La proposta ai sindaci 

Da qui una proposta ai sindaci.

Perché non organizzare dei corsi, qualche lezione serale, invitando i cittadini a imparare le caratteristiche peculiari del proprio territorio, magari allargando lo sguardo su tutta la provincia?

Affinché possa succedere che un albese sia in grado di indicare con precisione dove si trova Staffarda e ciò che può regalare la sua visita, e un cuneese non sia così smarrito se gli si chiede dove si trovi San Benedetto Belbo, o il castello di Prunetto.

Affinché si tramandino le tradizioni di un tempo, le storie dei luoghi, le curiosità, le leggende, perché le si sa e le si racconta.

Per i sindaci non sarebbe difficile trovare le persone giuste, magari ex insegnanti appassionati del loro paese, che metterebbero a disposizione volentieri le proprie conoscenze.

Insomma, una strada sensata è proprio la formazione gratuita a vantaggio di tutti, perché solo se “si fa rete” si cresce.

Solo se si è convinti che da soli il viaggio è corto e prima o poi ci si ferma, si può ipotizzare di avere nella nostra provincia, dei flussi di turisti, italiani e stranieri, in qualsiasi stagione, con ricadute a pioggia sulle attività di base. Ricordiamoci che le potenzialità ci sono.

Quando un americano vede lo skyline delle Alpi Marittime arrivando a Cuneo dalla piana o il panorama sulle Langhe dal Belvedere di La Morra, o il Monviso al tramonto, vede qualcosa che non scorderà più.

Noi ci siamo semplicemente abituati.

Conoscere la propria terra è utile a tutti

La conoscenza della propria terra, non è un’attività di apprendimento riservata solo alle giovani generazioni e da delegare alle scuole, che fanno già il possibile con i ragazzi.

La realtà è che molte persone adulte non conoscono abbastanza il luogo dove vivono.

Non hanno avuto tempo o possibilità. Tuttavia possono rimediare facilmente, se aiutate a colmare le lacune.

Se ne avranno la possibilità, se la comunità le inviterà a incuriosirsi e le farà sentire partecipi di un progetto, se quel monumento che vedono tutti i giorni, quella fontana, quel bricco, quel bosco saranno una storia da raccontare, scopriranno di essere fortunate, la racconteranno con passione e dissemineranno cultura.

Il turista non lo scorderà mai.

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