di Marcello Veneziani
Intervista per La Stampa del 5 aprile 2023 a cura di Mirella Serri
Parliamo della tradizione: la sinistra la sta troppo abbandonando e la destra come sempre è votata alla conservazione? La destra sta rubando il concetto di tradizione alla sinistra?
Se c’è un fondamento della destra è la tradizione, come l’idea del progresso è alle origini della sinistra. Poi ci possono essere commistioni e si può sostenere che non c’è progresso senza tradizione, o all’opposto che la tradizione, intesa come senso della continuità, fluidità del trasmettere, non esclude affatto progressi (e regressi). Non vedo furti…
Il pensiero progressista quali baluardi deve erigere, cosa deve difendere per non farsi sottrarre dalla destra il rapporto con la nostra storia e la nostra tradizione?
L’atto preliminare per entrambe è riprendere un rapporto attivo con la storia, non fermandosi a una fetta di passato recente, il fascismo e l’antifascismo, il comunismo e l’anticomunismo. Ma rifare i conti con la memoria storica e con le nostre origini.
Sulla lingua, secondo la destra, dovremmo tornare a chiamare il cocktail polibibita o bevanda arlecchino? Addio al made in Italy e al bar? Non stiamo esagerando con la difesa a oltranza della lingua italiana?
La salvaguardia della lingua italiana è un bene che appartiene alla sensibilità nazionale della destra, ma che dovrebbe essere patrimonio culturale e popolare di tutti gli italiani. E andrebbe difesa tanto dall’uso gratuito e inutile di parole straniere, quanto dai linguaggi prefabbricati dall’ideologia e dal lessico politically correct, tipo asterischi, schwa e altre grottesche forzature (fustigate pure dall’Accademia della Crusca). Poi, bisogna saperlo fare con intelligenza e realismo, senza forzature artificiose o bandierine che al primo colpo di vento volano via.
Sulla letteratura: il ministro Sangiuliano parla di Dante di destra. Concorda? Quali autori abbiamo trascurato? Quali scrittori dobbiamo riportare all’attenzione degli italiani?
Dante, secondo Eco e Sanguineti, è un “reazionario”, nostalgico del Sacro Romano Impero e del mondo dei padri. Certo, non è solo quello. Nel mio libro dedicato a Dante nostro padre, lo intendevo come fondatore della civiltà italiana, e non solo della lingua. Sarebbe auspicabile un recupero di attenzione del “pensiero vivente” italiano: quella linea di pensiero che passa da Machiavelli al pensiero rinascimentale, da Vico a Leopardi e al pensiero risorgimentale, per arrivare infine ai grandi del novecento (Croce e Gentile ma anche Prezzolini, Papini e Gramsci, Pirandello e i grandi dell’arte e della letteratura).
Una nuova tradizione della destra a proposito della maternità? della famiglia? Cosa ne pensa di adozioni gay, riconoscimento di figli di coppie omogenitoriali e gestazione per altri? Cosa approva e cosa rifiuta? Se rifiutiamo tutto quello che si avvale dei progressi della scienza non ci isoliamo dal resto del mondo?
Dobbiamo tutti accettare l’idea che su quei temi vi sono due linee divergenti, una fondata sulla difesa della natura, della comunità e della famiglia tradizionale e una sui diritti individuali, i desideri fluidi e il liberismo sessuale. E’ una contesa che va ricondotta nel perimetro della civiltà, non demonizzando l’altrui posizione ma impegnandosi entrambi a portare a rigore le proprie scelte e rispettare quelle altrui, pur contrastandole, come prevede un paese libero, maturo e democratico. Le scelte di ciascuno devono essere garantite nella sfera privata, ma non possono ricadere su terzi (madri con uteri in affitto, figli voluti o rigettati). Ed è giusto sostenere che se nella sfera privata ciascuno è libero; nella sfera pubblica viene tutelata e promossa la famiglia, la maternità e i figli.
Una nuova tradizione di destra sull’educazione e sulla scuola?
Penso che la scuola non debba inseguire il mondo presente, diventare la parodia di internet, delle imprese o delle lingue, che i ragazzi apprendono meglio fuori dalla scuola. Ma debba formare, educare, e dotare i ragazzi di strumenti e visioni per affrontare il proprio tempo; saperi scientifici e umanistici, cultura, senso della storia, capacità critica di pensare, di vedere, di leggere e di scrivere. Ma in questo credo di incrociare, al meno sul piano delle intenzioni, molte convergenze con chi proviene da sinistra.
Una nuova tradizione di destra sull’importanza di partecipare alla guerra?
Sulla guerra in corso ho un’idea diversa da quella irregimentata nell’establishment italo-euro-atlantico, che include anche la destra di governo. Ho un’idea diversa delle cause di questa guerra, delle responsabilità, della sordità americana e di riflesso europea di perseguire linee alternative alla guerra.
L’alimentazione: la destra difende la tradizione alimentare italiana. Ma nel mondo ci sono miliardi di bocche da sfamare non vi sono novità scientifiche che è opportuno cogliere?
Sono due temi veri ma diversi, e l’uno non può essere l’alibi per non guardare all’altro. Mi pare giusto, sano, ragionevole difendere la nostra tradizione alimentare, per altro pregevole e popolare, tutt’altro che elitaria; credo al principio di prossimità anche in questo campo. Ciò non toglie che sul piano internazionale si possano adottare strategie alimentari per affrontare la fame nel mondo; ma anche regolamentare le nascite.
Norberto Bobbio sosteneva che i “diritti umani sono i principali indicatori del progresso storico”. Cosa ne pensa? E’ così?
Nella nostra epoca i diritti sono stati separati dai doveri e sono stati coniugati, e perfino risolti, nei desideri. Non mi sembra un passo avanti. E poi dove devono fermarsi i diritti umani, esistono anche i diritti dei nascituri, i diritti delle famiglie, i diritti identitari dei popoli? E chi stabilisce cosa sono e cosa non sono diritti umani, una cupola ideologica di supervisori?
Sempre Bobbio affermava che i diritti umani sono nati in certe circostanze, contrassegnati dalle lotte per la difesa di nuove libertà contro vecchi poteri, gradualmente, non tutti in una volta e non una volta per sempre. La destra sta facendo una lotta per nuovi diritti? Oppure non è d’accordo con Bobbio?
La vita degli uomini è più varia e complessa dei diritti umani come vengono indicati oggi. C’è pure il diritto umano contro lo sradicamento universale, per la difesa della natura (non solo dell’ambiente, ma dell’orso naturalis che comprende anche la natura umana), per la difesa delle tradizioni. Quante volte la lotta è a rovescio rispetto a quella descritta: ovvero i diritti di sempre contro i poteri nuovi….
Il suo ultimo libro si chiama “Scontenti. Perché non ci piace il mondo in cui viviamo”(Marsilio). Abbiamo da sei mesi un governo di destra: cambierebbe il titolo in positivo?
No, lo scontento è il sottofondo della nostra epoca e non muta certo con un governo. Sul piano politico il partito degli scontenti si divide in due rami: chi non va a votare e chi vota contro, premiando chi è all’opposizione (dai grillini ai meloniani). Aggiunga che chi governa non può discostarsi dalle linee sovranazionali in tema di alleanza atlantica, Ue, banca centrale. La Meloni fa quel che fece Draghi e quel che farebbe il Pd… Ma il mio saggio è dedicato agli scontenti in senso più ampio, sul piano interiore, privato e pubblico. E’ un tema esistenziale, il male oscuro della nostra epoca, corrosa dal divario insanabile tra realtà e aspettative.
La tradizione della sinistra è nella lotta contro il fascismo, per la tradizione dell’antifascismo e della difesa della Costituzione. Cosa ne pensa delle esternazioni del presidente Meloni sulle Fosse Ardeatine e del presidente del Senato La Russa su via Rasella?
Suggerisco loro di lasciare agli storici la parola. Non cedere né alla piazza propria né a quella altrui e alle tante pressioni…
Le forze politiche che diedero vita alla Costituzione della Repubblica Italiana e una parte della storiografia hanno individuato nella Resistenza all’occupazione nazi-fascista, tra il 1943 e il 1945, un “secondo” Risorgimento. Era un modo per mantenere un legame con la tradizione del Risorgimento. Facevano bene?
Si, facevano bene, era il modo per rendere la Resistenza qualcosa di più largamente condiviso, di non minoritario.
Cosa farà il 25 aprile in quanto intellettuale a cui spetta una responsabilità politica? Parteciperà alle manifestazioni? Oppure dissente?
Ho più volte spiegato le ragioni per cui non partecipo al 25 aprile. Ne cito una su tutte: l’antifascismo politico a fascismo morto e sepolto, dopo ottant’anni, nuoce al nostro Paese e perfino alla parte politica che lo usa.
E l’8 settembre? Come vede l’armistizio del 1943, come il tradimento dell’idea di patria?
E’ una data tragica, ma non l’ho mai vista come “la morte della patria”. Piuttosto si sciolse il nesso tra patria e stato, tra Italia e istituzioni. Per il paese fu un rompete le righe.
La sinistra può riappropriarsi dell’idea di patria di forze armate e di nazione? Oppure le sono completamente estranee?
Ci sono stati momenti di apertura all’idea di patria e al nazionalpopolare ma la sua essenza storica resta internazionalista e quantomeno apatriottica.
Donne al potere: Giorgia ed Elly. Che ne pensa? La destra non è sempre stata misogina? E la sinistra?
Il mondo cambia, misogina era pure la sinistra. L’importante è che vincano perché brave, non perché donne.
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