Il dramma migranti
Iuri Maria Prado — 20 Dicembre 2022
Magari solo a denti stretti e proprio perché un residuo di decenza lo obbliga a tanto, ma anche il sovranista più oltranzista ammette che se c’è gente che rischia di morire in mare o per le nostre strade, ebbene ci tocca salvarla. Il punto è che quel “se” è superfluo e anzi fuorviante: perché c’è gente che davanti alle nostre spiagge e lungo le nostre strade muore punto e basta, senza se.
Giorni fa, un diciottenne morto di freddo a Bolzano (evidentemente città sprovvista di luoghi di ricovero con qualche grado sopra lo zero, anzi i -5 che hanno ammazzato quel giovane immigrato).
L’altro ieri, l’ennesima bambina, tre anni, affogata nel mare di Lampedusa. E’ una contabilità che si sgrana quotidianamente in faccia al Paese fiorito di comizi in cui si strilla “aiutiamoli a casa loro”, e aiutarli a casa loro non ha rappresentato sinora nulla di diverso che rispedirli nei lager libici. Ma appunto: siccome nessuno, o quasi, riesce a mettere nel proprio programma che “prima gli italiani” significa lasciar morire di fame, di sete e di freddo chi italiano non è, allora ci si domanda che altro, e cioè quanti altri morti, bisogna aspettare affinché si dedichino le risorse e i soldi necessari a ottenere questo risultato minimo, e cioè che almeno questa gente non crepi.
Salvo credere che la cosa si risolva impugnando il rosario, con la Beata Vergine convenuta a presidiare i sacri confini della nazione e con le esigenze sicuritarie sponsorizzate da Nostro Signore, la cosa si risolve facendo semplicemente quel che si deve, vale a dire impedendo che queste persone continuino a morire come muoiono, quel ragazzo congelato ai margini dei mercatini di Natale, quella bambina disidratata tra le braccia della madre che provava a salvarla, quell’altra coi polmoni pieni d’acqua salata, quel neonato morto in rubrica di “ipotermia”, perché a dire morto di freddo si riesce ancora quando si tratta di un adolescente, ma con un bambino di venti giorni si fa fatica.
Il presidente Mattarella, bisogna dargliene atto, ha dichiarato che irrinunciabile dovere della comunità internazionale è di tutelare i diritti dei migranti. Ma qui si tratta di un’esigenza anche più forte, e di un’urgenza anche più pressante: qualcosa che viene anche prima dei loro diritti, e cioè la loro vita. Il loro diritto di non diventare cose senza vita sui nostri marciapiedi, sulla sabbia e contro gli scogli del Paese che nell’attesa di aiutarli a casa loro li fa morire qui.
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