Impazza la cultura autoritaria
Gian Domenico Caiazza — 2 Aprile 2023
La formidabile capacità di sintesi della lingua latina ci ha consegnato, tra le tante rimaste nei secoli patrimonio del nostro linguaggio e del nostro pensiero, la locuzione “extrema ratio”. Il vocabolario Treccani ne esplicita il significato costringendosi ad impiegare alcune righe: «Espressione latina, spesso ripetuta con il sign. di “ultima soluzione, estremo rimedio”, a cui si ricorre quando non vi siano altre vie d’uscita, e che può quindi spesso essere la soluzione più dolorosa o più violenta».
Dunque la soluzione da rifuggire, ed alla quale ricorrere solo in via estrema, quando davvero si è giunti alla constatazione che non è possibile individuarne, per quel problema, una diversa. Nel pensiero liberale, è fondamentale l’idea che la sanzione penale sia appunto la “extrema ratio”, di fronte a comportamenti che attentano all’ordine sociale ed alle regole del buon vivere comune; i quali comportamenti debbono essere affrontati e sanzionati sì, ma non necessariamente ed anzi non preferibilmente con lo strumento del diritto penale. L’esatto contrario, dunque, di quanto si è invece da tempo radicato -dobbiamo ormai riconoscerlo- nella cultura e nel modo di pensare assolutamente prevalenti nel nostro Paese. Qui davvero non si colgono differenze sostanziali di storie e culture politiche, di destra o di sinistra che siano, ad eccezione -appunto- di quelle riserve di autentica cultura liberale che in tanti rivendicano, ma in pochissimi praticano.
Di fronte a fatti che colpiscono la pubblica opinione, cioè a comportamenti riprovevoli che allarmano, indignano e turbano la civile convivenza, la politica di ogni colore risponde in un solo modo: introducendo nuove figure di reato, o aggravando progressivamente l’entità delle pene per quelli che già esistono. Parlo qui di alcune chicche imperdibili solo per stare alla cronaca, ma non c’è nulla di nuovo, è storia uguale a sé stessa da almeno un trentennio, senza alcuna distinzione di colore politico. Dunque, alcuni parlamentari oggi in carica propongono di introdurre, per dire, il reato di istigazione alla anoressia.
Poche settimane fa, altri hanno proposto la introduzione del reato di omicidio colposo nautico. Mentre da ieri si affaccia, a furor di parti offese, l’idea di istituire una mirabolante Procura nazionale anti-stragi, qualunque cosa ciò questo possa mai significare. Ricordo una strepitosa vignetta di un leggendario giornale satirico che furoreggiava alla fine degli anni ‘70, Il Male. Con autentica preveggenza il fantastico fumetto rappresentava un magistrato che si era imposto l’obiettivo di immaginare alcune decine di possibili nuovi reati da contestare ai movimenti politici extraparlamentari, tra i quali, in un crescente delirio punizionista ed esaurita ogni altra plausibile ipotesi, finiva per proporre quelli di “accensione, compressione, scoppio e scarico”, di “sonnolenza molesta” e, in un meraviglioso finale, il grandioso reato di “torto marcio”. Siamo ad un passo, la satira politica di un tempo è diventata cronaca della realtà.
La matrice di questi grotteschi spropositi è sempre la stessa: la cronaca racconta fatti che colpiscono la pubblica opinione, i social amplificano il dolore purtroppo inestinguibile delle vittime, sale la “sete di giustizia”, e parte la proposta del nuovo reato. L’omicidio colposo nautico immagino segua alle cronache di quell’orrendo incidente in un lago italiano, dove due dissennati tedeschi ubriachi alla guida di notte di un potente motoscafo, hanno maciullato una coppia di poveri ragazzi. Si tratta, leggi vigenti alla mano, di un omicidio colposo plurimo e pluri-aggravato, Dio solo sa perché occorrerebbe ora prevedere l’omicidio colposo nautico, e chissà se, alla prossima sciagura -per dire- causata da un trattore, non dovremo attenderci la introduzione dell’omicidio colposo agricolo.
Ancora più misterioso è il percorso logico che ha alimentato l’idea del reato di istigazione alla anoressia. Credo si faccia riferimento a quelle notizie che ogni tanto leggiamo, che ci parlano della diffusione di modelli comportamentali alimentari (per ragioni sportive, o di outfit modaiolo, o di qualche altra idiozia analoga) che indurrebbero soggetti più deboli a precipitare ineluttabilmente in gravi patologie del comportamento alimentare. Già immagino pool di procuratori della Repubblica impegnati a ricostruire impalpabili nessi causali tra un video di un qualche fanatico influencer e l’anoressia denunziata dai genitori di qualche povera ragazza.
Ci sarebbe da ridere, ma invece la questione è seria, molto seria. Siamo ormai precipitati in un gorgo di cultura autoritaria, dove il diritto penale è diventato terreno di pascolo privilegiato della politica, della ricerca del consenso, e della illusoria ossessione retributiva del dolore delle vittime attraverso la inutile, dissennata moltiplicazione delle figure di reato o della entità delle pene. Questo Paese ha un bisogno disperato di conoscenza e comprensione del pensiero liberale, e ancor più di leader politici in grado di diffonderle in modo credibile ed autorevole.
Presidente Unione CamerePenali Italiane
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