“Taglia 14-19” è una raccolta di storie vere, riproposte sotto pseudonimo. Un progetto che nasce dopo tre anni di ricerca, tra fonti orali e scritte, tra studenti e studentesse delle superiori in età compresa, appunto, tra i 14 e i 19 anni. Amarezza, gioia ed emozioni palpabili riproposti attraverso i loro occhi, i temi scritti, i “pizzini” lasciati nell’agenda dell’insegnante, i messaggi durante i periodi di vacanza e i dialoghi sospesi tra un intervallo e l’altro. Ragazzi e ragazze che hanno una loro visione del mondo e della vita, anche se coglierle non è sempre così immediato.
L’autrice. Francesca Gerbi è un’insegnante di lettere e sostegno nelle scuole superiori, giornalista e scrittrice. Con l’editrice “La collina dei libri” ha appena dato alle stampe “La memoria di Viola”, romanzo col quale affronta con delicatezza lo spinoso tema dell’Alzheimer.***
Mary e John
Quando ci si perde si cammina più veloci, si gira, si gira come delle trottoline e non si va da nessuna parte.
Sono stata in quella Svizzera gloriosa, elegante e tranquilla per le festività più illuminate dell’anno.
Oggi sono, ma non erano, terme rigeneranti.
“Qui c’è stato l’orrore – afferma Mary, che parla anche per John – “Noi siamo vittime dell’ex orfanotrofio, poi non abbiamo più saputo dove andare. È ciò che si fa quando non si ha una famiglia”, conclude.
È un’operatrice, lui sta con lei nel tempo libero.
L’ex istituto, che li ha visti prigionieri nell’infanzia, li rende come intrappolati nel tempo e nello spazio.
Hanno gli occhi tristi e feroci al contempo, 19 anni che paiono 89, vestiti classici…troppo.
Dal passato ritornano i gemiti di dolore e le lacrime, che condividono la sera, nella stanza di Mary, bevendo latte caldo e miele.
Si trattava di un ricovero di bambini jenisch sottratti alle famiglie, tempio di un progetto di eugenetica
Mary è stata schiava di quel luogo e di un’infanzia dolorosa che non termina mai; talvolta riprende le ricerche di Jessica, amica amata che cerca ovunque e senza sosta.
Il fatto.
Tra il 1926 e il 1986 la Pro Juventute (un’associazione a carattere filantropico) ha sottratto 2000 bambini alle famiglie di etnia jenisch (nomadi come i rom e i sinti) con l’obiettivo di mettere fine al nomadismo. Sui minori sono stati condotti esperimenti scientifici e applicate pratiche come la sterilizzazione per impedirne il riprodursi.
Una delle vittime di questa forma di pulizia etnica ha raccontato quanto accaduto, trasfigurandolo in forma poetica e letteraria. Le vittime dell’eugenetica meritano che la memoria di quello che hanno subito non si disperda, affinché non abbia più a ripetersi.
Si può amare ciò che si è odiato?
Nessuno risponde.
Però mentono.
Tutto passa, le occasioni possono essere molte, oppure nessuna.
A furia di rimandare, un giorno, inizieremo a credere che sia troppo tardi, che non ne valga più la pena, che sia più bello sognare o lamentarsi a seconda dello stato d’animo con cui ci si sveglia. Che spreco terribile lasciarsi vivere!
Ma se è qualcuno che, al tuo posto, vive la tua di vita?
Forse serve solo raccontare, condividere e avere coraggio. Forse.