Può un prodotto strettamente locale e raro ma al tempo stesso fortemente identitario generare uno sviluppo economico straordinario per un intero territorio, seppure di provincia, fino a salire addirittura alla ribalta internazionale? E con quali vantaggi o problemi si è chiamati a interfacciarsi anche per evitare una “standardizzazione” del fenomeno?
Tra le tante esperienze fatte proprie e le sfide affrontate dai territori più piccoli e marginali chiamati a confrontarsi col mondo del turismo vivono, giunte sul palco della due giorni della conferenza sul Destination Design di DEDECO 2022 dal titolo “Piccolo è (bello) fragile. Maneggiare con cura”, ve n’è stata una che forse a primo impatto potrebbe sembrare non riguardare un borgo con le caratteristiche già citate dimensionali e geografiche.
E’ quella della Fiera Internazionale del Tartufo bianco d’Alba, rappresentata dal direttore Stefano Mosca. Nel confronto col responsabile sviluppo digitale di Confartigianato Imprese, Paolo Manfredi, si è infatti parlato di valorizzazione delle risorse identitarie dei territori, come creare e infine gestire tale crescita, senza tuttavia perdere l’identità stessa delle destinazioni. Piuttosto far sì che questo diventi motore per diversi settori della nostra società: “Alle spalle c’è una lunga storia, siamo giunti alla 92esima edizione, certamente è un esempio di valorizzazione di un prodotto locale a generare uno sviluppo che riguarda il turismo, il commercio e la cultura di un territorio” spiega Mosca, ricordando come dal 2021 grazie anche alla manifestazione fieristica la “Cerca del tartufo” sia diventata un Bene Immateriale dell’Umanità di Unesco.
Identità, radicata in una tradizione quasi centenaria, è quindi il concetto chiave contrapposto al fenomeno della standardizzazione e la ricetta per evitarlo è la ricerca dell’autenticità: “Rimanere autentici significa fare qualcosa non per il turista ma innanzitutto per se stessi. L’importanza delle comunità locali è fondamentale perché non si può far turismo senza una comunità felice – afferma Mosca – La genesi del turismo nel territorio delle Laghe credo sia stata quella di saper fare del ‘buon vivere’ della periferia e della provincia, quindi far apprezzare al turista ciò che veniva solitamente apprezzato dalle comunità. Questo vuol dire non fare cose appositamente per il turista ma semplicemente fargli conoscere ciò che fanno abitualmente gli abitanti: così si può evitare di diventare delle Disneyland”.
Il tema diventa quindi anche quello di far vivere il territorio 365 giorni l’anno.
“Sia dal punto di vista turistico con una “differenziazione dell’offerta”, sia di chi quel territorio lo vive e lo fa vivere grazie all’autenticità. La differenziazione è uno strumento fondamentale. Qualche anno fa la concentrazione dei flussi turistici nel territorio di Langhe-Monferrato-Roero era principalmente nel periodo autunnale – ricorda Mosca – oggi, grazie a questo e introducendo l’offerta culturale come gli eventi e le mostre o l’elemento outdoor che hanno contribuito al prolungamento della stagione turistica”.
Certamente, però, il territorio deve restare presidiato. L’esempio che porta Stefano Mosca si può avvalere di ciò che sta alla base proprio dell’enogastronomia, ovvero i produttori. Sia di vino che di prodotti alimentari d’eccellenza come quelli dell’industria dolciaria ricordando l’esempio della famiglia Ferrero: “Favorendo il trasporto dalle campagne alla fabbrica si è fatto sì che gli operai restassero anche contadini, il territorio fosse mantenuto e le produzioni vitivinicole restassero e si sviluppassero fino all’eccellenza che sono oggi. Una grande visione – conclude Mosca – che ha permesso il presidio dei territori, ha frenato il fenomeno dell’emigrazione di prossimità con un ritorno e anche casi di turisti, italiani o stranieri, diventati abitanti del posto. Il presidio è fondamentale perché crea servizi per la comunità che diventano fondamentali per sviluppare il turismo sul territorio”.