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“Sta diminuendo il consenso sugli aiuti statunitensi all’Ucraina a tempo indeterminato, rileva un sondaggio”. Questo il titolo di un articolo odierno del Washington Post.
L’articolo dà conto di un sondaggio condotto dal Chicago Council on Global Affairs che registra come si sia sgretolata la compattezza con la quale gli americani hanno accolto la decisione di sostenere incondizionatamente Kiev e che tanti di essi iniziano a reputare che “Washington debba spingere l’Ucraina a raggiungere una pace negoziata prima possibile”.
Il titolo del Washington Post
Secondo il sondaggio, infatti, sta inequivocabilmente scemando tra gli elettori americani il supporto per l’assistenza militare e/o economica all’Ucraina, anche se in maniera diversa a seconda del partito di appartenenza. Sintetizziamo in questo modo i numeri riportati dal Wp in maniera talmente caotica da risultare illeggibile (quando la dovizia dei particolari inficia il contenuto…).
Ma l’intesse per tale articolo non deriva tanto dai numeri e dal suo contenuto, anche perché è probabile che i fautori della guerra per procura a Mosca renderanno pubblico un sondaggio a loro più favorevole, quanto dal fatto che il Wp ha scelto di aprire il suo autorevole sito con tale articolo e soprattutto con quel titolo, indice di un indirizzo editoriale.
Tanto che l’articolo, dopo aver esposto il sondaggio, prosegue riepilogando le timide aperture di Biden e di alcuni esponenti della sua amministrazione per una soluzione diplomatica della crisi registrate negli ultimi giorni; e si conclude ricordando come ora la Camera sia appannaggio dei repubblicani e che “Kevin McCarthy (R-Calif.), il candidato dei repubblicani per la presidenza della Camera, ha dichiarato che i repubblicani non sottoscriveranno un ‘assegno in bianco’ per l’Ucraina”.
Da a qui a immaginare che gli Stati Uniti si stiano apprestando a dare inizio al sospirato processo di pace ce ne passa, ma resta un segnale importante, da registrare con l’interesse del caso.
Indica che in America i fautori di una soluzione negoziata alla guerra non hanno ammainato bandiera bianca, nonostante la battuta d’arresto delle Midterm, nelle quali una vittoria più netta dei repubblicani, prevista dai sondaggi, avrebbe dato a tale prospettiva uno slancio ben più deciso (e per questo si è fatto di tutto perché non vincessero).
Gli attacchi agli aeroporti russi
Sul campo di battaglia si registrano alcuni attacchi ucraini contro due aeroporti in territorio russo. Importante la tempistica: sono stati effettuati in costanza della riparazione del ponte di Kerch, danneggiato da un attentato ucraino pregresso, che lo stesso Putin ha voluto attraversare in automobile come dimostrazione di un ritorno alla normalità.
Gli attacchi agli aeroporti, quindi, vogliono segnalare che per la Russia non ci può essere alcuna tranquillità mentre sono in corso le ostilità ucraine, Resta però, com’è avvenuto per l’attacco al ponte di Kerch, che tali operazioni non hanno alcun valore militare e hanno come unico esito/scopo quello di innescare un’escalation.
Mosca aveva chiarito agli sponsor dell’Ucraina, senza i quali tali operazioni non potrebbero essere condotte, che non avrebbe tollerato attacchi contro il suo territorio, delineando una linea rossa da non superare.
Da qui la follia di queste azioni. Dopo l’attentato al ponte di Kerch sono iniziati a piovere missili su tutta l’Ucraina. Da vedere cosa accadrà dopo questi ultimi attacchi, rispetto ai quali il Cremlino ha già annunciato i provvedimenti del caso.
Probabile che, in attesa di decidere come rispondere, Mosca abbia intrapreso un dialogo con gli ambiti americani meno propensi allo sfoggio muscolare (tra i quali, paradossalmente, il Pentagono). Un dialogo che si snoda attraverso i canali di comunicazione più bassi, che restano aperti nonostante le distanze, che però consentono anche interlocuzioni a più alto livello.
Sul punto, val la pena riferire un titolo di Bloomberg: “Gli attacchi alla Russia mettono alla prova i limiti dell’alleanza USA-Ucraina”; nell’articolo, l’insofferenza di parte dell’amministrazione Biden per il massimalismo di Kiev.
L’esito di tali colloqui riservati non sarà reso noto, ma si ripercuoterà sul campo di battaglia. Se risulteranno infruttuosi, cioè se gli ambiti Usa più realisti non riusciranno a mettere un freno alle improvvide incursioni ucraine, i russi dovranno valutare altre opzioni. E per Kiev saranno ulteriori dolori.
Nella condotta della guerra da parte dell’Ucraina c’è una coazione a ripetere gli stessi errori. Quello che stanno facendo si può sintetizzare con un’immagine plastica: come se un bambino stuzzicasse con un bastoncino un leone, incurante delle conseguenze.
Il bello/brutto di tutto ciò è che quel bambino ha una famiglia che assiste alla scena, cioè i tanti e potenti sponsor di Kiev. Ma, paradossalmente, una parte di essi lascia fare – postura sintetizzata dalla frase di rito “la decisione spetta a Kiev” -, un’altra parte addirittura incita il fanciullo a infierire ancora di più col suo bastoncino. Tale la follia che di cui è preda l’Occidente, tale il dramma che sta vivendo il popolo ucraino.