La premier Giorgia Meloni, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il suo vice con delega al fisco Maurizio Leo lo ripetono fin dall’insediamento del governo: la “tregua fiscale” – tradotta in un condono che costerà alle casse pubbliche 1,7 miliardi netti – è rivolta a chi è in difficoltà. Cioè vuol mettersi in regola con l’erario ma finora non ha potuto farlo a causa delle conseguenze della pandemia e del caro energia. L’opposizione di centrosinistra li prende in parola e va a vedere il bluff. Chiedendo, via emendamenti alla manovra, di subordinare il beneficio a una verifica delle condizioni del contribuente. Una correzione su cui Giorgetti durante l’ultima audizione, rispondendo all’ex sottosegretaria Maria Cecilia Guerra, si era detto in linea di massima d’accordo. E su cui il governo dovrebbe dare parere positivo se intende essere conseguente rispetto all’intento dichiarato di aiutare chi ne ha oggettivamente bisogno e non arretrare nella lotta all’evasione. Idem per quanto riguarda l’altra proposta, che punta a potenziare l’incrocio delle banche dati e l’efficacia dei pignoramenti nei confronti di chi ha debiti con il fisco.
Il primo emendamento del pacchetto, che entrerà tra i segnalati per essere poi votato in commissione Bilancio, è a prima firma Guerra (Pd) e andrebbe a modificare l’articolo 47, quello che introduce una nuova rottamazione (la quarta) dei debiti contenuti nei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 con una perdita per l’erario di 1,3 miliardi tra 2023 e 2032. La richiesta è di prevedere che la definizione agevolata sia concessa, in caso di carichi superiori a 50mila euro, “solo se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà secondo le modalità previste per l’applicazione dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973 n. 602″. “Quell’articolo”, spiega la deputata a ilfattoquotidiano.it, “già prevede che in caso di debiti molto alti l’agente della riscossione conceda la rateazione a chi è in difficoltà: quindi non è vero che un contribuente in difficoltà non può far altro che evadere. In ogni caso, visto che il governo ripete che le 10 misure di stralcio e definizione agevolata sono pensate per le situazioni di bisogno andiamo a vedere se è vero”.
Le altre richieste di modifica di Guerra e altri deputati dem riguardano l’articolo 48, con cui il governo modifica le norme che regolano la possibilità per l’agente della riscossione di dichiarare ufficialmente inesigibili alcune poste: un primo passo della cruciale e mai attuata riforma della riscossione che dovrebbe risolvere il problema del maxi arretrato da oltre 1000 miliardi che giace nel magazzino dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. L’ex premier Mario Draghi aveva promesso di vararla dopo il condono del marzo 2021, poi non se n’è fatto nulla. La legge di Bilancio consente la comunicazione di inesigibilità al creditore iniziale (che sia lo Stato, un Comune o l’Inps) “in qualsiasi momento” in una serie di casi: se il debitore è fallito, se il diritto di credito è prescritto, se le azioni di recupero come fermi e pignoramenti sono state esaurite senza risultato, se dal sistema informativo del Mef risulta che non ci sono beni su cui rivalersi. Come auspicato anche dalla Corte dei Conti, la prima parte dell’emendamento specifica che l’assenza di beni del debitore deve risalire a non più di tre mesi prima, per evitare il rischio di rinunciare a un credito che sarebbe stato recuperabile, e che occorre tener conto anche degli eventuali crediti e disponibilità finanziarie.
La seconda parte, proposta con un emendamento identico anche da Francesco Emilio Borrelli e Marco Grimaldi di Alleanza Verdi Sinistra, aggiunge a quell’articolo due tasselli preziosi per rafforzare l’arsenale di strumenti con cui il fisco può contrastare l’evasione e l’elusione. Con un occhio al rispetto degli obiettivi di riduzione del tax gap inseriti nel Pnrr. Il 48 ter mira a rendere più efficace il recupero delle somme dovute riducendo al minimo i pignoramenti “al buio”: l’agente della riscossione verrebbe autorizzato a chiedere a banche e operatori finanziari se il conto corrente del debitore contiene una cifra abbastanza alta da coprire in tutto o in parte il suo debito, per poi procedere a prelevare il necessario. Il 48 bis farebbe fare un salto di qualità a quella che è ritenuta la frontiera più promettente per ridurre in modo strutturale la distanza tra il gettito atteso e quello effettivamente versato: l’utilizzo massivo dei dati.
La scorsa estate è entrato in vigore – dopo un accidentato confronto con il Garante della privacy – il decreto che consente di preparare utilizzando le informazioni dell’Anagrafe dei rapporti finanziari liste selettive di contribuenti a rischio evasione da sottoporre a verifiche. Pd e Avs, in linea i suggerimenti contenuti nell’ultima Relazione sull’evasione fiscale e contributiva, che l’Agenzia delle Entrate abbia via libera a usare “le informazioni disponibili in tutte le basi dati in suo possesso, anche tramite interconnessione tra loro e con quelle di archivi e registri pubblici, ovvero pubblicamente disponibili, per le attività di analisi del rischio fiscale, per le attività di controllo, per le attività di stimolo dell’adempimento spontaneo e per quelle di erogazione di servizi”. Si tratta di interventi ampiamente discussi in Parlamento visto che ricalcano uno dei principi direttivi inseriti nella delega fiscale 2021, ricorda Guerra. Resta da capire come intende procedere il governo Meloni, che finora ha lanciato messaggi in netto contrasto con la promozione della tracciabilità e la lotta al nero. Oggi, in una lettera al quotidiano Domani, Leo garantisce ancora una volta che non c’è “nessun arretramento sulla lotta all’evasione, la quale passa dal potenziamento dei mezzi (umani, fisici e informativi) a disposizione dell’amministrazione finanziaria”.
Sono un messaggio politico ma non sembrano avere chance, infine, gli emendamenti di Luca Pastorino (+Europa), Silvio Lai (Pd), Francesco Mari e Marco Grimaldi di Alleanza Verdi Sinistra, Virginio Merola e altri del Pd che dispongono la cancellazione tout court di tutti e dieci gli articoli, dal 38 al 38, che contengono varie forme di condono. Mentre i deputati di Forza Italia e FdI hanno in animo di allargare ulteriormente le maglie.
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