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Che cos’è l’influenza del cammello e cosa c’entrano i mondiali in Qatar?

Si ipotizza che l’abbiano contratta Rabiot, Upamecano e Coman della nazionale francese, che domenica sfiderà l’Argentina nella finale dei Mondiali in Qatar. Ma che cos’è l’influenza del cammello? Dobbiamo davvero preoccuparci? Fatti e pareri degli esperti

A due giorni dalla finale tra Francia e Argentina ai Mondiali in Qatar, i Bleus di Didier Deschamps perdono pezzi. Dopo Rabiot e Upamecano anche Coman potrebbe aver contratto quella che ormai è soprannominata l’influenza del cammello, ovvero la Mers, una patologia causata da un coronavirus, famiglia a cui appartiene anche il Covid-19.

Il timore è che questi possano essere solo i casi più noti dovuti alla popolarità dei giocatori ma quando milioni di tifosi rientreranno a casa ne emergeranno molti altri?

L’ANNUNCIO DELLA NAZIONALE FRANCESE

“Ha la febbre. Stiamo cercando di stare attenti perché non si diffonda questo virus, che sta colpendo molti calciatori qui al Mondiale. Ti ammali quando ti stanchi troppo, il tuo corpo si indebolisce e sei più vulnerabile”, ha detto Deschamps parlando di Kingsley Coman, secondo il Corriere dello Sport, sebbene non ci sia alcuna ufficialità in merito alla diagnosi.

COS’È LA MERS CHE PROVOCA L’INFLUENZA DEL CAMMELLO?

La Sindrome respiratoria da coronavirus in Medio Oriente, abbreviata con l’acronimo Mers dall’inglese Middle East Respiratory Syndrome, è una malattia infettiva acuta causata da un virus zoonotico che può cioè essere trasmesso dagli animali alle persone.

In questo caso si tratta dei dromedari, da qui il nome di influenza del cammello. L’origine del virus, riferisce il ministero della Salute, non è del tutto chiara, ma in base ai risultati dell’analisi del genoma virale, si ritiene che sia originato nei pipistrelli e successivamente, in un’era remota, trasmesso ai dromedari.

La Mers è stata descritta per la prima volta nel 2012 in seguito ai casi rintracciati in Giordania e Arabia Saudita, dieci anni dopo la comparsa della Sars in Cina.

I SINTOMI

Generalmente la Mers causa una grave forma respiratoria acuta caratterizzata da febbre, tosse e difficoltà respiratoria. La polmonite è comune, ma non sempre presente. Sono inoltre stati segnalati sintomi gastrointestinali, come diarrea. In alcuni casi le persone infette possono essere asintomatiche.

QUANTO È GRAVE?

L’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma afferma che il virus responsabile della Mers sembra essere meno facilmente trasmissibile da persona a persona rispetto al virus della Sars ma è in grado di causare una malattia più grave con un tasso di mortalità più elevato.

La mortalità per Mers, infatti, per il ministero è del 35% circa, mentre per l’ospedale pediatrico si aggira intorno al 30%, ma questo dato potrebbe anche “essere sovrastimato per la mancata identificazione e segnalazione dei casi meno gravi”.

COME SI TRASMETTE

La maggior parte dei casi umani, secondo l’ultimo aggiornamento del ministero del 26 marzo 2019, è stata infettata in ambienti sanitari, attraverso la trasmissione da persona a persona, che tuttavia, in assenza di contatti stretti, avviene difficilmente.

Alcune ricerche scientifiche suggeriscono che i dromedari costituiscono il serbatoio del virus e possono infettare le persone, così come i loro prodotti derivati se non pastorizzati.

I GRUPPI PIÙ A RISCHIO

La Mers in passato ha colpito di più adulti e anziani, mentre sembra essere più rara in età pediatrica. Inoltre, nei bambini di solito non dà sintomi o si manifesta in modo più lieve.

LE EPIDEMIE DI MERS

Stando sempre all’aggiornamento del 2019, le maggiori epidemie si sono verificate in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e in Repubblica di Corea, ma focolai minori della malattia sono stati riscontrati anche in altri Paesi.

PERCHÉ SE NE PARLA ORA

Oltre all’interrogativo sollevato dalle condizioni di salute dei giocatori francesi, il 2 dicembre il governo australiano ha pubblicato un comunicato in cui invita tutti i viaggiatori in rientro dai Paesi mediorientali, inclusi i tifosi andati in Qatar per i Mondiali, a prestare attenzione a eventuali sintomi tipici della malattia.

Anche l’inglese The Sun ha scritto che “l’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito ha esortato i medici a prestare attenzione alle persone che soffrono di febbre e difficoltà respiratorie”. Non è, tuttavia, presente alcun documento sul sito dell’Agenzia.

L’invito ad aumentare il livello di attenzione è arrivato anche da un gruppo di esperti che ne ha scritto il 13 dicembre su The Lancet ricordando che, oltre ai Mondiali, il Qatar sta ospitando anche un concorso di bellezza per cammelli, che ha raccolto centinaia di migliaia di persone, “creando le condizioni ideali per la trasmissione di agenti patogeni zoonotici associati ai cammelli con un potenziale epidemico”.

COSA DICONO GLI ESPERTI ITALIANI

“Ritengo plausibile una minima soglia d’allarme rispetto a uno scenario di contagio dal cosiddetto virus dei cammelli, non trascurando di ricordare che la Mers è una sindrome respiratoria grave ma già conosciuta. Al netto di ogni deprecabile psicosi, bisogna dire che la Mers è la sorella cattiva del Covid con percentuali di rischio morte ben più elevate tuttavia, dalla letteratura scientifica disponibile, risulta essere molto meno contagiosa, con qualche dubbio relativo al passaggio diretto da uomo a uomo, che farebbe una differenza strategica”, ha spiegato ad Adnkronos Salute Mauro Minelli, responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la medicina personalizzata.

Dello stesso parere anche Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, il quale si è riferito alla malattia come a “un problema vecchio che non credo tornerà fuori”.

Pure per Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare della Facoltà di Medicina e chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, “il rischio di contagio da chi torna in Italia dal Mondiale in Qatar è davvero poco probabile”.

Concorda con loro Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene dell’università Statale di Milano, secondo cui la presenza di un possibile rischio correlato alla diffusione di questo virus va vista “come esigenza di sorveglianza”.

Ad ogni modo, l’ospedale Spallanzani della capitale assicura di avere “capacità diagnostiche e assistenziali anche per pazienti gravi richiedenti terapia intensiva”.

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