Inauguriamo oggi uno spazio col quale ci occuperemo del conflitto in corso dal 24 febbraio 2022, dal via dell’«operazione militare speciale» col quale la Russia di Vladimir Putin ha attaccato la repubblica ucraina. A raccontarci la realtà nel paese sotto assedio e come si viva oggi nelle città distrutte dalle bombe dell’artiglieria russa è la 29enne Bogdana Ruda, da mesi impegnata come volontaria al fianco di un’unità dell’esercito ucraino, la cui famiglia è ospite di una struttura di accoglienza di La Morra. Ad accompagnarla in questo viaggio, il collega Andrea Olimpi, con il compito di raccoglierne la testimonianza, settimana dopo settimana.
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Dicembre, è tardo pomeriggio e decido di fare una visita, una di quelle che si fanno nel periodo natalizio ad amici e parenti, ai bambini di quella che di fatto è una piccola comunità di rifugiati ucraini ospiti da mesi in una struttura assistita di La Morra, nelle Langhe.
Entro nel grande salone con l’intenzione di dare una mano ad allestire l’albero di Natale, tra bimbi che corrono, risate, mamme alle prese con le palline colorate e fili di luci un po’ ovunque. In disparte una ragazza, occhi azzurri e capelli rossi e un gran sorriso. Al collo ha una Nikon e rimanendo in disparte, di tanto in tanto, scatta foto, ma senza frenesia, con calma, cercando sempre il giusto punto di osservazione. Ci presentiamo. Si chiama Bogdana, è nata a Kiev il 6 settembre 1993. A La Morra insieme a lei ci sono la madre e il figlioletto Peter, che ha da poco compiuto 10 anni. E’ arrivata nella struttura da pochi giorni, è venerdì sera e mi spiega che domenica ripartirà per tornare nella capitale dell’Ucraina.
[Bogdana Ruda a La Morra – Ph. Barbara Guazzone]
Riavvolgiamo il nastro. E’ la fine del 2013. Bogdana è una studentessa che frequenta un istituto superiore nel centro di Kiev quando assiste alle manifestazioni legate alla cosiddetta “Rivoluzione della Dignità o “Euromaidan”: il governo allora in carica ha deciso di sospendere un accordo di associazione con l’Ue che avrebbe permesso il libero scambio col resto dell’Europa. Al suo posto intende dare corso a una proposta alternativa russa di unione doganale. In poche ore a Kiev scendono in piazza migliaia di persone. Nei tre mesi successivi diventeranno centinaia di migliaia, che manifesteranno nelle piazze delle principali città del Paese. Si tratta prevalentemente di studenti e giovani lavoratori, che esprimono dissenso in forma pacifica. Una rivoluzione che ricorda quella che poco tempo prima, negli Usa, era stata “Occupy Wall Street”. Ma qui le proteste vengono presto represse nella violenza.
[Regione di Kiev – Citta di Irpin. Giugno 2022]
Bogdana assiste a quei disordini. Forse non ne comprende appieno i risvolti politici, ma si fa un’idea chiara: “Era una questione di dignità per tutta l’Ucraina e non solo. Nessuno può togliere la libertà di parola a nessun popolo, men che meno con la forza”.
Di lì a poco ha inizio quella che noi conosciamo come la “guerra del Donbass”, il conflitto che di fatto ha portato all’attuale scontro bellico con la Russia. Allo scoppio di quel conflitto, nel 2014, molti suoi amici decidono di partire per il fronte, quelli che rimangono a casa iniziano a mettere in atto forme di volontariato a sostegno di chi vi è impegnato. Lei stessa decide di impegnarsi in questo senso.
Nel corso del tempo – prosegue il suo racconto –, molti tornano gradualmente alla vita civile. Alcuni purtroppo non fanno più ritorno, gradualmente anche le forme di volontariato vanno scemando.
“Anche io sono intanto tornata alla mia vita normale – spiega Bogdana –. Mio figlio è cresciuto, è andato a scuola, io mi sono dedicata al lavoro. Con alcuni amici abbiamo intanto deciso di viaggiare per l’Ucraina. È incredibilmente bello qui. Abbiamo organizzato tour a ovest, verso le montagne, a nord verso i luoghi storici e a sud verso i laghi e il mare. È stato molto stimolante. Ogni città è affascinante a modo suo. Abbiamo camminato, visto tante cose, scattato foto, filmato e abbiamo creato una pagina sui social network con la quale abbiamo raccontato tutti i percorsi che abbiamo realizzato, per condividere queste esperienze con gli altri”.
[Regione di Kiev – Citta di Irpin – Giugno 2022]
Ritorniamo ai giorni nostri. Bogdana ha compiuto studi da traduttrice, ma sognava di fare giornalismo. Un proposito in parte coltivato realizzando i reportage video-fotografici dei suoi viaggi e che in parte si è concretizzato lo scorso anno. Ha ottenuto un lavoro in un’azienda per la quale scriveva di auto e, in modo più tecnico, componeva articoli sulle ispezioni e sulla certificazione dei veicoli in Ucraina. Mentre tutto sembrava scorrere come nella normale quotidianità di ognuno di noi, alcuni amici militari le dicono che da lì a poco sarebbe iniziata una nuova guerra.
“Mi ci sono preparata mentalmente – dice – avevo un piano minimo, ma non ci credevo davvero. Veramente speravo che non fosse così, che di lì a poco ne avremmo riso. Invece no”.
Il 24 febbraio, è insieme alla madre e al figlio, sono nel loro appartamento di Kiev quando alle 4.25 vengono svegliati dal fragore delle esplosioni. Uno dei primi missili lanciati sul Paese cade a 600 metri da casa sua.
[Regione di Kiev – Citta di Irpin – Giugno 2022]
“Quella sera stessa siamo evacuati da Kiev con mia madre, mio figlio e due gatti. Non siamo rientrati a casa nostra per un mese e mezzo. Siamo rimasti lontani dalla città, mentre nei sobborghi erano in corso battaglie terribili. Ho deciso così di riprendere a fare volontariato, per dare il mio contributo al Paese ma anche per cercare di scacciare gli spaventosi pensieri che mi stavano assalendo, soprattutto pensando a cosa sarebbe accaduto dopo”.
Passa poco tempo e alcuni amici le chiedono di entrare in un’unità di un battaglione di militari volontari. Si sarebbe dovuta occupare di comunicazione, di documentare quello che stava accadendo. “Ho accettato – spiega –, ho riportato mia madre e mio figlio a Kiev, dove intanto la situazione era tornata più tranquilla, e mi sono congiunta all’unità. Un mese dopo, quando sono finiti i combattimenti nella regione di Kiev, il gruppo cambiò area di intervento”.
In quel periodo i bombardamenti colpivano in quasi tutte le città dell’Ucraina, non c’era un posto completamente sicuro. Bogdana rientra a casa dai suoi familiari. Decide che, per sicurezza, sua madre e suo figlio si sarebbero dovuti trasferire all’estero per un po’ di tempo. “Credo che i bambini non dovrebbero sapere da soli cos’è la guerra, non dovrebbero sentire sirene ed esplosioni, nascondersi nei rifugi antiaerei, vedere coi propri occhi un simile orrore”.
[Regione di Donetsk, Chasiv Chr. Un condominio colpito da un razzo di un aereo. Luglio 2022]
Accompagna i suoi familiari in Italia. Loro finiscono nella struttura di La Morra della quale sono tuttora ospiti. Lei torna a Kiev, imbraccia la sua macchina fotografica e raggiunge l’unità militare. “Ho filmato il loro addestramento, ho parlato coi soldati, ho vissuto le loro vite. A luglio ci siamo spostati nell’Ucraina orientale, nel Donbass. Abbiamo trascorso due mesi vicino a Bakhmut, nella regione di Donetsk. Poi siamo tornati indietro, purtroppo non tutti. Due dei nostri soldati sono morti. I ragazzi dell’unità sono ripartiti per tornare a studiare e io sono rientrata a Kiev. Qui ho iniziato a elaborare tutto il materiale che ero riuscita a girare e fotografare”.
Successivamente ha iniziato a girare per le città, per filmare le conseguenze della guerra, fino ad arrivare al 3 dicembre scorso. “È il compleanno di mio figlio Peter. Ho deciso che fosse giusto passarlo con lui. Ha compiuto 10 anni e non ci vedevamo da sei mesi. Ci siamo mancati moltissimo”.
Qui per il momento la nostra chiacchierata si ferma, siamo arrivati a oggi. Bogdana è ripartita, è tornata in Ucraina. Insieme abbiamo deciso di realizzare un reportage a quattro mani, un diario dal paese distrutto dalle bombe, per raccontare a voi lettori con un articolo a settimana il dramma di un conflitto bellico vissuto dal suo interno.
Bogdana Ruda/Andrea Olimpi
[01 – continua]
[Regione di Donetsk, Chasiv Yar. Luglio 2022]