13 Gen 2023 21:00 – di Redazione
Sono 239 le candidature presentate per l’elezione dei membri laici del Csm, come riportato dall’elenco pubblicato sul sito della Camera aggiornato alle 15 di oggi. Si tratta di “auto-proposte” (così come previsto dalla riforma Cartabia), per lo più di avvocati. Tre, tuttavia, le eccezioni: Giuseppe Valentino, attuale presidente della Fondazione di An; Fabio Pinelli tra gli avvocati che difesero la Regione Veneto in alcuni importanti processi per le infiltrazioni criminali nei territori. Infine, quella del senatore uscente di Forza Italia Enrico Aimi. A presentarle infatti, sono stati parlamentari.
Il presidente della Fondazione An in pole per il Csm
Il termine per consegnare la domanda (direttamente dalla persona interessata oppure da un numero minimo di almeno dieci parlamentari, appartenenti però ad almeno due gruppi diversi, per favorire la trasversalità) scade domani mattina alle 9 (pena l’irricevibilità). Ma, raccontano, ci sarebbe da sciogliere il nodo della parità di genere. Infatti, almeno il quaranta per cento dei candidati deve essere donna. Quota che non sarebbe stata ancora raggiunta. Uno scoglio da superare in tempi rapidissimi e, nello stesso tempo, una gatta da pelare in più per gli schieramenti politici, alle prese con il risiko dei nomi, che potrebbe tenere i giochi aperti del Csm, rinviando tutto a lunedì.
Il nodo delle quote rosa
Se, infatti, la soglia rosa non si raggiunge, la legge parla chiaro: riapertura del termine per la presentazione delle candidature dei soli soggetti appartenenti al genere sottorappresentato, che dovranno comunque pervenire entro le 10 di lunedì 16 gennaio. Di fatto, nessun autocandidato dovrebbe avere concrete possibilità di elezione. Tuttavia non è possibile escludere sorprese all’ultimo momento, visto che lo stallo è tale da non poter eliminare nessun esito. Spulciando l’elenco dei 239 papabili al Csm ci sono diversi nomi noti, come gli ex Forza Italia Gaetano Pecorella e Luigi Vitali, l’ex-An Antonino Lo Presti e l’avvocato Lorenzo Borrè, che ha curato i ricorsi dei dissidenti grillini contro la nomina di Giuseppe Conte a capo del M5S.