Il direttore di AssoCareNews.it, Angelo Riky Del Vecchio, torna ad intervistare i principali protagonisti della sanità italiana. Questa volta ha ascoltato il commissario nazionale della UIL FPL, Domenico Proietti, sindacato che da sempre si batte per il progresso e per l’emancipazione economica di Infermieri, Infermieri Pediatrici, Ostetriche, Operatori Socio Sanitari, Professioni Sanitarie, Amministrativi e Tecnici del SSN pubblico e privato.
Proietti ha risposto con garbo a 7 domande impertinenti del Direttore. Scopriamo assieme cosa ha riferito.
La Legge di Bilancio 2023 prevede pochi fondi per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Sanità e in particolar modo per gli Infermieri. La Uil FPL ha già protestato, ma finora la politica non ha dato le risposte adeguate. Come intendete far fronte a questa mancanza di sensibilità vero coloro che fino ad un anno fa venivano considerati “eroi”?
Oggi stiamo attraversando una gravissima crisi, l’abbiamo detto più volte e sicuramente le manifestazioni in corso nelle giornate dal 12 al 16 Dicembre contro una Legge di Bilancio che abbiamo definito iniqua e priva di risposte sono un passo per non permettere che il silenzio domini ancora lo scenario del bisogno di migliaia di lavoratrici e lavoratori, tra cui tutti i professionisti sanitari.
Abbiamo la responsabilità di riportare al centro del dibattito pubblico le difficoltà del nostro sistema sanitario, la carenza di personale e non solo. Crediamo che richiamare quei valori fondamentali della Legge 833 del 78 e provare a sistemare quelle distorsioni introdotte dal Titolo V della Costituzione, sia una strada.
Per farlo non esiste una ricetta magica ahimè, ma sicuramente cercheremo di incalzare la nostra presenza in questa fase, perché le indennità previste per il personale dell’emergenza-urgenza possano essere non solo anticipate al 2023, ma anche consolidate e vigileremo perché le risorse del Pnrr, che ci potrebbero consentire una rigenerazione del modello di medicina territoriale, prima ancora che del sistema organizzativo, della salute nel nostro Paese non vadano perse, oltre a ulteriori risorse che ci consentano di ripensare il sistema salute.
Siamo a fine anno e molti Infermieri, OSS e Professionisti Sanitari di altre discipline saranno stabilizzati ad eccezione di coloro che non hanno maturato i 36 mesi (Legge Madia) o i 18 mesi (entro giugno 2022) durante la Pandemia Covid per errori delle aziende sanitarie o perché assunti con contratti atipici o emergenziali (pronta disponibilità, Partita IVA, Agenzie Interinali e Co.Co.Co.). Perché il lavoratore che ha prestato la sua opera per far fronte ad una crisi sanitaria planetaria ora deve pagare le conseguenze di una cattiva organizzazione del SSN?
Il fenomeno del precariato, quale forma di assunzione di personale con contratti temporanei in deroga ai principi del concorso e della predeterminazione degli organici, costituisce una caratteristica strutturale da tempo della pubblica amministrazione italiana, nel caso delle lavoratrici e lavoratori della sanità le cause, sono proprio individuabili oltre che nella scelta di politiche di contenimento della spesa imperniate sul blocco delle assunzioni a tempo indeterminato, anche nel tentativo di trovare soluzione a un’emergenza che ha travolto e stravolto il nostro Paese.
Ovviamente, concordiamo nell’idea che sia ingiusto che “un lavoratore paghi” le conseguenze di una cattiva organizzazione e come avvenuto per una grande parte di operatori sanitari che è stata stabilizzata con la legge di bilancio 2022 ci batteremo perché ciò possa avvenire anche per coloro i quali i requisiti non hanno permesso quella stabilizzazione.
Però dobbiamo dirci con trasparenza che un’operazione di questo tipo, a prescindere dall’eventuale esito di un ipotetico vaglio di legittimità costituzionale, non può avvenire in tempi brevissimi.
Il nostro obiettivo, quindi, è sostenere e costruire il lavoro sicuro ben retribuito per tutti i giovani che si affacciano al mercato del lavoro, dare vita alla promessa di ricambio generazionale, ma è necessario sospendere i tetti di spesa al personale per dotare di competenze e professionalità adeguate il SSN e guardare il nostro sistema salute come volano di buona occupazione.
Gli Operatori Socio Sanitari italiani non sono rappresentanti da alcuna organizzazione ordinistica o collegio unico nazionale. Da tempo chiedono almeno l’istituzione di un elenco nazionale che dia loro e al cittadino la garanzia di essere considerati professionisti nel settore socio-sanitario. In più da tempo chiedono formazione condivisa e unificata tra le varie Regioni e province autonome. E per finire in Veneto e in Lombardia sono nati di recente i Super-OSS. Come si pone la UIL FPL rispetto a tali novità?
Noi non siamo contrari all’evoluzione e la crescita professionale della figura dell’OSS, al contrario, crediamo che l’ evoluzione della figura dell’Operatore sociosanitario è doverosa, necessaria e non differibile, però su questo tema estremamente sentito e dibattuto abbiamo espresso in maniera chiara la nostra posizione anche alla luce delle scelte operate dal Veneto e la Lombardia. Noi siamo un sindacato confederale, convinti che un processo nazionale di aggiornamento verso l’alto debba avvenire con un pieno riconoscimento di funzioni e rideterminazione di tutti i profili professionali che operano nell’ambito del comparto, non, quindi, un profilo per volta a seconda delle convenienze.
Tra l’altro la scelta operata dal Veneto e Lombardia riteniamo sia stata una scelta che ha alimentato ulteriormente le criticità dei rapporti tra lavoratori.
Mi spiego meglio, registriamo racconti di infermieri che si sentono esausti del loro ruolo e operatori sociosanitari che pur sentendosi in parte gratificati dalla possibilità di un avanzamento nel loro ruolo professionale, sono preoccupati del fatto che, mancando un profilo nazionale univoco e aggiornato, avranno più responsabilità a invarianza retributiva.
Quella del Veneto e della Lombardia è stata una scelta quindi che non ha posto al centro la persona, ma il risparmio, in particolare quello dei datori di lavoro privati e gestori di strutture residenziali che in ragione della carenza di infermieri e delle difficoltà dei bilanci cercano soluzioni veloci e poco qualitative per i lavoratori e per i servizi erogati.
Come abbiamo già detto questo è il risultato di una delle distorsioni introdotte dal Titolo V della Costituzione, in cui le Regioni, potendo attivare dei “moduli di formazione complementare in assistenza sanitaria”, sulla base del fabbisogno rilevato nei servizi e strutture socioassistenziali del loro territorio, sfuggono a quella logica di omogeneità e ricostruzione di un sistema salute universale tra Nord e Sud per il quale da tempo ci battiamo.
Per concludere non possiamo che aspettare: il tema è oggetto di discussione nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni a fronte anche di una bozza su cui abbiamo espresso le nostre perplessità e richiesto un confronto.
Le Ostetriche e la FNOPO chiedono da mesi il riconoscimento della cosiddetta Indennità di Specificità Ostetrica. Come si pone la UIL Fpl rispetto a questa richiesta?
La figura dell’Ostetrica è una figura fondamentale nel nostro SSN l’abbiamo sempre sostenuto e riconosciuto e come organizzazione abbiamo sempre avuto dei buoni rapporti di collaborazione con la FNOPO, ciascuno con ruoli differenti, ma sempre nell’interesse delle lavoratrici e lavoratori. Abbiamo già spiegato che non c’è una nostra contrarietà al riconoscimento dell’indennità di Specificità Ostetrica, al contrario, già nella L.178/2020, ci siamo battuti per attribuzione delle indennità per le professioniste.
Il contratto 2019-2021 aveva pochissime risorse ed è stato frutto di un faticoso lavoro in cui comunque abbiamo ottenuto la possibilità di prevedere un allargamento del sistema indennitario ad altre UO/Servizi (art.107 comma 3 dell’Ipotesi di rinnovo CCNL) in fase di contrattazione decentrata.
Senza promessa alcuna, alla luce delle inesistenti risorse che ad oggi riscontriamo nella bozza di bilancio destinate per la copertura del contratto 2022-2024, ciò che possiamo dire è che terremo presente la richiesta avanzata dalle lavoratrici e sostenuta dall’ordine, come sempre abbiamo fatto indistintamente verso tutte le professioni con grande attenzione e comunione di intenti.
La formazione post-Universitaria di base di Infermieri, Ostetriche e Professioni Sanitarie va assolutamente modificata, così com’è non riesce a formare i discenti in maniera completa anche per l’assenza generalizzata di docenti sanitari non medici. Da più parti si chiede l’eliminazione del numero chiuso per l’accesso alle Lauree Magistrali e ai Dottorati di Ricerca. Non crede che anche come sindacato sia giunto il momento di interrogarsi su quali dirigenti, ricercatori e docenti universitari preparare in futuro?
Ci siamo interrogati spesso su questo tema, non solo relativamente ai riflessi per le carenze organiche, ma anche dal punto di vista più legato ai temi dei giovani e del futuro tanto del nostro sistema salute quanto del Paese.
E conveniamo con il dire che sia necessario eliminare il numero chiuso per l’accesso alle lauree magistrali di medicina, come una rivisitazione dei Dottorati di Ricerca.
Dobbiamo però farlo con un progetto chiaro che abbia una direzione, un punto d’arrivo e delle garanzie, dobbiamo porci l’interrogativo del “giorno dopo l’abolizione”, su come monitorare e garantire una selezione in itinere più che necessaria con criteri oggettivi validati dai professori universitari.
Dobbiamo porci il tema dell’aumento delle risorse e delle strutture per quel che riguarda sia il sistema pubblico universitario che il SSN, comprendere il ruolo che gli attori tutti, dalla famiglia allo Stato giocano nell’indirizzo della scelta universitaria per i giovani maturati, come avviene in Europa, per tramite di un piano Industriale che dia anche un’indicazione di che tipo di professioni in ambito sanitario il Paese necessita.
E infine c’è tutto un secondo pilastro che ruota attorno al sistema delle borse di specialità e del loro indispensabile aumento, della qualità di apprendimento da garantire agli studenti specie dal terzo anno, quando inizia il tirocinio.
Abbiamo una battaglia culturale irrisolta, legata “all’ascensore sociale” ancora da affrontare per smontare l’elitarismo di determinati ambienti e cambiare rotta, iniziando a pensare che l’università non serva solo per occupare posti di lavoro già esistenti ma potrebbe generare nuove professionalità in linea con i grandi cambiamenti sociali, una sorta di facoltà professionalizzanti.
Crediamo che partire dall’eliminazione del numero chiuso, sia un passo per cominciare a guardare a un nuovo impianto costruito insieme alle tante giovani e giovani che vivono il sistema formativo nazionale nel ruolo di studenti e le tante lavoratrici e lavoratori che lo abitano da tempo, una sinergia per costruire un “futuro”.
Infermieri, Ostetriche e Professioni Sanitarie continuano a lamentare stipendi da fame e un CCNL non idoneo alle esigenze professionali ed economiche dei singoli lavoratori. Spesso si ha l’impressione che Politica e Sindacati non dicano la verità sui rinnovi contrattuali e che le sigle sindacali firmatarie si accontentino di poche briciole pur di giungere all’accordo. Non crede che il sindacato debba andare oltre gli interessi politici e pensare un po’ più a quelli del lavoratore magari ascoltando direttamente la base?
Credo ci sia un errore di fondo se me lo permette il sindacato non fa gli interessi politici, non la Uil almeno.
Il tentativo di delegittimare il ruolo del Sindacato e più in generale dei corpi intermedi, ispirato all’idea della disintermediazione negli ultimi anni, è stato trasversale fra tutti i gruppi politici: dal centro destra, al centro sinistra perché talvolta poco si conosce come “lavora il sindacato”. Si tratta di un errore culturale prima che politico.
Noi abbiamo spesso spiegato anche ad alcuni Presidenti del Consiglio come il sindacato si componga di persone, lavoratrici, lavoratori, pensionati che scelgono di destinare il proprio denaro, per tramite di un tesseramento e dedicano parte del loro tempo libero all’organizzazione. Ciò significa che al sindacato è attribuito e riconosciuto un ruolo importante, che parte dal coinvolgimento, dall’ ascolto, dalla conversazione come elementi principi delle relazioni sociali tra persone.
Non ci sono misteri o sotterfugi rispetto ai rinnovi contrattuali, ci sono istanze, racconti, rivendicazioni, problemi, proposte ragionate soluzioni che partono dai resoconti, dalle esperienze aziendali dei territori, che vengono riviste nell’ordine regionale e ricostruite ancora sul piano nazionale per tramite dei nostri organismi.
Noi abbiamo la responsabilità e il “mandato” di costruire contratti che garantiscano, ad ogni singola lavoratrice e lavoratore, dalla Valle D’Aosta alla Sicilia, una retribuzione dignitosa, che richiede grande attenzione anche in funzione della crescita dell’inflazione e l’aumento generalizzato dei prezzi, diritti, tutele, innovazioni professionali e molto ancora e in sanità come nelle autonomie locali lo facciamo combattendo con governi, che condizionano le risorse dei rinnovi contrattuali ai tagli di spesa delle amministrazioni pubbliche o che non stanziano abbastanza risorse per dare risposte immediate e tutte insieme alle lavoratrici e i lavoratori. Ecco perché un rinnovo contrattuale non è mai un punto di arrivo ma una nuova partenza.
Qual è la posizione della UIL FPL rispetto al rinnovo del CCNL 2022-2024 del Comparto Sanità?
La sottoscrizione del contratto 2019-2021 è stato un passo importante, ma come già detto in precedenza un punto di partenza e non di arrivo perché si possa parlare di piena valorizzazione del personale sanitario.
Sono stati rivisti l’ordinamento professionale, il sistema degli incarichi oltre all’istituzione dell’area dell’elevata qualificazione.
Abbiamo affrontato un lungo confronto sull’indennità di specificità, ma non abbiamo risolto tutto. Infatti, il contratto 2022-2024 dovrà essere per la UIL-FPL il compimento di ciò che ci eravamo posti e che non è stato possibile ottenere con le risorse stanziate dalla vecchia legge di bilancio a partire proprio dalla valorizzazione degli incrementi tabellari.
Siamo consapevoli che nel nostro Paese i professionisti sanitari guadagnano molto meno che in Europa e che un’inflazione del 10% incide molto sulla gestione della vita quotidiana.
Possiamo dire che sarà una nuova e faticosa battaglia quella che ci attende, perché da come la manovra finanziaria è stata presentata, se pur in attesa di termine dell’iter parlamentare non ha riservato l’attenzione che ci aspettavamo al Sistema Sanitario e le risorse poste sono davvero insufficienti.
Continueremo a lavorare perché si cambi approccio verso il tema salute e che quell’attenzione che durante il periodo pandemico a partire dalla politica, ma anche dalla collettività, che aveva permesso di riportare sul podio la centralità della salute come diritto universale e non come nota di subordine alla compatibilità economica di Paese possa tornare a sentirsi e con essa la dignità di tutte le lavoratrici e i lavoratori di tutta la filiera sanitaria e socio assistenziale.
Grazie commissario e buon lavoro!
Leggi anche:
UIL Fpl. Buone notizie per dipendenti Enti Locali: firmato il contratto.
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