ALBA In occasione della giornata mondiale per i diritti umani del 10 dicembre, la rete italiana delle Donne in nero contro la guerra lancia il seguente appello perché i Paesi dell’Unione Europea offrano accoglienza e protezione ai disertori e agli obiettori di coscienza di Russia, Bielorussia, Ucraina.
A dieci mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, mentre la devastazione del Paese non conosce tregua e decine di migliaia sono i morti tra la popolazione civile e tra i soldati arruolati nei due eserciti contrapposti, in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani rivolgiamo un appello agli Stati dell’Unione Europea affinché offrano accoglienza e tutele giuridiche a tutti gli uomini e le donne che, chiamati a combattere, scelgono di non impugnare le armi e di non esercitare violenza sui propri simili.
Secondo l’ufficio europeo per l’obiezione di coscienza (Ebco-Beoc) e altre reti internazionali per la pace e il disarmo, sarebbero 300mila le persone che nei mesi scorsi hanno lasciato la Russia a causa della guerra. Tra queste ci sono migliaia di uomini – obiettori, renitenti alla leva, disertori – che non vogliono raggiungere il fronte e contestano una guerra considerata illegittima dal diritto internazionale. Nello stesso periodo, circa 20mila uomini sono fuggiti dalla Bielorussia per sottrarsi al reclutamento e alla partecipazione a operazioni militari accanto all’alleato russo.
In Ucraina, quasi 5mila sono i giovani che si sono dichiarati obiettori di coscienza, ma la legge marziale introdotta con la guerra nega il riconoscimento della loro scelta e la possibilità di svolgere un servizio civile utile ai bisogni della popolazione, in alternativa alla leva. Dall’inizio del 2022, secondo le valutazioni del Movimento per la pace ucraino, le persone incriminate per aver scelto di non arruolarsi sono 971 e le pene a cui vengono sottoposte variano fra i tre e i cinque anni di carcere. Si stima inoltre che circa 3mila ucraini abbiano chiesto asilo nella sola Moldavia.
In Ucraina come in Russia, chi si sottrae al servizio militare è considerato un criminale e un traditore della patria.
Tante sono le istituzioni internazionali che considerano l’obiezione di coscienza al servizio militare un diritto fondamentale della persona. Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni unite lo associa al diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione e ne proibisce la violazione perpetrata con atti coercitivi. Analoghe dichiarazioni sono state espresse dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite Unhcr, dalla Corte europea dei diritti umani e dalla Convenzione europea dei diritti umani. Il Parlamento europeo e l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nel corso degli anni sono intervenuti ripetutamente con delibere e raccomandazioni a sostegno di tale materia. Lo hanno fatto anche nel 1993 e 1994, con risoluzioni riferite ai disertori e ai renitenti alla leva delle repubbliche della ex Jugoslavia.
Alla luce di queste vincolanti disposizioni giuridiche, chiediamo ai Paesi dell’Unione Europea di accogliere prontamente entro i propri territori gli obiettori di coscienza, i disertori, i renitenti alla leva in fuga dalla Russia, dall’Ucraina e dalla Bielorussia, concedendo loro protezione, in virtù della situazione di pericolo in cui versano e delle vessazioni a cui sono sottoposti nei loro Paesi d’origine per la scelta di non imbracciare le armi e di praticare la nonviolenza attiva.
Considerato che la protezione temporanea nell’Unione Europea è attualmente concessa ad ogni cittadino registrato in Ucraina entro il 24 febbraio 2022, ci chiediamo cosa accadrà agli eventuali obiettori di coscienza ucraini presenti nei Paesi Ue quando questa disposizione, di durata annuale, scadrà, salvo possibili proroghe decise dal Consiglio dell’Unione. Chiediamo che a queste persone, per la particolare condizione in cui si trovano, sia riconosciuto un permesso permanente di soggiorno.
Anche per gli obiettori russi e bielorussi, per i quali è ben più difficile superare i confini dell’Unione Europea e che non godono della protezione temporanea, chiediamo sia attivata la protezione internazionale, per tutelare la loro sicurezza e la loro vita.
Come attiviste di una rete di donne che ripudiano la guerra e credono che tutti i conflitti armati possano essere prevenuti con gli strumenti della politica, della diplomazia, della presenza di un maggior numero di donne impegnate in percorsi di pace ai tavoli delle trattative, esprimiamo la nostra vicinanza e la nostra solidarietà agli obiettori, disertori, renitenti alla leva che hanno scelto la strada impervia della nonviolenza.
Rete italiana delle Donne in nero