«Cosa Nostra non uccide donne e bambini». Una regola tanto nota quanto disattesa dall’organizzazione criminale. A farlo notare, in una diretta Instagram è Roberto Saviano, che ricorda alcuni degli omicidi più crudeli, che smentiscono la presunta regola, ripercorrendo l’attività criminale di Matteo Messina Denaro, rimasto l’ultimo dei grandi boss in circolazione prima del suo arresto, oggi a Palermo. Tra questi c’è quello che nel 1992 vide Messina Denaro partecipare attivamente all’uccisione di Vincenzo Milazzo, a capo della cosca di Alcamo, che aveva iniziato a dare segni di non gradire la guida del boss di Cosa Nostra Totò Riina. Tolto di mezzo Milazzo, l’organizzazione decise di uccidere anche la sua fidanzata incinta di tre mesi, Antonella Bonomo. La donna venne strangolata. «Poteva generare un maschio che avrebbe vendicato il padre», commenta Saviano. Insomma, «la regola si proclama, ma non rispetta in nessun modo» continua lo scrittore.
Giuseppe Di Martino, sciolto nell’acido a 12 anni
Saviano ricorda anche un altro aneddoto. Uno degli omicidi più crudeli mai ordinati da Messina Denaro. Quello di Giuseppe di Martino, figlio del pentito Santino. Il bimbo, venne rapito il 14 novembre 1993, quando aveva 10 anni, e tenuto sotto sequestro per ordine di Messina Denaro per due anni. Un giorno, il boss mandò una squadra di mafiosi travestiti da poliziotti a cavallo a prendere il piccolo Giuseppe all’uscita dal maneggio dov’era solito passare il tempo. I mafiosi convinsero il dodicenne che lo avrebbero portato dal padre. Ma ciò non avvenne, il bimbo venne «legato come un animale» – per usare le parole del pentito Giuseppe Spatuzza – e sciolto nell’acido.
L’omicidio per onore dell’albergatore rivale in amore
Il terzo degli omicidi non ha come vittima una donna. Andrea Hasleher lavorava in un albergo di Selinunte (TP). Con lei Messina Denaro aveva una relazione, ma al proprietario dell’albergo, anche lui invaghito dell’austriaca, non andava bene: «Questi mafiosetti che girano per l’hotel, che girano per il territorio, sono insopportabili». Bastò questa frase a Messina Denaro per decidere di far uccidere l’albergatore. Sebbene non smentisca la presunta regola di Cosa Nostra su donne e bambini, su questa storia Saviano riflette: «Una cosa del genere mostra che la mafia di quegli anni, è una mafia che controlla anche le parole. Che impedisce che qualcuno dica “mafia”. Anche solo pronunciare il nome di un mafioso viene visto con fastidio. Vissuto come un abuso, e quindi punito con la morte. Ecco, oggi non è assolutamente così. Oggi le organizzazioni criminali sanno che sono tema di dibattito che vengono pronunciati i loro nomi», spiega lo scrittore nella diretta Instagram.
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