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I nodi tecnici e politici | Si allungano i tempi per l’invio di nuove armi dall’Italia all’Ucraina – Linkiesta.it

Il decreto per l’invio dall’Italia dello scudo anti-missile Samp-T per difendere l’Ucraina potrebbe arrivare non prima di febbraio. Una richiesta che Giorgia Meloni ha ricevuto personalmente da Volodymyr Zelensky e su cui Washington ha insistito due giorni fa. Ma, spiega Repubblica, nonostante la volontà politica della premier ci sia tutta, si affastellano diversi nodi tecnici oltre che politici. Il momento della verità è fissato a fine gennaio, quando il governo stabilirà quali e quanti mezzi spedire.

Ucraini e americani chiedono il sistema di difesa. Meloni è disponibile e spera in una soluzione prima del 24 febbraio, perché entro quella data sarà a Kyjiv da Zelensky e non intende farlo a mani vuote. Nello stesso tempo, il ministro della Difesa Guido Crosetto è atteso il 20 gennaio al vertice alleato nella base aerea di Ramstein, dove con la Nato si stabiliranno gli avanzamenti nelle forniture.

A complicare il percorso, peserebbero anzitutto gli equilibri delicati nella maggioranza. Non è un mistero che Matteo Salvini e Silvio Berlusconi sono scettici sul sostegno militare a Kyjiv, tanto da aver chiesto un rallentamento del flusso di armi. Dai vertici del governo, però, questa tesi viene negata con decisione.

C’è un altro punto, controverso, su cui si dibatte poi in queste ore e che non va sottovalutato: il timore di sguarnire i cieli italiani. L’Esercito – spiega Repubblica – possiede cinque batterie operative, più una per l’addestramento. Una è attiva in Kuwait. Un’altra è stata promessa dal precedente governo agli Stati Uniti: verrebbe schierata in Slovacchia e servirebbe a sostituire una batteria americana di Patriot posizionata nel Paese dell’Europa orientale, che sarebbe a sua volta dirottata in Ucraina. Già due esemplari quindi sono impegnati. E altri due sono ciclicamente in manutenzione. In realtà, quella che andrebbe offerta a Kyjiv sarebbe la batteria utilizzata per l’addestramento, dunque non operativa. E in ogni caso, esiste la presenza della Nato sul suolo italiano a garantire la difesa.

C’è poi nodo dei costi. Un Samp-T completo costa circa 750 milioni di euro. Quello che il governo dovrebbe fornire agli ucraini vale però circa 250 milioni: è privo di alcune componenti, e dei missili, che sarebbero assicurati dai francesi. Sono cifre importanti, ma in linea con i cinque precedenti decreti varati dall’esecutivo Draghi.

E infine ci sarebbero le resistenze dei tecnici. Prima di ogni decreto si è registrata una dialettica tra militari e governo attorno alla scelta dei mezzi da inviare e al peso di una riduzione delle scorte. È però chiaro che la Difesa ha sempre ponderato le scelte tenendo a mente l’obbligo di non scendere sotto gli standard di sicurezza necessari.

L’investimento del governo Meloni sull’Ucraina è forte, anche sul piano economico. In settimana il ministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso sarà a Kyjiv con il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. E poi, le forniture del quinto decreto sono ormai di fatto quasi esaurite. E dunque si attende ora di capire quando ci sarà il successivo provvedimento e perché i tempi sono così rallentati.

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