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La gioia è tutt’altro che un episodio di euforia e sballo

PENSIERO PER DOMENICA – TERZA DI AVVENTO – 11 DICEMBRE

La terza domenica di Avvento, domenica della gioia, sembra un corpo estraneo nel contesto in cui viviamo: un mondo di scontenti (come recita un libro da poco pubblicato), in cui sono sempre più numerosi gli smarriti di cuore, stanchi e sfiduciati. L’allarme degli studiosi è serio: non si tratta dei fisiologici momenti di stanchezza che sono l’ingrediente della vita umana, ma di uno stato di insoddisfazione permanente, intervallato da brevi momenti di euforia o sballo. Nella parola di Dio troviamo tre indicazioni per superare questo stato di cose.

La gioia è tutt’altro che un episodio di euforia e sballo
Giovanni Battista nel deserto, icona a tempera su legno del XVI-XVII secolo, Accademia di Mosca.

Non coltivare la tristezza. Prendendo spunto dalla metafora agricola usata da san Giacomo (5,7-10), noi possiamo scegliere di coltivare sia la gioia che la tristezza che nascono spontaneamente nel cuore. Lamentarsi sempre e di tutto, fare a gara nell’individuare ombre attorno a noi è coltivare la tristezza. Per coltivare la gioia occorre costanza nel lavoro e capacità di attesa dei frutti, come l’agricoltore. È fondamentale “rinfrancare i cuori”, aiutarci ad avere uno sguardo buono sulla realtà. Gioia e tristezza sono virus contagiosi: cosa diffondiamo attorno a noi?

Non stancarci di sognare. È il messaggio di Isaia (35,1-10): un testo che gli esegeti considerano scritto per gli schiavi a Babilonia. Agli “smarriti di cuore”, in stato di schiavitù e lontani da casa, il profeta prospetta la visione di un deserto che fiorisce al loro passaggio, nel cammino di ritorno. La sfida della fede è non smettere di credere in un futuro diverso. Anche il nostro mondo, dopo la pandemia, la guerra e la crisi potrà rifiorire. Alcuni israeliti avrebbero voluto rimanere a Babilonia, dove si erano conquistati uno spazio rassicurante. Il nuovo, come il deserto, faceva paura. Bisogna uscire: «Il grande rischio del mondo attuale è una tristezza individualistica che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Francesco, Eg 2).

Continuare a cercare. Matteo (11,2-11) ci presenta Giovanni Battista come uomo del dubbio e della ricerca. Lui aveva conosciuto Gesù fin da bambino, aveva intuito che in lui c’era qualcosa di unico. Ma, finito in prigione, in una condizione di estrema debolezza, viene assalito dal dubbio: dove sono le vittorie sfolgoranti che si aspettava? Dove il giudizio sui malvagi? Dove le folle convertite? Gesù risponde a Giovanni e a noi con l’invito a cogliere altri segni della sua presenza: il barlume di speranza che lenisce le sofferenze dei malati, una vita resa più umana da relazioni significative e ricca di senso per l’attenzione all’altro. Questa è la “gioia a caro prezzo” che può illuminare il Natale.

 Lidia e Battista Galvagno

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