Non c’è pace per la segreteria di Matteo Salvini. Dopo il risultato alle politiche dello scorso 25 settembre, i militanti leghisti hanno smesso di nascondere l’insofferenza per la parabola nazionale impartita alla Lega dal Capitano. Fomentati anche dagli esclusi in Parlamento – complice il consenso crollato sotto il 9% e il taglio del numero di deputati e senatori -, gli esponenti del Nord chiedono che si ritorni alle origini, al Sole delle Alpi, al colore verde padano e si appellano alla figura quasi mitologica di Umberto Bossi. La Lombardia, dove il partito nacque negli anni ’90, fa da apripista al dissenso. Diversi candidati di Salvini alle segreterie provinciali sono stati sconfitti dai cosiddetti nordisti. Oggi, 9 dicembre, l’ennesima dimostrazione di sfiducia rivolta al leader: i consiglieri regionali Antonello Formenti, Federico Lena e Roberto Mura lasciano il gruppo Lega Salvini Premier a Palazzo Lombardia. L’accusa rivolta ai vertici è di «non predisposizione all’ascolto delle innumerevoli criticità territoriali e abbandono totale delle tematiche autonomiste nordiste».
Le motivazioni
Così, i tre costituiscono un nuovo gruppo regionale, sperando che il Comitato Nord riesca a prendere le redini del partito. Un mese e mezzo fa, Lena aveva già fatto presagire una sua uscita dal gruppo: «Non mi candiderò più. Sono rimasto deluso rispetto alla politica della Lega per l’autonomia, non c’è stata una spinta vera e significativa. Mi guarderò intorno, ma è giusto che vadano avanti i giovani». Ancora prima, a due giorni dal voto delle politiche, Lena – insieme a una consistente lista di leghisti lombardi, tra cui Massimiliano Bastoni, lo stesso Formenti, Alex Galizzi, Paolo Grimoldi, Andrea Monti, Ugo Parolo, Simona Pedrazzi e Gianmarco Senna -, aveva aperto la diga del malcontento: «Credo sia giunto il momento di smetterla di cercare scuse e ammettere che la strategia attuata sino ad oggi è stata fallimentare. La Lega ha smesso di parlare ai territori del Nord, ai suoi militanti ed elettori storici. Le sirene romane, le aperture al Sud , il circo mediatico, hanno fatto il resto facendoci perdere credibilità agli occhi dei nostri storici elettori e di chi nel corso degli ultimi anni ha scelto di dare fiducia al nostro progetto autonomista. È giunta l’ora di un chiarimento: si convochi il congresso della Lega Lombarda. Basta commissariamenti, basta Yes-men nominati dall’alto, basta parentopoli, basta imbarcati dell’ultimo minuto».
Formenti, sempre a ridosso delle elezioni: «Occorre svolgere subito, in brevissimo tempo, i congressi per restituire ai territori i propri rappresentanti votati e non imposti dall’alto, secondo logiche poco comprensibili e lontane dal merito». Infine, Mura si è speso nella condivisione sui social di moltissimi post pieni di entusiasmo per il Comitato Nord e il ritorno in campo di Bossi. Il quale, lo scorso 3 dicembre, sul palco dell’appuntamento organizzato dal Comitato a Giovenzano, ha attaccato con voce roca ma decisa Salvini: «Abbiamo visto cancellare l’identità della Lega. Sapevamo come sarebbe finita, se cancelli l’identità muori. Un movimento politico non può esistere se non ha una identità chiara. Abbiamo dato vita al comitato del Nord per rinnovare la Lega, non per distruggerla. Noi a Roma chiediamo l’autonomia, giustamente, è prevista anche dalla Costituzione. Però non possiamo a casa nostra essere centralisti». Bossi ha criticato anche la scelta di «commissariare» il partito veneto. «I fratelli veneti da centinaia di anni sono un popolo fratello rispetto al popolo lombardo, sono sempre stati assieme. Centinaia e centinaia di persone si sono legate al comitato in queste settimane. Si vede che il problema era sentito. Non ci interessa punire, ma non potevo ignorare l’appello dei militanti della Lega che dicevano: “Bossi fai qualcosa”».
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