Pane duro, amaro. E’ quello che continuano a sfornare i panificatori del Piemonte in tempi in cui i rincari delle materie prime e dell’energia rendono la quadratura dei conti un vero esercizio da fachiro. E spesso si finisce per lavorare in perdita. Anche perché la gente sta controllando i consumi e a ridurre gli acquisti al minimo necessario.
I conti in aumento continuo
Nella nostra regione sono circa 1.300 le attività di panificazione che quotidianamente sfornano quintali di prodotto. Molte di queste distribuiscono il loro prodotto anche attraverso le Piattaforme Organizzate.
Gli ultimi dati dicono però che se la farina è aumentata del 33,8% tra ottobre-novembre 2021 e ottobre-novembre di quest’anno, e dello 0,8% tra agosto-settembre 2022 e ottobre-novembre 2022, il prezzo del pane, quindi del prodotto finito, è cresciuto di meno della metà e quindi del 16% tra ottobre-novembre 2021 e ottobre-novembre di quest’anno, e dello 0,8% tra agosto-settembre 2022 e ottobre-novembre 2022.
Ma per lavorare il pane occorre, solo per fare degli esempi, anche dell’ oliva (cresciuto del 43,6%) di semi vari (+16,6%), burro (+23,5%) e lo zucchero (+19,4%), per non parlare dei costi di energia e gas.
“Le imprese della panificazione – sottolinea Marco Vacchieri, referente alimentari di Confartigianato Torino – producono beni di prima necessità la cui distribuzione non può essere messa a repentaglio, pena il rischio di gravi ripercussioni sulla tenuta sociale. Ingiusto far mancare il pane alla popolazione”.
“I prezzi delle farine cambiano di giorno in giorno – spiega Vacchieri – non riusciamo a star dietro ai continui rialzi delle materie prime. Si sono verificati aumenti fino al 30-40% che ci costringono ad aumentare a nostra volta il costo del pane e dei prodotti da forno al consumatore. Abbiamo ritoccato i nostri prezzi, ma l’aumento non copre i costi sostenuti. Se a livello nazionale non si interviene tante nostre realtà presto saranno costrette a chiudere”.
“Per questa ragione – sottolinea Confartigianato Torino – chiediamo interventi specifici per far fronte ai rincari di farina, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari. In Piemonte ci sono circa 1.300 imprese, con oltre 5.500 addetti, che da oltre due anni stanno affrontando una situazione di fortissima instabilità che ha messo a dura prova la tenuta delle produzioni e a rischio la qualità delle produzioni alimentari, simbolo del Piemonte. Senza interventi mirati e immediati il pane artigianale, bene primario per eccellenza, potrebbe presto venire a mancare dalle tavole piemontesi e italiane”.
Le richieste della categoria al ministero
Per tentare di contrastare questa grave situazione gli imprenditori dell’arte bianca di Confartigianato hanno aderito ad un tavolo di coordinamento nazionale delle Associazioni dei Panificatori per scrivere al Ministro delle Imprese del Made in Italy, Adolfo Urso, e chiedere di dare più forza e sintesi alle richieste della categoria, condensate in 4 punti: l’incremento del credito di imposta previsto per le imprese ad alta intensità energetica, che per i panificatori artigiani dovrebbe essere elevato al 50%, con estensione a tutto il 1° quadrimestre 2023 ed applicazione dell’obbligo per i fornitori di uno sconto immediato in bolletta “ove richiesto” pari al credito d’imposta spettante a fronte di una automatica cessione dello stesso, l’intervento sulle norme relative al distacco delle forniture, individuando una moratoria che salvaguardi la continuità della produzione, stabilendo il pagamento di almeno il 20% della fattura che inibisca il distacco, l’intervento sul trattamento fiscale del lavoro notturno caratteristico nelle imprese di panificazione artigiana, al fine di contenere il costo del lavoro e contestualmente la capacità produttiva di pane fresco e infine il riconoscimento alle imprese del settore della qualifica di operatori svolgenti lavoro usurante.
Un tavolo per controllare costi e prezzi
Per sostenere le ragioni delle richieste come sopra avanzate, le Associazioni dei panificatori hanno anche chiesto un Tavolo di confronto presso il Ministero, anche per avviare un monitoraggio serrato dell’andamento dei costi energetici e delle materie prime, e per prevenire situazioni critiche che rischiano di creare notevoli tensioni sociali tra la popolazione. “Inoltre, ritoccare ulteriormente al rialzo il prezzo del pane risulterebbe impossibile in quanto diventerebbe “fuori mercato” rispetto alla concorrenza della grande distribuzione – conclude Confartigianato Torino – ed è chiaro che la questione del “caro bollette” vada affrontata principalmente a livello nazionale e in sede europea. Sarebbe invece opportuno che il settore venisse sostenuto con misure concrete per efficientarsi dal punto di vista energetico e per venire incontro a queste realtà che rappresentano la tradizione, l’identità dei nostri territori, che tengono in vita i nostri centri storici, che trasmettono il sapere artigiano di generazione in generazione”.