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Riaprire gli ex tribunali: il Governo Meloni ci pensa, da Alba un appello alla politica della Granda

Rivedere la riforma della geografia giudiziaria riportando in vita almeno una parte dei 30 tribunali (su 165) che dieci anni fa furono eliminati per volontà dell’allora ministro Paola Severino?

Quella che sembra una suggestione ricorrente nella politica dell’ultimo decennio parrebbe ora qualcosa in più di una remota possibilità se avranno seguito gli intendimenti che sulla spinosa materia sono stati recentemente manifestati dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove.

Discreta eco hanno infatti guadagnato sui giornali le dichiarazioni dell’esponente vercellese di Fratelli d’Italia, che non ha fatto mistero della propria intenzione di voler tornare sulla revisione decisa dall’allora Governo Monti – giudicata senza appello come “una scelta fallimentare” – per una “controriforma” che avrebbe già anche trovato l’assenso degli alleati di governo Lega e Forza Italia.

Un proposito, quello espresso dal politico di Gattinara, destinato a trovare terreno fertile in quell’altro angolo di Piemonte rappresentato dalla provincia di Cuneo, tra le più penalizzate da quella riorganizzazione, e in particolare nella capitale delle Langhe, dove la decisione di trasferire nella vicina Asti le aule di giustizia che dalla metà degli Anni Ottanta avevano sede nell’allora avveniristico edificio disegnato allo scopo dagli architetti torinesi Gabetti e Isola aveva provocato un’ampia sollevazione di amministratori e addetti ai lavori.

Tra questi ultimi, allora con la peculiare responsabilità rappresentata dal suo impegno ai vertici del disciolto Collegio dell’Ordine degli Avvocati, il legale Roberto Ponzio, mai rassegnatosi a quello che più volte, da allora, ha avuto modo di bollare come un palese torto compiuto ai danni del territorio.

“Delusioni ne abbiamo già avute troppe – spiega oggi l’avvocato, che negli anni tra il 2002 e il 2006 fu peraltro componente della commissione per la riforma del diritto penale guidata dall’attuale guardiasigilli Carlo Nordio –, come anche illusioni, in momenti nei quali sembrava aprirsi la prospettiva di poter riparare allo scempio istituzionale che ha sfregiato questo territorio, privandolo del suo tribunale – attacca sul tema Roberto Ponzio –. Le severe critiche espresse ora dal sottosegretario Delmastro, che peraltro è avvocato e conosce bene la realtà piemontese, fanno però ben sperare.

“UNA RIFORMA FALLIMENTARE”

Col governo Meloni il legale albese condivide certamente il giudizio, di quella riforma. “Una cosa è certa: la riforma attuata dal cosiddetto ‘governo dei professori’ non ha ottenuto i due risultati che si era preposta di realizzare, peraltro a costo zero: non ha rappresentato un risparmio, perché i costi dell’amministrazione della giustizia da allora sono cresciuti, con la beffa rappresentata per noi dal dover assistere alla costruzione di nuovi palazzi di giustizia come quello di Ivrea, e non ha consentito di accelerare i giudizi, visto che i tempi di questi si sono mediamente allungati. Per rimarcare l’insensatezza di quella scelta, per quanto riguarda Alba, basti ricordare che nel 2011 il Ministero della Giustizia pubblicò un elenco di 40 tribunali virtuosi, quelli che allora avevano smaltito un arretrato superiore al 5% e che Alba rientrava in questo elenco. E’ stata compiuta una follia pari a quella che farebbe un imprenditore che, dei suoi 165 punti vendita, decidesse di chiudere i più virtuosi”.

TAGLIO DEL 18%, PER CUNEO DEL 75%

Per l’avvocato Ponzio la follia sta nei numeri: 30 tribunali soppressi su 165 in tutta Italia, una percentuale su base nazionale del 18% che per il solo Piemonte è stata infine pari al 40% (7 sedi su 17) e per la sola provincia di Cuneo al 75%, visto che in Granda di tribunali ne saltarono tre su quattro.

“Forse il problema della giustizia era il problema della provincia di Cuneo”, ironizza qui l’avvocato albese, che poi tiene però ricordare come allora quello langarolo rappresentasse, per importanza e secondo dati del Consiglio Superiore della Magistratura, il 4° foro del Piemonte, dietro soltanto a Torino, Novara e Alessandria. “Ma anche come fosse l’unico, tra i trenta soppressi, ad avere una propria sezione distaccata” (quella di Bra) e, come risultasse ai primissimi posti per bacino di utenza e comuni accorpati.

L’INCONGRUENZA NEI NUMERI

“Il tribunale albese – continua Ponzio – copriva un bacino di utenza pari a 211.975 persone su un’estensione territoriale di 1.332 kmq e per circondario rappresentato da 79 Comuni. Venne chiuso come quello di Mistretta, nel Messinese, che aveva competenza su 20mila persone, 500 kmq e 8 Comuni. O di Camerino (49mila abitanti, 1.000 kmq di superficie e 22 centri). E non meglio mi sento se guardo a quelli ‘salvati’, dalla riforma: è stato mantenuto Spoleto: 80mila abitanti e 16 Comuni. E Lagonegro, in provincia di Potenza, con 89mila utenti e 36 Comuni. Ivrea ne aveva 189.406, era addirittura inferiore a noi, eppure ne è stato fatto il secondo tribunale del Piemonte”.

“Dobbiamo anche tenere presente che il palazzo di giustizia albese aveva una destinazione vincolata ad attività giudiziaria e non mi risulta che in questi anni sia stata modificata, ma che soprattutto parliamo di un territorio che conta la presenza di 6 multinazionali e 26mila altre imprese, tra le quali innumerevoli nei settori vinicolo e zootecnico. A fronte di tali dati, sono i numeri a parlare e la discriminazione con la quale questo territorio è stato privato del suo tribunale è assurda, non spiegabile, se non in ragione di aspetti lobbistici. Qui non parla il campanile, ma i numeri che sono stati misconosciuti o calpestati con una macroscopica ingiustizia. Ora giustamente il sottosegretario parla di ‘giustizia di prossimità’, principio che a rigore è anche contenuto nell’articolo 10 del trattato di costituzione della Ue, là dove si impone agli Stati membri una giustizia più vicina possibile al cittadino, onde garantire ai suoi cittadini il medesimo diritto di accedervi alle medesime condizioni. E senza dire che la tendenza all’accentramento dei servizio degli anni scorsi è stata accantonata e superata dalla pandemia”.

PIU’ GRANDI DELLA LIGURIA

Da qui l’appello alla politica cuneese, affinché non perda l’ennesimo treno: “Bisognerebbe che il territorio rispondesse: ci siamo rassegnati oppure vogliamo rivendicare quelli che sono i nostri diritti? Perché il problema è di tutta la provincia, che non può avere un solo tribunale quando conta 6.900 kmq di estensione e una popolazione prossima ai 600mila abitanti. Quella di Messina, se vogliamo fare un altro parallelo, conta 3.247 kmq e si trova con tre tribunali. Il Molise ha tre tribunali per 4.438 kmq. O l’intera Liguria, appena 5.420 kmq, meno di Cuneo, e quattro tribunali”.

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