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Stalin e la carestia ucraina | Piccole Note

HOLODOMOR MEMORIAL a WASHINGTON Tempo di lettura: 4 minuti

La terribile carestia che falcidiò gli ucraini tra il 1932 e il ’33, ricordata dai libri di storia come Holodomor, è oggi brandita contro la Russia, accusata di ripetere quel genocidio attraverso i bombardamenti contro le infrastrutture ucraine.

Al di là della palese strumentalizzazione alla base di tale confronto storico, che tende a identificare Putin con Stalin, e rimandando alle conclusioni le considerazioni sui bombardamenti, val la pena ripercorrere la storia dell’Holodomor, che appare alquanto istruttiva.

Stalin e la grande carestia

Secondo diversi storici fu Stalin a ordinare che agli ucraini venisse a mancare il pane quotidiano, un vero e proprio genocidio, ma tale lettura della storia, in realtà, è controversa.

La carestia fu “causata da condizioni meteorologiche sfavorevoli e da cattivi raccolti, aggravati dalle campagne sovietiche di collettivizzazione e

industrializzazione forzata”.

“La conseguenza fu che non vi era grano sufficiente, e la resa dei raccolti risultò molto più bassa delle previsioni ufficiali. La dirigenza sovietica, spesso non al corrente della realtà dei fatti, e ideologicamente consacrata a trascinare l’agricoltura sovietica nell’era industriale, non modificò i propri piani, addossando la colpa della scarsità di grano a sabotatori e ai ‘nemici di classe’”.

A scrivere queste cose è Roberto Iannuzzi, che ricorda come molti storici concordano sul fatto che quella terribile “carestia non colpì solo l’Ucraina, ma anche altri territori dell’Unione Sovietica, fino ad arrivare al Kazakistan. Le carestie allora erano frequenti. Dalla fine della prima guerra mondiale agli anni ’20 del secolo scorso, Russia e Ucraina furono colpite più volte dalla fame e dalla scarsità di cibo, spesso accompagnate da epidemie”.

Tale circostanza non sembra descrivere un piano contro l’Ucraina, quanto una tragedia generalizzata. Ma al di là delle apparenze, resta che dopo il crollo dell’Unione sovietica, gli archivi di Mosca si aprirono agli studiosi occidentali, i quali, come scrive Iannuzzi, “non hanno trovato traccia dell’esistenza di un piano (o del semplice desiderio) di Stalin e del suo alto comando di sterminare il popolo ucraino”.

Ciò potrebbe spiegarsi come frutto di un lavoro di pulizia degli archivi, certo, ma in quei documenti si trovò anche altro, che sembra smentire la tesi del genocidio. “Nel loro monumentale lavoro, – scrive Iannuzzi – gli accademici R. W. Davies [storico britannico] e Stephen G. Wheatcroft [storico australiano] hanno evidenziato ‘le incertezze nei dati e gli errori commessi da un governo generalmente male informato ed eccessivamente ambizioso’”.

“Secondo i due storici, lo stato sovietico ‘non ha mostrato segni che indichino un tentativo consapevole di uccidere in massa gli ucraini e anzi si è impegnato, seppur in maniera tardiva, per alleviare la tragedia quando essa divenne evidente’”.

I rimedi, ovviamente, non riuscirono a far fronte a quanto si stava consumando. Peraltro, essi furono “messi in atto in segreto, a causa della grande preoccupazione di coprire la catastrofe in corso”, da cui forse discende la scarsa conoscenza degli stessi. Tale dinamica è plausibile, dal momento che la tragedia avrebbe incrinato l’immagine che Mosca stava proiettando di se stessa come nazione moderna e progressiva.

Ad un’analoga conclusione, ricorda Iannuzzi, è giunto anche un altro storico americano, Stephen Kotkin, un altro studioso che aveva fatto la fatica di consultare gli archivi sovietici. Insomma, non c’è alcuna certezza sulla triste vicenda.

La narrazione che accusa decisamente Stalin di aver programmato tale genocidio, ricorda Iannuzzi, fu elaborata per la prima volta dalla stampa nazista e ripresa poi dalla propaganda americana e britannica, ed è stata alimentata nel dopoguerra soprattutto nell’ambito della diaspora ucraina.

La diaspora ucraina e l’Holodomor

“Tra i principali promotori di questa campagna – scrive infatti Iannuzzi – furono i nazionalisti ucraini giunti a migliaia in Nord America nel secondo dopoguerra, tra cui molti simpatizzanti e collaborazionisti nazisti […]. Ironia della sorte vuole che tali nazionalisti, inizialmente radicatisi nella Galizia orientale negli anni ’30, provenivano da un territorio che non era ancora parte dell’Ucraina e dell’Unione Sovietica all’epoca dell’Holodomor”.

“Il loro interesse a promuovere la campagna sull’Holodomor in chiave antisovietica coincideva con quello della propaganda occidentale contro Mosca ai tempi della Guerra Fredda”. Da cui il successo della campagna, confluita poi nei libri di storia come qualcosa di acquisito, tanto che “in Canada, che ospita una numerosa diaspora ucraina con una forte componente nazionalista, l’Holodomor è riconosciuto per legge come un genocidio ‘deliberatamente pianificato ed eseguito dal regime sovietico sotto Joseph Stalin’”. Leggi simili sono state approvate in molti altri paesi.

Peraltro, va ricordato quanto scrisse John-Paul Himka, storico americano-canadese con origini ucraine, cioè che “molte delle narrazioni sulla carestia come genocidio, promosse dai nazionalisti ucraini, sono soffuse di antisemitismo. Gli ebrei – che in realtà furono anch’essi tra le vittime dell’Holodomor – in queste narrazioni vengono identificati con i comunisti e descritti come complici dello sterminio dell’etnia ucraina”.

Secondo Wheatcroft, lo stesso Robert Conquest – lo storico che rese popolare la teoria del genocidio con il suo libro The Harvest of Sorrow: Soviet Collectivization and the Terror-Famine – ha in qualche modo ammorbidito le sue posizioni”.

Infatti, “Wheatcroft scrive che, posto di fronte ai nuovi dati forniti da lui e Davies, Conquest affermò che non pensava che Stalin avesse ‘inflitto di proposito la carestia del 1933. ‘No. Quello che sostengo è che, con la carestia ormai incombente, egli avrebbe potuto evitarla, ma anteponendo ‘l’interesse sovietico’ a quello di nutrire gli affamati, ne fu consapevolmente complice”.

Insomma, se è vero che Stalin ebbe delle responsabilità nella carestia ucraina, non è affatto certo che egli pianificò deliberatamente il terribile genocidio, al contrario di altre scelleratezze di cui certamente si macchiò.

Eppure, nonostante le controversie emerse dalla consultazione degli archivi sovietici, per l’Occidente il genocidio ucraino è qualcosa di ormai acclarato. Le ragioni della propaganda hanno avuto la meglio su quelle della storia.

La riscrittura della storia e le bombe sull’Ucraina

“E’ superfluo osservare – conclude Iannuzzi – che nel corso di una guerra le operazioni di propaganda sono la norma, ma la manipolazione della storia ha conseguenze pericolose e di lungo periodo, perché inasprisce gli antagonismi e allontana la soluzione negoziata dei conflitti”.

Quanto all’attuale campagna di bombardamenti sull’Ucraina, essa appartiene alle dinamiche proprie di ogni guerra, come ad esempio avvenne per l’Iraq e la Libia.

Ma occorre ricordare che, nella prima fase della guerra, i russi hanno evitato di bombardare l’intero territorio ucraino in maniera tanto continuata, perché speravano nell’apertura di un negoziato (che era stato intavolato, ma è svaporato dopo l’intervento indebito di Boris Johnson).

Finché Kiev, incalzata dai suoi sponsor, rimarrà attestata sulla prospettiva di ricacciare i russi fuori da tutto il Donbass e dalla Crimea, cosa non realistica come sanno bene a Washington, le bombe continueranno a cadere. E, purtroppo, c’è anche la possibilità che i bombardamenti diventino più massivi con l’avanzare dell’inverno. Servirebbe un sussulto di realismo, ma non si vede all’orizzonte.

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