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Storie di Orgoglio Astigiano. Demetrio Paolin: “Canelli è la mia patria linguistica. Castell

La chiacchierata con Demetrio, Demetrio Paolin, mi ha come disarmata.

Devo dire che scrivere di uno scrittore è un qualcosa che può mettere in estrema soggezione. Scrivendo questo articolo sto pensando: “Chissà come lo avrebbe scritto lui, chissà cosa penserà“. L’intervista mi ha dato molti spunti su cui riflettere. Primo fra tutti: Demetrio dice grandi verità e riesce a farlo meglio di me.

Per cui ho ascoltato, preso nota e imparato cose. Che adesso vi scrivo.

Demetrio, tu sei nato a Canelli. Che rapporto hai con questo territorio?

A Canelli ci sono solo nato, diciamo che è un paradosso, perchè ho incontrato nuovamente questa terra attraverso i libri. Sono laureato in Lettere e mi sono occupato molto di Pavese, ad esempio. Ho cercato quella parte di me immaginandola quando mio padre andava lì per lavoro. Sono molto amico di Marco Drago: era uno dei miei idoli letterari quando ero ventenne e all’inizio andavo nel Canellese per cercare di conoscerlo. Con Canelli ho un rapporto letterario, è la terra de “I mari del sud” di Pavese, è la mia patria linguistica. Solitamente dico che non scrivo in italiano, ma nel langarolo di Pavese, è una boutade, certo. Non parlo neanche il dialetto, in casa mia non si usava, quel poco che so l’ho imparato leggendo Pavese. Tra me e Canelli c’è un grande amore linguistico. 

E Castell’Alfero?

A Castell’Alfero ci ho passato la mia giovinezza. Ho vissuto lì fino ai 22 anni, poi dai 24 anni ho abbandonato l’Astigiano per trasferirmi a Torino. Ora ho 49 anni, manco da diverso tempo dall’Astigiano. Come con tutti i paesi in cui siamo cresciuti, con Castell’Alfero ho avuto un rapporto di amore e odio.

Non posso prescindere dal fatto di essere vissuto in un piccolo paese del Monferrato. Crescere lì, tra mille anime, è sempre stato bello: avevo la libertà di potermi muovere, di vivere avventure, ma nello stesso tempo, all’epoca, mi sentivo come tagliato fuori. Castell’Alfero resta il mio paese, i miei genitori vivono lì e spesso vado a trovarli. Mi fa sempre uno strano effetto tornarci: mi riconosco nelle vie, ma non più nelle persone, forse è passato troppo tempo.

Cosa fai quando torni lì?

Faccio sempre una passeggiata la domenica pomeriggio, perchè non c’è nessuno e in quel momento il mio corpo si riappropria del suo paese. Quando scrivo immagino il mio paese. Da ragazzo mi sembrava una prigione, sognavo Torino e le sue mille opportunità. All’epoca era un paese che non aveva né librerie né biblioteca. Non posso fare a meno di pensare che oggi sono io, sono quello che sono, perchè ho vissuto in quel contesto.

Quello che ti restituisce il mare

Demetrio quando parla cattura innegabilmente la tua attenzione. Come una calamita. Parla di sensazioni che a loro volta ne risvegliano altre, che immaginavo sopite. Le sue parole innescano meccanismi inconsci per cui ti ritornano alla mente ricordi di infanzia. Come tutto ciò che ti restituisce il mare. Te lo fa trovare a riva.

Ti senti astigiano adesso?

Attenzione, questa è una gran bella domanda (ride, ndr). Mi capita, insegnando, di fare Vittorio Alfieri. E quando parlo di lui parlo di Asti. I miei alunni mi dicono sempre “Sembra che sappia come sia questa città, prof”. Perché, inconsciamente, mi è rimasta dentro questa città. Per cui sì, mi sento anche astigiano. Ogni tanto mi sembra di vivere in esilio. Quando vengo ad Asti vorrei tornare a Torino, quando sono a Torino vorrei essere nell’Astigiano. Sono diviso tra queste due terre, che sono spesso fonte di ispirazione per le mie opere. Adoro immaginare i paesi, soprattutto quando sono distante fisicamente da questi.

Diciamo che il suo è un punto di vista particolare. Quello di una persona che ad Asti ha le radici più profonde dell’animo – quelle dell’infanzia – ma la vita spostata su Torino. È interessante poter entrare all’interno del suo osservatorio: quello di una persona che ad Asti non vive più.

Asti si vuole bene davvero?

Asti non si vuole bene abbastanza; è tipico degli astigiani. Ecco: questo è un retaggio che ho mantenuto anche io, proprio come persona. Ho l’impressione che Asti abbia potenzialità enormi (un esempio fra tutti Vittorio Alfieri, ma anche Conte, Faletti) o posti come Vezzolano, Castell’Alfero, Cossombrato, Montechiaro e i loro percorsi romanici. Posti e persone che non sembrano valorizzati come meriterebbero. Sono andato in posti molto meno belli, molto meno ricchi di storia rispetto alle nostre terre, che invece sono stati lavorati benissimo. Forse ci sentiamo troppo satelliti di una città come Torino? È un vero peccato.

Qualche posto del cuore?

L’Astigiano è tutto da guardare… il duomo è stupendo, la Collegiata. Castell’Alfero ha uno dei panorami più belli del Monferrato. L’Astigiano tende a non guardarsi e questo è sempre doloroso per me: la consapevolezza che non si apprezza abbastanza fa male. È un segno particolare che si riflette sugli astigiani, è il nostro Dna. 

Tra finalisti allo Strega e Orgoglio Astigiano

E nella stringente attualità di oggi, dopo la notizia che anche l’astigiano Gian Marco Griffi con “Ferrovie del Messico” è nella dozzina finalista allo Strega, è bello riscoprire la storia di Demetrio. È bello poter fare un viaggio nella grande bellezza dell’Astigiano. Non saremo diventati Capitale Italiana della Cultura 2025, ma sicuramente continuiamo a essere orgogliosi. Continuiamo a far sentire questo Orgoglio Astigiano, che, finalmente, abbiamo risvegliato. Era ora.

Chi è Demetrio Paolin

Demetrio Paolin vive a Torino dove insegna alle scuole superiori. Collabora con il Corriere della Sera e La ricerca della Loescher. Ha scritto, oltre una breve silloge di poesia (Il bene vegetale), saggi e articoli sulla letteratura del secondo Novecento (Una tragedia negata e Non fate troppi pettegolezzi) e alcuni romanzi.

Nel 2016 con Conforme alla gloria (Voland) è nella dozzina finalista del Premio Strega. Insegna scrittura creativa (ha tenuto corsi alla Bottega di Narrazione e alla scuola Holden). Anatomia di un profeta (Voland 2020) è il suo ultimo romanzo.

Il saluto ai lettori

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