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Storie di Orgoglio Astigiano. Matteo, dalla sfida sull

Ogni giorno che passa mi fa credere sempre più nella forza che abbiamo noi giovani.

Più ne conosco e più mi rendo conto di quanto siamo grandi, nel nostro essere così anagraficamente piccoli. E lo direi anche da vecchia, badate bene.

Quando ho chiacchierato con Matteo Varallo, classe 1993, ho avuto l’ennesima conferma di questa mia convinzione. Che forse, di conferme, non ne aveva neanche più bisogno. Vi racconto qualcosa di lui, poi mi direte.

Matteo, sei un grande sportivo, vieni da Castelnuovo Calcea, che rapporto hai con la tua terra?

Sono molto legato a Castelnuovo, questa è la mia terra. Ne sono talmente innamorato che, in tutto ciò che faccio, cerco sempre di portare un pezzo di me, dell’Astigiano.

Un luogo del cuore?

Casa mia, lì rigenero me stesso. Ci sono miliardi di posti bellissimi, ma casa è casa, Castelnuovo è casa. Apro la finestra e vedo il Monviso: questo è ciò che sono, mi definisce. Castelnuovo Calcea è la mia base, ovunque io vada, faccio sempre ritorno. 

Quando hai iniziato ad appassionarti alla montagna?

Ho iniziato nel 2018, in modo atipico. Io non ho avuto legami familiari: nessuno nella mia famiglia ha mai praticato sport in montagna. Dopo un giro con amici a 3400 metri ho capito che in alta quota mi sentivo bene, a mio agio. Da lì ho voluto approfondire sempre più la montagna con trekking prima, per poi alzare l’asticella per capire l’essenza dell’alpinismo.

Che rapporti sei riuscito a creare in montagna?

Sono partito da zero: mi sono affidato a delle guide e ho stretto legami che sono andati al di là del legame cliente-guida. In montagna, quando si è legati con una corda e la tua vita dipende da quello davanti, i tuoi compagni di cordata, sei legato da un legame profondo.

Che cosa devi alla montagna?

Prima di tutto rispetto assoluto e poi al Monviso, alle sue Valli, devo tutto ciò che sono diventato, come persona e come uomo. Il mio rapporto con il Monviso è così particolare, per molti può sembrare folle, ma lo rispetto come fosse una persona. 

E poi, piano piano, questa passione ti ha portato a raggiungere grandi traguardi

Nel 2019 ho deciso di intraprendere trekking al campo base Everest, per 20 giorni. Sono partito in solitaria. Credo di essere stato il primo a 25 anni a fare questo nel territorio astigiano. Da quel momento, ho ricercato qualcosa che fosse in più del trekking e allora ho iniziato ad appassionarmi all’alpinismo tecnico, con salite in alta quota sopra i 4000 metri, scalate su ghiaccio e roccia, cordate. 

Cosa ti ha dato l’Everest?

Tantissimo: partivo senza alcun legame, in solitaria, mi affidavo a un gruppo di persone sconosciute. Mi sono messo alla prova per capire quanto potessi realizzare e ottenere con la forza fisica e mentale. Quel posto è nel mio cuore: ha lasciato un segno non indifferente. Da quell’esperienza non dico di essere tornato completo – perché altrimenti non sarei ancora alle prese con nuove sfide – ma appagato. Ecco, sì, questo è il termine giusto. Appagato. 

Vertigini, alta quota e pensieri

Quando Matteo mi racconta tutto questo lo fa con una passione che straborda dalla cornetta. Mi chiedo come faccia ad avere tutto quel coraggio, io che soffro di vertigini e ho paura anche ad affacciarmi dal balcone di casa. Eppure, quanto vorrei potermi sentire anche io a mio agio come si sente lui in alta quota. Forse per sentirsi bene in un posto, anche il più improbabile, bisognerebbe solo fare pace con se stessi, capirsi, avere la forza di guardarsi dentro. E, soprattutto, di accettare tutto ciò che lì si trova.

Hai paura?

Un minimo di paura ce l’ho sempre, in tutte le salite. È quando non hai paura che commetti l’azzardo, secondo me è giusto avere un margine di paura in qualunque salita in alta quota, ti fa rimanere concentrato. Soprattutto in alta quota, non bisogna essere spavaldi. 

E l’essenza dell’alpinismo, alla fine, l’hai capita?

Sono riuscito a coglierla in parte, ma ogni volta che faccio una salita questa mi insegna qualcosa. So di non aver ancora raggiunto il mio picco massimo, questo mi aiuta a cercare di incuriosirmi, di capire qualcosa in più. Quando sono in montagna sento tantissimo, il mio punto forte sono le quote sopra 3mila metri, mi sento bene fuori dalle zone di confort, come ai 4mila metri, in cui una persona normale non si sentirebbe così bene. 

Ti sei chiesto perché stai così bene lì?

No, ma mi piace continuare a vivere questa sensazione ogni giorno. Ogni giorno dà un senso più profondo, sono curioso di sapere fino a dove posso arrivare.

Hai in programma nuove sfide?

Sì, ho un grande progetto, che ho rimandato per via del Covid. Non posso svelare tutti i dettagli, ma probabilmente mi riporterà a respirare quell’aria di alta quota che tanto desidero e di cui ho tanto bisogno, fuori dall’Italia.

Qualche consiglio per chi vorrebbe provare a essere Matteo?

In primis la sicurezza. Fare alpinismo sì, ma bene e in sicurezza, se si è agli inizi bisogna affidarsi a guide alpine di professione, per scegliere con loro l’itinerario migliore, per avere un’esperienza appagante e non negativa. La montagna è come una terapia per la vita, aiuta a trovare se stessi. Non sono un professionista, mi definisco un un appassionato e amatore di alpinismo e montagna. Non sarò mai in competizione con nessuno in montagna, se non esclusivamente con me stesso. 

Dalla montagna alla moto è… un attimo

Matteo, però, ha due grandi passioni. La seconda è indubbiamente il motorsport.

Come nasce la passione per i motori?

Devo dire che c’è sempre stata, fin da bambino ero affascinato da auto e moto da corsa. Insieme all’amico e collega Christian Basini abbiamo iniziato questo progetto di comunicazione radiofonico, “360onair”, in cui trasmettiamo la nostra passione a tutti gli amanti come noi. Ci tengo a dire che il motorsport è mia grande passione, ma il mio cuore appartiene alla montagna. Di questo progetto sono sono speaker ed editore. Siamo una squadra compatta. Oggi il nostro progetto va in onda tutti i giovedì su “Hey DJ Radio”, con sede a Merate.

Cosa ti dà la radio? Che emozioni ti trasmette?

Grazie alla radio mi metto alla prova ogni giorni, mi metto in gioco attraverso un microfono. Mi ha permesso di esprimermi al meglio senza essere impacciato come potevo esserlo prima, oltre che conoscere molte persone che, come me, amano questo ambiente. La radio è davvero un forte strumento di comunicazione. 

Il videosaluto ai lettori

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