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Tartufo Bianco d

Riconfermato presidente del Centro Nazionale Studi Tartufo nel 2022, Antonio Degiacomi non è difficile da incontrare ad Alba. Mi dà un appuntamento nella sede, in piazza Risorgimento: è puntualissimo, sa che non sono un esperto.

Ora che fa parte del patrimonio Unesco, il Tartufo Bianco d’Alba è arrivato al suo massimo riconoscimento?

Antonio Degiacomi, è persona precisa e mi corregge subito: “Non è il tartufo bianco d’Alba ad essere diventato patrimonio culturale immateriale, riconoscimento dell’Unesco avvenuto a fine 2021, ma la ‘Cerca e cavatura del tartufo in Italia – conoscenze e pratiche tradizionali’, capisci? Stiamo parlando di un insieme di storia, antropologia, letteratura, biologia, aspetti forestali, climatici, geologici, un sacco di altre cose, in poche parole una ‘cultura integrata’ uomo-territorio”.

Per fortuna è anche comprensivo, passa sopra la mia falsa partenza. Provo a toccare il tema dell’attualità.

È così importante spostare la data di inizio stagione dal 21 settembre al 1° ottobre?

“Sembrano pochi giorni, ma possono essere decisivi e bisogna ci sia uniformità fra le regioni. Quest’anno a fine ottobre c’erano 30 gradi, le estati sono sempre più calde e secche, si rischia di avere un danno ‘reputazionale’, cioè immettere sul mercato un prodotto non confacente ai normali standard qualitativi. Con conseguenze negative sul mercato”.

Avete ricevuto un contributo dalla Fiera Internazionale di Alba, con cui viene portato avanti il progetto “Il futuro delle radici”. Qual è il vostro impegno nella filiera?

“Nasciamo nel 2000 come un’associazione con lo scopo di diffondere la conoscenza del tartufo, un prodotto con un forte ruolo strategico per lo sviluppo del turismo enogastronomico. E grazie alla collaborazione con le università e con i più qualificati esperti del settore, siamo oggi una delle componenti di un meccanismo complesso. Stiamo parlando di un patrimonio culturale più ampio, in cui le Langhe, il Roero, il Monferrato sono il territorio e Alba una specie di ‘luogo naturale’ dove si concentra un po’ tutto. Non per niente abbiamo la sede nella stessa struttura dell’Ufficio Turistico, al centro della città”.

Mi sono sempre chiesto come si diventa giudice del tartufo…

All’interno della Fiera siete voi ad assicurare la presenza dei “giudici del tartufo”?

“Certo e non solo ad Alba, ma anche a supporto di altre fiere come quella di Murisengo. I giudici sono figure fondamentali, si formano tramite corsi ad hoc e hanno capacità straordinarie. Pensi che al mattino, in Fiera, riescono a dare velocemente un giudizio sulle pezzature in arrivo, a scartare quelle non idonee e garantiscono l’acquirente anche successivamente, con consigli sulla conservazione e un corretto utilizzo in cucina. Sa com’è, le specie di tuber nel mondo sono 63, in Italia ne sono classificate 25, di cui 9 commestibili. Ma ogni trifula ha una precisa caratteristica, una sfumatura tutta sua: il fascino è proprio quello, che non c’è un tartufo più buono di un altro. La fauna microbica, la pianta, il tipo di terreno incidono eccome. Grazie alle figure dei giudici si è creato un ‘vocabolario comune’ che trasforma in oggettività le sensazioni di ognuno”.

Sempre in Fiera avete inventato i laboratori di analisi sensoriale.

“Quest’anno siamo arrivati anche a 3 laboratori al giorno, con gruppi di una quindicina di persone a volta. In totale oltre 1.000 partecipanti! Poi ci sono i seminari: in un’ora e mezza non si diventa esperti, ma quantomeno si impara a paragonare i tartufi tra di loro a conoscerli meglio”.

Le zone a vocazione tartufigena so cosa sono, so anche quali piante favoriscono le micorrize.

Siete impegnati nelle attività di tutela delle zone tartufigene?

“Abbiamo ottimi rapporti con gli enti locali, con i quali predisponiamo piani di salvaguardia per i boschi, come quello recente che ha interessato i Comuni dell’Alta Langa. Interagiamo con le associazioni tartufai, ormai una decina in Piemonte, e siamo consulenti per quanto riguarda la manutenzione delle tartufaie attive e il ripristino di quelle decadenti. Stiamo anche sollecitando i privati, in particolare i viticoltori a contribuire autonomamente, sui loro terreni, al mantenimento dei boschi e delle aree tartufigene, liberandole in modo corretto dagli infestanti. Vini e tartufo hanno permesso alla nostra terra di diventare un distretto dell’enogastronomia mondiale, per cui li sollecitiamo con lo slogan ‘Il tartufo ha fatto qualcosa per voi, ora fate qualcosa per lui’. Il Centro Studi è anche un riferimento per le tartufaie didattiche e tutte le attività di informazione rivolte alle scuole”.

Ho visto recentemente i lavori ben avviati in piazza a Montà per la costruzione del nuovo Museo del Tartufo.

Si sta rinnovando Il museo sotterraneo del tartufo di Montà…

“È una bella iniziativa. Le potenzialità del Roero sono ottime. Saranno due percorsi che si completeranno a vicenda: i turisti, visto uno, saranno indotti a vedere anche l’altro. Montà avrà un’impronta più innovativa e multimediale, si concentrerà molto sui saperi dei cercatori”.

Si dice che molti tartufai non hanno Partita Iva. Qual è il problema?

“In tutta Italia si è avviato un processo per favorire ‘l’emersione’. In effetti il fisco prevede un regime abbastanza lieve per fatturati sotto i 7.000 euro annui e un’Iva al 4%. Tuttavia molti tartufai sono restii, non hanno l’abitudine, anche se poi il problema si riversa sui ristoratori che hanno bisogno delle ricevute per la loro contabilità. Pian piano si arriverà a normare meglio il settore”.

Rimane fondamentale “fare rete”.

“Come ti ho detto il Centro Nazionale Studi Tartufo è una parte di un sistema che pur con qualche difetto funziona. Alba è un nome, un brand conosciuto a New York come a Tokyo. Tutti gli attori devono interagire e aiutarsi affinché il Piemonte e le nostre fortunate colline continuino ad attrarre e affascinare. Anche grazie ai Tuber magnatum e ai tuber melanosporum!”.

Antonio Degiacomi mi congeda regalandomi la nuova pubblicazione a cura dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, della Federazione nazionale Associazione Tartufai Italiana e del Segretariato Generale del Ministero della Cultura, intitolata “Cerca e Cavatura del Tartufo in Italia^”. Ha capito che devo approfondire la materia.

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