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Tutte le tensioni fra Germania e Commissione Ue sulla risposta all’Ira di Biden

In risposta al piano di Biden sui sussidi alla manifattura americana, il ministro dell’Economia della Germania propone un programma europeo di aiuti all’industria, ma senza fare nuovo debito comunitario (come ipotizzato da Bruxelles). Tutte le anticipazioni del quotidiano Handelsblatt nell’articolo di Pierluigi Mennitti

Una risposta europea ma senza ricorrere a nuovo debito comunitario, come avvenuto per il Recovery Fund. Piuttosto una rimodulazione dei fondi già esistenti, e forse qualcosa di aggiuntivo, per un programma europeo che incentivi la promozione di tecnologie di trasformazione che dovranno essere raccolti principalmente a livello nazionale.

È la proposta che il governo tedesco, per mano del ministro all’Economia verde Robert Habeck, ha spedito alla Commissione europea. Una nota di cinque paginette, di cui l’Handelsblatt fornisce qualche indiscrezione, che costituirebbe la risposta dell’Unione Europea al multimiliardario Inflation Reduction Act (Ira) del presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

L’IPOTESI TEDESCA

L’ipotesi tedesca, presentata con i toni affabulatori cui ha ormai abituato il filosofo prestato all’economia Habeck, propone una “propria agenda di politica industriale europea”. In particolare, il ministro verde lancia l’idea un “programma europeo per la promozione delle tecnologie di trasformazione”.

Secondo quanto riporta il quotidiano di Düsseldorf, il documento di Berlino delinea per la prima volta proposte concrete di finanziamento per la possibile risposta dell’Europa. Proposte che non paiono ricalcare, dal punto di vista dell’impegno finanziario e delle sue modalità, la portata del Recovery Fund post pandemia, ma appaiono piuttosto puntare a un rimescolamento dei fondi già esistenti. Naturalmente “creativo”, aggettivo che in Germania ha assunto negli ultimi tempi – potere della filosofia – la funzione di un balsamo rilassante. E infatti l’Handelsblatt scrive: “Secondo diversi rappresentanti del governo, il nuovo programma dell’Ue deve essere combinato in modo creativo a partire da fondi già esistenti”. E poi chiosa: “Ma questo da solo non sarà sufficiente”.

L’IPOTESI DELLA COMMISSIONE EUROPEA

I suggerimenti berlinesi, sempre molto ascoltati a Bruxelles, ancor di più da quando alla testa della Commissione è stata insediata l’ex ministra di Angela Merkel, sembrerebbero sparigliare i piani della presidente Ursula von der Leyen, la quale aveva proposto domenica un fondo di solidarietà finanziato dal debito comunitario.

Il ministero dell’Economia tedesco, tuttavia, secondo quanto fanno sapere informalmente fonti governative, è scettico su questa proposta. Il documento di Habeck appare chiaro su questo punto: i fondi aggiuntivi “dovrebbero essere raccolti principalmente a livello nazionale”. Gli autori del documento sono dunque cauti, per usare un eufemismo, riguardo ai finanziamenti a livello europeo.

I TENTATIVI DI RASSICURAZIONE DEGLI USA

La stampa tedesca registra questa mattina anche dichiarazioni che giungono dall’altra sponda dell’Atlantico, tornato improvvisamente largo come ai tempi in cui a Washington non sedeva il democratico Biden ma il populista Donald Trump.

Il segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen ha ribadito che il programma di protezione del clima della sua amministrazione, con i suoi massicci sussidi, non è diretto contro partner come l’Ue e il Giappone. L’obiettivo, spiega Yellen da Fort Worth, in Texas, è piuttosto “garantire la sicurezza delle catene di approvvigionamento e cercare di coinvolgere i nostri alleati, quindi valuteremo cosa possiamo fare”.

L’amministrazione statunitense aveva alimentato i timori di una guerra commerciale transatlantica in Europa con il cosiddetto Inflation Reduction Act, scrive il Täglicher Anzeiger, ricordando che tra le altre cose, l’Ira prevede un massiccio programma di sovvenzioni di 370 miliardi di dollari (ben 351 miliardi di euro) per la protezione del clima e la sicurezza energetica. Ciò include sovvenzioni per auto elettriche, batterie e progetti di energia rinnovabile, a condizione che siano prodotti negli Stati Uniti.

L’Ue teme quindi che molte aziende possano delocalizzare gli investimenti negli Stati Uniti. Cosa che in verità molte stanno pensando di fare, a partire dalle case automobilistiche tedesche, sempre più stritolate in casa da un mix di restrizioni dovute alla rivoluzione della mobilità e alla transizione energetica e di rincari della stessa energia e invece allettate da un regime fiscale migliore e dai sussidi americani promessi.

Lo stesso Olaf Scholz aveva bocciato l’Inflation Reduction Act definendolo “una serie di regolamenti con cui non siamo d’accordo perché non sono compatibili con il diritto commerciale internazionale e non consentono una concorrenza leale”.

La Germania vede la minaccia di un significativo indebolimento della competitività europea, ma prima di tutto tedesca. La stessa Commissione europea ha auspicato uno scambio con gli Stati Uniti sulla questione.

COLLOQUI UE-USA FINORA INFRUTTUOSI

Tuttavia, un primo incontro tra i rappresentanti dell’Ue e di Washington all’inizio della settimana è rimasto sostanzialmente inconcludente, notano i quotidiani tedeschi.

Berlino ha deciso dunque di muoversi ufficialmente con il documento elaborato da Habeck. Che, visto quel che propone, non sembra discostarsi tanto dai desideri espressi da altri Stati membri di ridisegnare la mappa dei finanziamenti post-pandemia sulle nuove urgenze prodotte dalla guerra russa e dal conseguente regime sanzionatorio innescato.

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